Altro che "scienza": il catastrofismo ambientalista di Greta Thunberg, come abbiamo già avuto modo di appurare, ha assunto i caratteri di un fenomeno più "populista" che scientifico: tant'è che gli studiosi e gli esperti che non si adeguano al climaticamente corretto hanno cominciato a rialzare la testa e stanno facendo sentire la loro voce, invitando l'opinione pubblica a non farsi persuadere dagli slogan apocalittici. Pochi giorni fa, su Il Giornale, è intervenuto il professor Antonino Zichichi, spiegando che inquinamento e cambiamenti climatici sono due cose diverse. "Legarli vuole dire rimandare la soluzione" osserva "e infatti l'inquinamento si può combattere subito senza problemi, proibendo di immettere veleni nell'aria". Il riscaldamento globale è tutt'altra cosa, afferma il professore, in quanto dipende dal motore meteorologico dominato dalla potenza del Sole. Le attività umane incidono al livello del 5%: il 95% dipende invece da fenomeni naturali legati al Sole. Lo scienziato Franco Prodi dice: «Greta va bene, come la sollecitazione sull’ ambiente planetario: il degrado degli ecosistemi, la qualità dell’aria e dei terreni, la quantità di metalli pesanti nei mari. Questo lo capisco, ma non che gli scienziati inseguano una ragazzina di 16 anni. Ne prendo atto, ma mi stupisco che il mondo si faccia influenzare in questo modo.
Senza contare che, come spiega il professor Umberto Tirelli su La Verità, "i cambiamenti climatici ci sono sempre stati", anche quando l'uomo non era ancora sulla Terra e quindi "l'inquinamento che è ritenuto colpevole dei cambiamenti climatici non era ovviamente presente". La Groenlandia, per esempio, quando fu scoperta nel 980 d.C. dai Vichinghi "era verde almeno nella sua parte periferica (si produceva vino!) è poi diventata ghiacciata" ed ora "lentamente ritornerà ad essere verde secondo i cambiamenti climatici che si saranno (forse) verificati nel frattempo".
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Gli immigrati arrivano e restano in italia, ecco la verità...
Come sovente succede nel nostro Paese, il dibattito su quella che potremmo definire ormai la vera e propria “emergenza strutturale” rappresentata dal flusso imponente e costante di migranti e rifugiati non riesce a liberarsi tanto dalla furia polemica quanto dal maquillage rassicurante. Da un lato c’è chi grida all’invasione di fronte a numeri che, finora e in assoluto, non giustificano un simile allarmismo. Dall’altro c’è chi prova a sminuire il fenomeno, sottolineando come gli arrivi dal Mediterraneo siano diminuiti rispetto allo scorso anno, senza però segnalare che ciò è dovuto quasi esclusivamente alla chiusura della rotta greca (che rappresentava la prima tappa di quella balcanica). La verità è che da quello cui abbiamo assistito in queste settimane, non appare azzardato prevedere che il flusso di arrivi nel nostro Paese potrebbe attestarsi su un numero superiore rispetto allo scorso anno.
Quello che è sicuramente cambiato però tra il 2015 e il 2016 è il panorama circostante l’Italia. In particolare, quella politica di “benevola indulgenza” spesso attuata dalle nostre autorità nei confronti degli ospiti che lasciavano lo Stivale in cerca di altri lidi europei più ricchi di opportunità occupazionali è oggi impraticabile. Da quando la signora Merkel, lo scorso anno, promise «asilo a tutti i siriani» è cominciata parallelamente il ripristino effettivo dei confini interni all’Unione sulla rotta balcanica il cui coronamento è stato raggiunto con l’accordo con la Turchia di Erdogan affinché arrestasse il flusso dei profughi diretti a Berlino. Come dire, “alta politica” e “bassa cucina” in salsa tedesca.
Con il contributo finanziario di tutti i Paesi membri della Ue, Berlino ha così ripristinato il suo modello: è vero che ha stanziato oltre 93 miliardi di euro in cinque anni per accogliere fino a due milioni di profughi nei prossimi due anni (come hanno recentemente reso noto Der Spiegel e Panorama), ma saranno accettati solo quelli che presenteranno regolare domanda alle autorità tedesche attraverso quelle turche. E così l’annoso (e specioso) distinguo tra profughi e migranti economici è risolto: a danno dei secondi, certamente, ma anche a danno dell’Italia che è target prioritario proprio di questi ultimi e che ne rimane il solo approdo mediterraneo possibile.
La collaborazione dei “muratori” mitteleuropei si è rivelata necessaria e funzionale al progetto tedesco di riordino: tant’è vero che oggi sia i campi tedeschi che quelli austriaci sono sostanzialmente vuoti. Mentre non altrettanto può dirsi per l’Italia. Il nostro Paese ha lungamente nicchiato alle richieste europee di realizzare un numero di hotspot sufficienti per accogliere le persone salvate da morte certa nel Mediterraneo dalle navi della Marina Militare. Poi ha introdotto un meccanismo di dispersione sul territorio dei nuovi arrivati (si parla ora di 70 per provincia), che ha comportato il ricorso all’accordo con i privati, sviluppando un nuovo “business umanitario”, che sta facendo proliferare un settore di economia assistita di nuova generazione.
