Le storie più belle
STORIE DIVERTENTI
Schumacher, un anno dopo.. Adesso riconosce i familiari, ma la
strada della ripresa è ancora lunga.
Un anno fa una caduta banale quanto tragica cambiò per sempre la sua vita. Rimasta appesa a un filo per mesi. Per vedere la luce fuori dal tunnel Michael Schumacher di strada ancora ne deve fare molta, lui che ha divorato chilometri sui circuiti di tutto il mondo, diventando uno dei miti della formula uno: dall'incidente sulle nevi di Meribel il 29 dicembre 2013 Schumi però non ha mai smesso di lottare, e la sua battaglia per la vita ha portato i suoi frutti. Ancora non parla, ha problemi di memoria, ma "riconosce i suoi cari".
Dal bunker in cui la moglie Corinna ha trasformato la residenza in Svizzera dove il campione tedesco è stato trasferito per la lunga riabilitazione, trapelano i piccoli passi fatti dall'ex pilota in questi mesi. Sei mesi fa l'uscita dal coma, a settembre quella dall'ospedale di Grenoble per fare ritorno a casa fare ritorno a casa. "Non ha ancora ritrovato l'uso della parola e comunica con gli occhi. Comincia comunque a riconoscere i suoi cari, sua moglie e i figli, ma ha grossi problemi di memoria" racconta l'ex pilota e amico di Schumacher Philippe Streiff, paraplegico dopo un incidente in gara del 1989. 'Schumi' starebbe quindi lentamente recuperando parte delle sue facoltà dopo la caduta sugli sci. "Anche la memoria? In futuro può essere... - ha detto -. In un ospedale, in una stanza in cui lo assistevano degli infermieri che lo conoscevano solo di fama, per lui era difficile ritrovare i ricordi. E' anche per questo che è stato portato a casa, perché è probabile che in un ambiente familiare possa ritrovare la memoria molto più velocemente".
Ma Streiff riconosce che il sette volte campione del mondo non ha ancora praticamente capacità motorie. "Michael ha iniziato a lavorare su questo - racconta ancora l'amico -. A lungo termine potrebbe essere in grado di sperare in una passeggiata con le stampelle perché il suo midollo spinale non è stato danneggiato. Ma non possiamo dire nulla, né fare piani". Tutto dipenderà dalla riabilitazione". La famiglia e la voglia di battersi ancora farà il resto.
Facebook: "il 2014 raccontato in un video," ma un padre attacca...
il network: "Così ho rivissuto il dolore per la morte di mia figlia."
ROMA. L'ultima trovata di Facebook permette in questi giorni, a tutti gli utenti sparsi nel mondo, di vedere in un breve filmato i momenti migliori del 2014 ormai agli sgoccioli. Si tratta di una "cartolina digitale" realizzata con una serie di foto già caricate sul proprio profilo accompagnata dal commento: “È stato un anno meraviglioso. Grazie di aver contribuito a renderlo tale”. Di fatto però, questa nuova applicazione sta creando anche diversi malumori soprattutto a quelli che quest'anno vorrebbero dimenticarlo invece che ricordarlo. Per alcuni utenti, infatti, rivivere le tappe di quest'anno significa far riemergere dei ricordi dolorosi.
E' questo il caso di Eric Meyer, scrittore e consulente di web design. All’inizio di quest’anno, infatti, l'uomo ha perso la figlia a causa di un cancro al cervello proprio il giorno del suo sesto compleanno. Ecco che aveva in tutti i modi evitato di guardare il video del suo anno. Tuttavia, Facebook gli ha presentato l'anteprima automaticamente, mettendo il volto della figlia al centro dell’anteprima.
Ecco che i brutti ricordi sono venuti a galla, facendo stare male Meyer. Insomma, questo non è stato un anno bello per tutti: c'è chi ha perso dei familiari, hanno tascorso del tempo in ospedale, hanno divorziato o perso il lavoro. Ecco che Meyer ha subito suggerito una serie di modifiche per evitare inutili strazi ad altre persone che, come lui, non hanno il piacere di ricordare questo 2014. Alla luce di quanto successo, Jonathan Gheller - product manager della funzione di Facebook “L’anno di X”- ha detto di essersi scusato con Meyer per il dolore procurato dalla visione dell’anteprima. «Questa funzione è stata incredibile per un sacco di persone ma in questo caso, chiaramente, abbiamo causato più dolore che gioia» ha detto Gheller al Washington Post. (di: Rosaria Baiamonte)
Capodanno: storia e usanze..
