Nella cella di un manicomio personale
propinavo a me stessa da inghiottire
pillole di bugia
a base di estratto di favole irreali.
Legata a un letto sottovuoto,
i pensieri nella mente cozzavano tra loro
e me li sentivo stretti,
come i vestiti neri che indossavo
in segno dei miei lutti.
Mi vedevo (ero) sempre in gara,
eternamente in fila per qualcosa,
faticosamente a galla per raggiungere ogni cosa.
Il mio turno arrivava dopo tutto il resto,
quel resto che (io me ne rendevo conto)
era meno di zero
e valeva poco più di niente.
Necessitavo di una medicina in quello stato di demenza,
di un elettroshock che desse uno scossone al cuore
e di una carezza, di una carezza, di una carezza...
che sciogliesse la neve che mi era caduta addosso,
cucendomi un cappotto candido
che non toglievo manco al cambio di stagione.
Quella carezza, un giorno, arrivò
travestita da animale,
con la maschera da lupo appiccicata al volto
che sembrava carnevale.
Della quale, però, non provai timore dal centro della mia intima infermità mentale,
nemmeno un poco,
perché sulla mia anima - immobile e abusata -
alitò il secondo fuoco.
(Di: Clara Lorenzini) Posted by Beppe Tardito on 14/08/2021