Se le nostre strutture erano già affaticate da permanenze di breve periodo, possiamo solo immaginarci che cosa potrebbe accadere di fronte alla prospettiva di una trasformazione delle presenze da temporanee a stabili. Il piano dei famosi ricollocamenti, adottato e ribadito a più riprese nel corso dello scorso anno, langue come un bradipo in letargo. A fronte dei 36.900 previsti per la sola Italia ne sono stati realizzati 674. Nel frattempo, mentre la timida riforma del Trattato di Dublino si è persa per strada, stiamo assistendo a una deroga sostanziale al diritto del mare. Tutte le navi che raccolgono migranti in mare, a prescindere dalla bandiera che battono e dalla missione in cui sono impegnate (EunavforMed, Frontex), li sbarcano infatti nei porti italiani, essendo questa la condizione imposta per la loro partecipazione.
Il governo Renzi ha presentato il suo “migration compact”, il quale, grazie a sostanziosi aiuti economici ai Paesi di partenza, vorrebbe bloccare alla fonte almeno il flusso dei migranti economici, finanziando lo sforzo anche attraverso degli Eurobonds. Ma nulla lascia prevedere che il suo iter sarà celere o che i tedeschi cessino di vederlo come un cavallo di Troia per far crollare il fortino del rigore finanziario teutonico. Anche qualora dovesse passare, però, i suoi effetti potrebbero prodursi non prima di una decina d’anni. Il problema nei flussi migratori è infatti sempre quello di transitare dal breve periodo al lungo. È verosimile che nel lungo periodo l’immigrazione costituisca un asset anche economicamente positivo per i Paesi ospitanti (si pensi a quanta ricchezza producono i 5 milioni di lavoratori stranieri in Italia): ma nel breve periodo essa rappresenta un costo, come attestano gli studi della World Bank che calcolano in un punto percentuale di Pil in meno l’impatto dei profughi siriani su Turchia, Libano e Giordania. Certo è che se il governo non aumenterà le sue pressioni sulla Ue e sui partner comunitari volte a far considerare la Libia altrettanto strategica della Turchia per la sicurezza dell’intera Europa, l’Italia rischia di far la fine della Grecia, ma in maniera permanente. (Fonte: Il Sole 24ORE)
ATTENZIONE: Finti addetti Enel bussano alle porte, ecco come riconoscere i truffatori...
Fate attenzione perchè i truffatori partono da lontano, vi telefonano spacciandosi tecnici Enel che devono venire a trovarvi per nuovi contratti, e/o adeguamento, manutenzione impianti ecc.. così fissano un appuntamento con l'ignaro utente, che tranquillizzato dalla telefonata al momento dell'appuntamento fissato apre la porta tranquillamente. In questo caso fate una preventiva telefonata all'Enel della vostra zona per sapere se è stato mandato da voi qualche incaricato.
E ricordate che i tesserini Enel sono diversi, più piccoli e non hanno nessuna foto e i veri incaricati non chiedono mai soldi.
Una situazione che crea allarmismo, tanto che spesso si finisce per fare di tutta l’erba un fascio e di tacciare per “falsi” anche i veri cartelli affissi da Enel nei portoni dei palazzi. Eppure i modi per riconoscere i truffatori ci sono eccome.
“Prima di tutto i nostri incaricati non chiedono mai soldi e sottolineo mai – spiega Alberico Zonca, referente del Punto Enel di Lavagna – i tesserini, inoltre, sono completamente diversi da quelli mostrati dai truffatori. I nostri sono più piccoli e non c’è nessuna foto”. L’identificazione degli addetti fasulli, quindi, conoscendo queste semplici differenze diventa molto più semplice.
Per quanto riguarda i cartelli affissi nei portoni dei condomini, invece, Enel sta portando avanti una campagna sul risparmio energetico. “Nei nostri volantini indichiamo i nomi degli incaricati, le date in cui passeranno e i riferimenti del Punto Enel cittadino, con tanto di numero di telefono che si può contattare in caso di dubbi – precisa Zonca – la campagna che stiamo mettendo in campo è volta a spiegare ai cittadini come poter risparmiare sulla bolletta, ad esempio grazie all’utilizzo di elettrodomestici di ultima generazione e di lampadine led”. I volantini con queste caratteristiche, dunque, sono veri e facilmente riconoscibili per la presenza di dati verificabili.
La tredicesima riaccende il Natale..
Acquisti in leggero aumento: il 14% disposto a spendere di più dell’anno scorso. Ma si aspetta prezzi al ribasso.