Tanti anni fa il capodanno tradizionalmente non cadeva nel passaggio tra il 31 dicembre e il 1 gennaio: queste date derivano dal calendario giuliano, adottato nel 46 a.C. da Giulio Cesare, dal quale prende il nome. Il calendario giuliano riprende e modifica il calendario egizio, e una delle modifiche è l’adozione del 1 gennaio come inizio dell’anno, mentre in precedenza cadeva il 1 marzo. Nel 1582 questo calendario è stato sostituito dal calendario gregoriano, che in realtà è una modificazione del calendario giuliano, ed entrato in vigore con la bolla papale Inter Gravissimas (che non è uno sfottò calcistico..) del papa Gregorio XIII, dal quale prende il nome. Il calendario gregoriano compensa lo scarto tra anno solare e anno del calendario adottando l’anno bisestile ogni 4 anni. L’adozione del 1 gennaio come data di capodanno si deve quindi ai romani. Ma in precedenza non era così, come non lo è oggi per tanti popoli. Le traccie più antiche arrivano dagli antichi babilonesi: si narra che cominciarono a festeggiarlo circa 4000 anni fa, e il capodanno cadeva in corrispondenza della prima luna nuova dopo l’equinozio di primavera.
I celti in passato festeggiavano infatti nella notte tra il 31 ottobre e il 1° di novembre, ossia Halloween, per celebrare il periodo in cui la terra si preparava per tornare poi a ridare i suoi frutti. Poco prima dell’autunno invece in alcune zone della Calabria e della Puglia si festeggiava il capodanno il 1 di settembre, seguendo il calendario bizantino. In Inghilterra e Irlanda il capodanno si festeggiava nel giorno dell’incarnazione, il 25 marzo (usanza mantenuta fino al 1752), mentre in Francia il capodanno coincideva con la domenica di Pasqua, ossia la resurrezione di Cristo. La Spagna invece ha mantenuto fino al 1600 circa come data di capodanno il giorno di Natale. Per porre fine a tutte queste differenze locali, nel 1691 il Papa Innocenzo XII decretò che il capodanno dovesse iniziare per tutti il 1 gennaio (detto anche della Circoncisione). Non ebbe successo il tentativo fascista di imporre come capodanno il 28 ottobre, ossia il giorno della marcia su Roma.
Nel resto del mondo invece sono ancora tante le date utilizzate come inizio e che sono estranee alla storia religiosa cristiana: l’esempio più famoso è il calendario cinese, che non inizia in un giorno preciso bensì nel giorno della seconda luna piena dopo il 21 dicembre (solstizio d’inverno), e quindi in un giorno compreso tra il 21 gennaio e il 21 febbraio. Il capodanno islamico si festeggia invece tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio, nel primo giorno del mese di Muharram. Una variante è in Iran, dove l’inizio dell’anno coincide con l’equinozio di primavera. Procedendo con i mesi dell’anno, nel sud est asiatico sono diversi i paesi che festeggiano tra il 13 e il 15 aprile. C’è chi festeggia ancora in concomitanza con il capodanno Inca: la festa mapuche cade il 24 giugno. Dopo l’estate è il turno del capodanno ebraico,che si festeggia a settembre, così come quello etiopico, per poi concludere con il capodanno indù, che si festeggia a metà novembre.
Usanze e scaramanzie di capodanno:
Tra gesti scaramantici e tradizioni sono molti i gesti tipici di capodanno: in Italia si mangiano le lenticchie, si indossa biancheria intima nuova e/o rossa, ci si bacia sotto al vischio oppure si buttano le cose vecchie dalla finestra (memorabile la parodia di Fantozzi dove viene buttata dalla finestra una lavatrice giusto sulla sua auto parcheggiata sotto). In Giappone si beve il sakè e si ascoltano i 108 colpi di gong che preannunciano l’arrivo dell’anno (se non ne senti uno non capisco più quando fare il conto alla rovescia!). In Russia si usa aprire la porta al dodicesimo rintocco della mezzanotte per far entrare l’anno nuovo. In alcuni paesi dell’america latina ci si purifica bruciando dei manichini di cartapesta (a Faenza per la stessa ragione si fa nella notte della Befana). In Spagna si mangiano invece 12 chicchi d’uva allo scoccare della mezzanotte.
Se vi dimenticate di fare gli auguri di capodanno… non disperate, e mandate un sms nel giorno in cui festeggiano il capodanno i cinesi o gli indiani: sarete così originali e sempre in orario! Buon anno a tutti.
Santo Stefano, la sua storia..
Di Stefano si ignora la provenienza. Si suppone che fosse greco:
in quel tempo Gerusalemme era infatti un crocevia di tante popolazioni, con lingue, costumi e religioni diverse; il nome Stefano in greco ha il significato di "coronato". Si è pensato anche che fosse un ebreo educato nella cultura ellenistica; certamente fu uno dei primi giudei a diventare cristiano e a seguire gli apostoli.
In ragione della sua cultura e saggezza, e considerata la genuinità della sua fede, divenne anche il primo dei diaconi di Gerusalemme.
Fu il primo dei sette diaconi scelti dalla comunità cristiana perché aiutassero gli apostoli nel ministero della fede.
Gli Atti degli Apostoli raccontano quindi come nell'espletamento di questo compito Stefano fosse pieno di grazia e di fortezza, e come compisse grandi prodigi tra il popolo, non limitandosi al lavoro amministrativo ma essendo attivo anche nella predicazione, soprattutto fra gli ebrei della diaspora, che passavano per la città santa di Gerusalemme e che egli convertiva alla fede in Gesù crocifisso e risorto.
Venerato come santo dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa, fu il protomartire, cioè il primo cristiano ad aver dato la vita per testimoniare la propria fede in Cristo e per la diffusione del Vangelo. Il suo martirio è descritto negli Atti degli Apostoli dove appare evidente sia la sua chiamata al servizio dei discepoli sia il suo martirio, avvenuto per lapidazione, alla presenza di Paolo di Tarso (Saulo) prima della conversione.
Per il fatto di essere stato il primo dei martiri cristiani, la sua festa liturgica si celebra il 26 dicembre, cioè immediatamente dopo il Natale che celebra la nascita di Cristo. Il colore della veste indossata dal sacerdote durante la Messa in questo giorno è il rosso, come in tutte le occasioni in cui si ricorda un martire.
Fino al 1960 si celebrava anche la festa della "Invenzione" (cioè "rinvenimento") delle reliquie di santo Stefano il 3 agosto, giorno in cui questo ritrovamento sarebbe avvenuto. Tuttora in alcune località si ricorda il protomartire anche in questo giorno, a Vimercate (Monza-Brianza), a Putignano (Bari) di cui è protettore e dove si conserva un frammento del suo cranio, a Concordia Sagittaria e in tutta la diocesi di Concordia-Pordenone, a Selci, delle quali è patrono. Anche la Chiesa ortodossa ricorda il santo in questa data.
La vera storia della Befana.
- una sera di un inverno freddissimo, bussarono alla porticina della casa di una vecchierella (la Befana) tre personaggi elegantemente vestiti: erano i Re Magi che, da molto lontano, si erano messi in cammino per rendere omaggio al bambino Gesù.
Le chiesero dov’era la strada per Betlemme e la vecchietta indicò loro il cammino ma, nonostante le loro insistenze lei non si unì a loro perché aveva troppe faccende da sbrigare.
Dopo che i Re Magi se ne furono andati sentì che aveva sbagliato a rifiutare il loro invito e decise di raggiungerli.
Uscì a cercarli ma non riusciva a trovarli.
Così bussò ad ogni porta lasciando un dono ad ogni bambino nella speranza che uno di loro fosse Gesù.
Così, da allora ha continuato per millenni, nella notte tra il 5 ed il 6 gennaio a cavallo della sua scopa. -
L’iconografia è fissa: un gonnellone scuro ed ampio, un grembiule con le tasche, uno scialle, un fazzoletto o un cappellaccio in testa, un paio di ciabatte consunte, il tutto vivacizzato da numerose toppe colorate. Si rifà al suo aspetto la filastrocca (la Befanata) che viene recitata in suo onore:
con le scarpe tutte rotte
col cappello alla romana
viva viva la Befana! "
Nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, a cavalcioni di una scopa, sotto il peso di un sacco stracolmo di giocattoli, cioccolatini e caramelle (sul cui fondo non manca mai anche una buona dose di cenere e carbone), passa sopra i tetti e calandosi dai camini riempie le calze lasciate appese dai bambini.