Natale 2014 e consumi: si intravvede uno spiraglio di luce. Certo rimane la stagnazione, soprattutto a causa della doccia fredda arrivata quest’estate dal Pil negativo e c’è ancora una certa diffidenza, ma nonostante il Paese resti diviso in due, il 47% degli italiani è speranzoso nei confronti delle imminenti feste natalizie e la percentuale di chi intende spendere meno per i regali di quest’anno è diminuita passando dal 65% del 2013 al 60% attuale. A rilevarlo è un sondaggio di Swg/Confesercenti. «La prospettiva di un leggero aumento delle spese è legata soprattutto alla speranza dei consumatori che ci siano più promozioni e sconti rispetto all’ anno scorso», spiega Maurizio Pessato, presidente Swg.
Sugli acquisti di questo periodo Marco Venturi, presidente nazionale Confesercenti, commenta poi: «secondo le nostre previsioni, i consumi di questo Natale saranno sostanzialmente in linea con quelli del 2013. Si coglie qualche segnale di lieve miglioramento, ma siamo ancora lontani dai livelli pre-crisi. Colpa di un 2014 ancora segnato dalle difficoltà: negli ultimi 12 mesi il 92% degli italiani ha ridotto la spesa. Ma i nostri connazionali non hanno perso la speranza: un dato significativo e che fa ben sperare per il prossimo futuro. Per sbloccare i consumi, però, la speranza non basta: deve ripartire l’occupazione. Tra le priorità che, se potessero, gli italiani indicherebbero al governo, c’è infatti proprio la lotta alla disoccupazione, intervento desiderato dal 35% dei rispondenti al nostro sondaggio. Segue la richiesta di una riduzione del peso fiscale (30% degli italiani): non a caso quest’anno 1 su 4 indica tasse e tariffe come l’ostacolo principale allo shopping natalizio». Uno degli elementi discriminanti sembra essere appunto la tredicesima. Coloro che la percepiranno acquisteranno il 2,6% in più della media. Il divario diventa particolarmente evidente negli acquisti di giocattoli, segnalati dal 52% dei nostri concittadini con la tredicesima mensilità contro il 48% generale, così come anche nell’abbigliamento (56% contro il 51%) e negli elettrodomestici (29% e 26%).
Le città italiane in balia dei delinquenti.. Escalation di furti e violenza...
Il bilancio del ministero dell'Interno: nel 2013 i reati denunciati aumentano del 2,6%. Milano, Rimini e Bologna al top: sono le province più a rischio.
Dopo l'anno nero del 2013, anche per il 2014 si conferma un drammatico trend che vede la micro criminalità dilagare in tutto il Paese.
I reati denunciati nel 2013 sono, infatti, cresciuti del 2,6%, con incrementi più marcati per i furti in casa, che aumentano del 6%, e dei borseggi, che schizzano su del 12%. Dopo la Milano di Giuliano Pisapia, le province con la maggiore incidenza di denunce rispetto ai residenti troviamo Rimini e Bologna.
Secondo il report del ministero dell'Interno, riportato oggi dal Sole 24Ore, i delitti (furti, stupri, assassini) denunciati nel 2013 ammontano a 2,9 milioni, il 2,6% in più rispetto al 2012, e il 2014 sembra incrementi ancora il dato negativo del 2013. Milano e Rimini "vantano" oltre 8mila delitti ogni 100mila abitanti, il doppio rispetto alla media italiana che si attesta intorno ai 4,756. "Mentre Milano, dopo Roma (quinto posto alle spalle di altre due grandi, Bologna e Trento), ha il record per volume totale - spiega Rossella Cadeo sul Sole 24Ore - Rimini si limita a 27mila e deve l'indesiderato secondo posto alla sua vocazione turistica che è sì fonte di reddito, ma anche di occasioni criminose". Insomma, non c'è solo Tor Sapienza da guardare. Il Viminale di Angelino Alfano avrebbe molto altro a cui pensare. Anche Napoli, infatti, dà non pochi pensieri. Qui sono le rapine a farla da padrone: 270 casi ogni 100mila abitanti, quasi il quadruplo rispetto alla media nazionale.
Si passa poi alla casa. La città meno sicura è (a sorpresa) Asti dove i furti in appartamento sono aumentati del 44%. Qui, infatti, si contano quasi mille furti ogni 100mila abitanti, oltre il doppio rispetto alla media nazionale e ben lontano dai circa 700 messi a segno a Pavia e Torino. Un boom di colpi in casa è stato riscontrato dal Viminale anche a Lodi e Sondrio, mentre i residenti di Crotone, Potenza, Napoli e Campobasso possono dormire relativamente sonni tranquilli.
Nei borseggi, infine, primeggia ancora Rimini. Che batte anche Bologna, Milano, Torino , Venezia e Roma. Tutte città con un buon tenore di vita e una marcata affluenza di turisti.
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