Questi, da parte loro, preparano per la buona vecchia, in un piatto, un mandarino o un’arancia e un bicchiere di vino. Il mattino successivo insieme ai regali troveranno il pasto consumato e l’impronta della mano della Befana sulla cenere sparsa nel piatto. Nella società contadina e preindustriale, salvo rari casi, i doni consistevano in caramelle, dolcetti, noci e mandarini, insieme a dosi più o meno consistenti (a insindacabile giudizio della Befana) di cenere e carbone, come punizione delle inevitabili marachelle dell’anno. La Befana, tradizione tipicamente italiana, non ancora soppiantata dalla figura “straniera” di Babbo Natale, rappresentava anche l’occasione per integrare il magro bilancio familiare di molti che, indossati i panni della Vecchia, quella notte tra il 5 il 6 gennaio, passavano di casa in casa ricevendo doni, perlopiù in natura, in cambio di un augurio e di un sorriso. Oggi, se si indossano gli abiti della Befana, lo si fa per rimpossessarsi del suo ruolo; dispensatrice di regali e di piccole ramanzine per gli inevitabili capricci di tutti. Dopo un periodo in cui era stata relegata nel dimenticatoio, ora la Befana sta vivendo una seconda giovinezza, legata alla riscoperta e alla valorizzazione delle antiche radici e della più autentica identità culturale. L’epifania ha radici lontanissime nel tempo e i rituali a essa legati non hanno mai perso importanza e in questa bella tradizione, molto sentita sia dai bambini sia dagli adulti, tutti ritrovano il sapore del loro passato.
"Tutti i cellulari intercettabili". Scoperta falla nelle reti mondiali
È possibile intercettare qualsiasi cellulare, anche a migliaia chilometri di distanza, tra Stati diversi, per colpa di una vulnerabilità dei protocolli SS7 (Signaling system). Vecchissimi (risalgono agli anni 80) ma ancora usati per gestire chiamate e messaggi. La scoperta è di un gruppo di ricercatori tedeschi e sarà annunciata durante una conferenza hacker ad Amburgo, il noto Chaos Communication Congress (27-30 dicembre). È stata anticipata al Washington Post da uno dei ricercatori, Tobias Engel, già noto per aver rivelato vulnerabilità di questo tipo. Per l'esattezza (anche se questo il Post non lo scrive), Engel aveva denunciato il problema dell'SS7 già nell'edizione 2008 di quella conferenza, il quale però finora era rimasto solo a livello teorico. Adesso, secondo i ricercatori, chiunque può sfruttare la vulnerabilità, perché il costo degli apparecchi necessari è diventato accessibile (nel 2008 mettere le mani nell'SS7 era alla portata solo degli operatori mobili).
Un'altra novità è che i ricercatori hanno scoperto diversi modi per sfruttare la vulnerabilità. Il primo agisce a distanza: "una spia russa potrebbe collegarsi alla rete del proprio operatore e da lì mandare, attraverso SS7, un comando alla rete di un operatore tedesco, fino al cellulare della vittima", dice Engel. Le reti mondiali sono ovviamente interconnesse, per consentire le telefonate internazionali, che vengono smistate ("routing") appunto via SS7. "Il comando può obbligare la rete tedesca a inoltrare la chiamata avanti e dietro, verso il cellulare dell'attaccante e poi di nuovo a quello della vittima, per intercettarne le conversazioni", dice Engel.
Il secondo metodo è invece di prossimità: l'attaccante deve essere vicino alla vittima, ma può così intercettare le chiamate di più persone contemporaneamente. È vero che i nuovi protocolli di rete mobile usano una crittografia più forte, per impedire alle chiamate di essere intercettate illegalmente; ma questo non è un grosso ostacolo per i malintenzionati, secondo Engel: tramite quella vulnerabilità SS7 possono infatti ordinare alla rete di usare una chiave crittografica temporanea che l'attaccante può decifrare.
Engel sospetta che i problemi dell'SS7 siano già sfruttati per intercettazioni illegali. Non solo da spie e da criminali, ma anche dai Governi. "Dubito di essere il primo a scoprire questa vulnerabilità", aggiunge Engel. La celebre rivista tedesca Der Spiegel ha pubblicato documenti di Snowden secondo cui le ambasciate e i consolati americane, in dozzine di città straniere, usavano potenti antenne per intercettare le conversazioni vicine. Con espedienti tecnici, riuscivano a costringere i cellulari a collegarsi alle loro antenne invece che a quelle normali degli operatori mobili.
La vulnerabilità SS7 è quindi solo una delle armi nelle mani di chi vuole compiere intercettazioni illegali. Come dice Engel, "dopo le rivelazioni di Snowden sulla National security agency, nessuno può credere che sia possibile avere una conversazione davvero privata su rete mobile". (Fonte: A. Longo, "La Repubblica")
Il piccolo angelo..
C’era una volta un piccolo angelo… L’avevano mandato sulla terra senza dirgli cosa doveva fare, o forse era talmente emozionato che non aveva neppure sentito cosa gli avevano detto, era partito come una freccia, felice di poter finalmente dimostrare di essere diventato responsabile e maturo.
Era talmente emozionato che, una volta aperto il grande portone del Paradiso, non si era accorto che c’erano degli scalini ed era ruzzolato giù, fin sulla terra, con un gran tonfo, Meno male che era caduto in un grande prato, con l’erba morbida e profumata e tanti fiorellini bianchi che ora guardava estasiato. “Ma guarda come sono carini questi fiori sono proprio come quelli che abbiamo noi su nei prati del cielo!!!” Si alzò in piedi, si sentiva un po’ acciaccato, qualche dolorino.. Ma caspita, era caduto da lassù.
Guardò in alto: ma dove era il Paradiso? Pensava proprio che l’avrebbe visto dalla terra, si sarebbe sentito più sicuro, avrebbe potuto salutare i suoi compagni.. Strano, però, dall’alto la terra si vedeva bene, si vedevano le persone, le loro case.
Ogni tanto lui e i suoi amici angioletti scendevano per fermarsi a guardare dietro le finestre delle case. A lui piaceva particolarmente una finestra con i fiori sul davanzale e le tendine ricamate. Quando le tendine erano sollevate potevano vedere una mamma che metteva a letto il suo bambino.. gli cantava delle dolci canzoni, gli raccontava una fiaba e lo carezzava piano. Poi, quando il bambino aveva chiuso gli occhi ed era scivolato nel sonno, spegneva la luce e tornava in cucina. Gli sarebbe piaciuto sapere cosa voleva dire essere un bambino.
Gli angioletti restavano lì, cercando di ascoltare anche loro le fiabe e le canzoni, ma la finestra era chiusa e non si sentiva niente. Il piccolo angelo rimase pensieroso. Cosa doveva fare? Proprio non se lo ricordava. Ah! Se fosse stato attento a quello che gli diceva l’angelo capo! Ora avrebbe cominciato il suo lavoro e sarebbe tornato presto su, nella sua casa di stelle. Ma oramai il guaio era fatto. avrebbe dovuto arrangiarsi! In fondo al prato c’era una casa.. le finestre erano illuminate. Andrò a vedere lì! Pensò il piccolo angelo. Nella casa c’era una luce accesa. Come era solito fare con i suoi amici, piccolo angelo cercò di guardare dentro attraverso i vetri della finestra. Era lì, col nasino incollato al vetro e guardava con tanta attenzione, che la signora che stava leggendo accanto alla finestra si girò a guardare. Le sembrava che qualcuno la stesse spiando. Vide quei due occhioni che la guardavano attenti e quel buffo nasetto incollato al vetro. Fece un sorriso. Poi si alzò e andò alla porta. Piccolo angelo era tutto rosso per l’emozione e non era riuscito neppure a fare un passo: non aveva mai visto una persona vera così da vicino. “Cosa fai bambino qui fuori da solo?” Piccolo angelo si guardò intorno. Come faceva a vederlo? “Ehi, dico a te! Come mai sei solo?” Eh, sì, parlava proprio con lui…. Si guardò addosso: non aveva più la sua bella camicina splendente come la luce. Aveva addosso un paio di pantaloncini stinti, una magliettina leggera e dei sandaletti, ecco perché sentiva tanto freddo!. ”Da dove vieni bambino?” Piccolo angelo non sapeva cosa rispondere: col ditino indicò in alto. La signora guardò e vide le alte montagne lontane. “Da lì vieni? Come hai fatto a fare tutta quella strada da solo?” Piccolo angelo provò a rispondere ma non era capace, da loro non avevano bisogno di parole. Cosa avrebbe potuto dire… vengo dal Paradiso? Non gli avrebbe creduto! “Vieni dentro, ti preparo qualcosa, sei tutto infreddolito e sarai stanco!” Gli portò una cioccolata calda calda e dei biscotti. Oh, era questo che la signora dava al suo bambino… che bontà! “Sai, mi ricordi tanto il mio nipotino che vive lontano” disse la signora. “Sai che faremo? Tu stanotte dormirai qui, domattina ti accompagnerò in macchina a cercare i tuoi genitori. Chissà come staranno in pensiero!” Piccolo angelo scoppiò a piangere. “Perché piangi? Non li hai i genitori?” Piccolo angelo fece di no con la testa. “Allora resterai qui con me, io sarò la tua nonna e tu il mio nipotino” Forse era questo che l’angelo capo gli aveva detto: doveva far felice una nonna e così anche il suo desiderio sarebbe stato esaudito! Piccolo angelo rimase nella casa ed era proprio felice…..ogni tanto guardava in su… ma non vedeva altro che il cielo e le nuvole… Ma sapeva bene cosa c’era di là.
"Il presepe", tradizione e storia della sua nascita.
Il presepe (o presepio) è una rappresentazione della nascita di Gesù, derivata da tradizioni medievali.
Il termine deriva dal latino praesaepe, cioè greppia, mangiatoia, ma anche recinto chiuso dove venivano custoditi ovini e caprini composto da prae = innanzi e saepes = recinto, ovvero luogo che ha davanti un recinto.
Il primo vero presepe della storia fu creato nella chiesa di Santa Maria Maggiore, a Roma. Questa usanza divenne così popolare che presto tante altre chiese vi aderirono. Ognuna creava un presepio particolare ed unico. Le scene della natività erano spesso ornate con oro, argento, gioielli e pietre preziose.
Anche se molto popolare tra le classi più ricche, questa opulenza era quanto di più distante dal significato della nascita di Gesù.
Dobbiamo il "nostro" presepe attuale a San Francesco d'Assisi, che nel 1224 decise di creare la prima Natività come era veramente descritta nella Bibbia. Il presepe che San Francesco creò nel paese di Greccio, era fatto di figure intagliate, paglia e animali veri. Il messaggio era diretto, e poteva essere capito e recepito da tutti, ricchi e poveri. La popolarità del presepe di San Francesco crebbe fino ad espandersi in tutto il mondo.
In Francia si chiama Crèche, in Germania Krippe, in Spagna e America Latina si chiama Nacimiento, nella Repubblica Ceca si dice Jeslicky, in Brasile si dice Pesebre, e in Costa Rica si dice Portal.
La tredicesima riaccende il Natale..
Acquisti in leggero aumento: il 14% disposto a spendere di più dell’anno scorso. Ma si aspetta prezzi al ribasso.
Natale 2014 e consumi: si intravvede uno spiraglio di luce. Certo rimane la stagnazione, soprattutto a causa della doccia fredda arrivata quest’estate dal Pil negativo e c’è ancora una certa diffidenza, ma nonostante il Paese resti diviso in due, il 47% degli italiani è speranzoso nei confronti delle imminenti feste natalizie e la percentuale di chi intende spendere meno per i regali di quest’anno è diminuita passando dal 65% del 2013 al 60% attuale. A rilevarlo è un sondaggio di Swg/Confesercenti. «La prospettiva di un leggero aumento delle spese è legata soprattutto alla speranza dei consumatori che ci siano più promozioni e sconti rispetto all’ anno scorso», spiega Maurizio Pessato, presidente Swg.
Sugli acquisti di questo periodo Marco Venturi, presidente nazionale Confesercenti, commenta poi: «secondo le nostre previsioni, i consumi di questo Natale saranno sostanzialmente in linea con quelli del 2013. Si coglie qualche segnale di lieve miglioramento, ma siamo ancora lontani dai livelli pre-crisi. Colpa di un 2014 ancora segnato dalle difficoltà: negli ultimi 12 mesi il 92% degli italiani ha ridotto la spesa. Ma i nostri connazionali non hanno perso la speranza: un dato significativo e che fa ben sperare per il prossimo futuro. Per sbloccare i consumi, però, la speranza non basta: deve ripartire l’occupazione. Tra le priorità che, se potessero, gli italiani indicherebbero al governo, c’è infatti proprio la lotta alla disoccupazione, intervento desiderato dal 35% dei rispondenti al nostro sondaggio. Segue la richiesta di una riduzione del peso fiscale (30% degli italiani): non a caso quest’anno 1 su 4 indica tasse e tariffe come l’ostacolo principale allo shopping natalizio». Uno degli elementi discriminanti sembra essere appunto la tredicesima. Coloro che la percepiranno acquisteranno il 2,6% in più della media. Il divario diventa particolarmente evidente negli acquisti di giocattoli, segnalati dal 52% dei nostri concittadini con la tredicesima mensilità contro il 48% generale, così come anche nell’abbigliamento (56% contro il 51%) e negli elettrodomestici (29% e 26%).
I superbatteri provocheranno più morti del cancro entro il 2050..
Ogni anno circa 700 mila persone muoiono a causa della resistenza ai farmaci di alcune malattie come la tubercolosi, la malaria ed il batterio Escherichia Coli.
Basta pensare che solo in Europa e negli Stati Uniti la resistenza agli antibiotici ogni anno provoca la morte di oltre 50 mila persone. Numeri impressionanti che fanno ancora più riflettere se si paragonano ai morti di cancro. Secondo quanto scrive la BBC infatti, entro il 2050 le infezioni resistenti ai farmaci uccideranno 10 milioni di persone in più in tutto il mondo contro gli 8,2 milioni che attualmente muoiono per il cancro. L’economista Jim O’Neill ha rilasciato i risultati di uno studio a lui commissionato dal governo britannico in cui vengono spiegati i costi relativi alla produzione di nuovi farmaci per limitare i danni causati dalla resistenza agli antibiotici.
Per cercare di limitare il problema è necessario che ogni intervento come chemioterapia, trapianti e parti cesarei sia effettuato in modo sicuro e protetto, con gli antibiotici richiesti così da prevenire eventuali infezioni. Se non si utilizzano i farmaci richiesti si rischia di aumentare le possibilità di infezione e spesso si può addirittura arrivare all’impossibilità di portare a termine un eventuale operazione medica. Come sottolinea nel suo studio l’economista Jim O’Neill, i paesi più a rischio sulla resistenza ai farmaci sono Russia, Brasile, India, Cina, Messico, Indonesia, Nigeria e Turchia: “In Nigeria nel 2050 più di un decesso su quattro sarà attribuibile a infezioni resistenti ai farmaci, mentre l’India andrà incontro a due milioni di vittime ogni anno a causa di questo problema”.
Mango si è accasciato sul palco mentre cantava uno dei suoi successi...
Infarto durante il concerto, morto a sessant'anni il cantante Mango. Mango si è accasciato sul palco mentre cantava uno dei suoi successi 'Oro': così è morto il cantante Mango, durante un concerto a Policoro, in provincia di Matera. Aveva sessant'anni.
Immediatamente soccorso e trasportato in ospedale, Mango è morto durante il tragitto in ambulanza.
Il mago di Natale.
S'io fossi il mago di Natale farei spuntare un albero di Natale in ogni casa, in ogni appartamento dalle piastrelle del pavimento, ma non l'alberello finto, di plastica, dipinto che vendono adesso all'Upim: un vero abete, un pino di montagna, con un po' di vento vero impigliato tra i rami, che mandi profumo di resina in tutte le camere, e sui rami i magici frutti: regali per tutti.
Poi con la mia bacchetta me ne andrei a fare magie per tutte le vie. In via Nazionale farei crescere un albero di Natale carico di bambole d'ogni qualità, che chiudono gli occhi e chiamano papà, camminano da sole, ballano il rock an'roll e fanno le capriole. Chi le vuole, le prende: gratis, s'intende.
In piazza San Cosimato faccio crescere l'albero del cioccolato; in via del Tritone l'albero del panettone in viale Buozzi l'albero dei maritozzi, e in largo di Santa Susanna quello dei maritozzi con la panna. Continuiamo la passeggiata? La magia è appena cominciata: dobbiamo scegliere il posto all'albero dei trenini: va bene piazza Mazzini?
Quello degli aeroplani lo faccio in via dei Campani. Ogni strada avrà un albero speciale e il giorno di Natale i bimbi faranno il giro di Roma a prendersi quel che vorranno. Per ogni giocattolo colto dal suo ramo ne spunterà un altro dello stesso modello o anche più bello.
Per i grandi invece ci sarà magari in via Condotti l'albero delle scarpe e dei cappotti. Tutto questo farei se fossi un mago.
Però non lo sono che posso fare?
Non ho che auguri da regalare: di auguri ne ho tanti, scegliete quelli che volete, prendeteli tutti quanti.(Gianni Rodari)
Ve lo ricordate? Rocky, il cane rubato che tornò a casa dopo 3 anni percorrendo 600 Km.
Il fatto che sia stata una storia vera, ha fatto venire le lacrime agli occhi a tutta l'Italia. L'incredibile vicenda di Rocky, un pastore tedesco di 5 anni, che tornò a casa tre anni dopo che era stato rubato da alcuni Rom a Salerno. Ha risalito la penisola, 600 chilometri dal Cilento alla Toscana, fino a Pisa, lì ha poi avuto uno strappo fino a Carrara, dove vive il suo padrone. E così è tornato a casa, dopo tre anni in cui ormai si erano perse tutte le speranze. Già, è una storia vera. Incredibile e commovente, come solo le storie vere sanno essere.
Rocky era stato portato ancora cucciolo in un canile di Carrara, dove era stato poi adottato da un siriano, Ibrahim Fwal, che da anni vive nella città toscana, perfettamente integrato. I due formano subito una coppia affiatata. Come tutti i trovatelli, Rocky si dimostra subito molto affettuoso e si affeziona rapidamente al padrone, che lo tratta ormai quasi come un figlio. Facevano tutto assieme, andavano anche al mare. Ed è lì che Rocky, a due anni, scomparirà. "Quando sono tornato sulla spiaggia, alcune persone mi hanno riferito di aver visto degli zingari portarselo via. Da allora non mi sono dato pace: l’ho cercato dovunque, ho girato tutti i canili della zona, ho fatto mettere annunci sul giornale, ma di Rocky nessuna traccia". Non serviranno a nulla i cartelli e le ricerche. Rocky scompare. E' un fenomeno in crescita, quello del furto di cani da parte dei Rom. Spesso li prendono cuccioli, per usarli come ulteriore elemento di richiesta di elemosine.
Cosa gli sia accaduto, in questi tre anni, solo il cane può saperlo. Forse è fuggito dai Rom, forse loro lo hanno abbandonato. Qualche tempo dopo, viene adottato da una famiglia di Salerno. Ma Rocky è irrequieto. Prova a fuggire un paio di volte e la sua nuova famiglia, preoccupata, gli mette un collare con tanto di indirizzo e numero di telefono, in modo da poterlo più facilmente trovare in caso di nuova fuga. Ma Rocky ci prova spesso. L'ultima volta, quella decisiva è stata quella "buona". Rocky punta al Nord. Salerno dista da Carrara 700 chilometri e Rocky ha lo svantaggio di non aver studiato geografia. Ma il suo istinto ed il suo cuore sanno dove puntare. In neanche sessanta giorni, batte seicento chilometri, ammesso che abbia compiuto un tragitto rettilineo e senza contare le deviazioni lungo il persorso, che sicuramente ci sono state. E le pause per nutrirsi, per riposarsi.
«Non ci credevo, non ci potevo credere — racconta Ibrahim con le lacrime agli occhi — Quando me l’hanno portato a casa era in macchina e da dentro ha sentito la mia voce ha iniziato a fare il diavolo a quattro». Per Rocky la lunga strada era finita. Per Ibrahim il lungo penare aveva avuto finalmente un senso.
Il cane in seguito fu anche avvelenato, ed Ibrahim Fwal è a corto di risorse finanziarie per poter permettere a Rocky le cure necessarie lanciò un appello: “Aiutatemi a salvarlo. Rocky entrò anche in coma.”
Ma tutto è bene quel che finisce bene, dopo tutte queste peripezie il cane fu salvato tramite un delicato intervento. Ibrahim: ''Ringrazio i veterinari Marco Ricci per il primo intervento e il veterinario Luciano Borghetti per l'operazione, dopo la quale mi ha detto che Rocky e' salvo. Ringrazio tutti per quello che hanno fatto'', ha detto il padrone. ll dottor Luciano Borghetti ha confermato la buona notizia: ''Posso tranquillizzare tutti, Rocky sta bene''.
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