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Putin: il nuovo "Hitler" ?

Non ha usato mezzi termini per condannare l'attacco russo all'Ucraina il premier Boris Johnson che a mezzogiorno, dopo aver presieduto una seduta straordinaria del comitato d'emergenza Cobra, si è rivolto con un messaggio televisivo ai britannici. Ha accusato il presidente Vladimir Putin di essere un "dittatore" che ha scatenato una guerra senza giustificazioni e che per questo la Russia sarà condannata a diventare uno "Stato paria".

Il premier, oltre a chiedere un vertice urgente dei leader Nato, ha annunciato un "massiccio" pacchetto di sanzioni contro Mosca "per azzoppare l'economia russa", i cui dettagli saranno resi noti alla Camera dei Comuni alle 17 (le 18 in Italia), ma che secondo alcune indiscrezioni dei media potrebbero colpire oligarchi e banche. La tensione è sempre più alta come è emerso dall'incontro avvenuto in mattinata al Foreign Office tra la ministra degli Esteri, Liz Truss, e l'ambasciatore russo a Londra, Andrei Kelin. Secondo Sky News, che cita una fonte ministeriale, il rappresentante diplomatico è stato congedato prima del previsto e la ministra gli ha detto di vergognarsi, sottolineando che "la Russia ha mentito ripetutamente e ha perso il suo ultimo brandello di credibilità presso la comunità internazionale".

E torna a essere una priorità il dibattito su una nuova normativa per colpire direttamente gli interessi economici e i capitali considerati opachi che fanno riferimento a oligarchi e imprenditori russi molto attivi nel Regno Unito. Il rilancio di una battaglia per colpirli è guidata dal leader laburista Keir Starmer, che nel pomeriggio ha tenuto a sua volta un discorso alla nazione in veste di leader dell'opposizione. Nel mirino è finito il magnate Roman Abramovich, proprietario fra le altre cose del Chelsea, che manca da mesi da Londra e passa grande parte del suo tempo tra la Russia e Israele soprattutto, dopo aver ottenuto la cittadinanza dello Stato ebraico. Il deputato laburista Chris Bryant ha presentato un documento dell'Home Office, datato 2019, in cui si fa riferimento alla necessità di fare luce sui legami illeciti del magnate "con lo Stato russo e della sua associazione con attività e pratiche di corruzione". "Sono passati quasi tre anni e tuttavia è stato fatto molto poco in relazione", ha detto Bryant, che ha avanzato la possibilità di privare Abramovich del diritto di possedere un club della Premier League e di congelare i suoi asset. Intanto contro una possibile minaccia russa hanno alzato la guardia i funzionari dell'Home Office che temono cyberattacchi da parte di Mosca nel Regno Unito. Mentre tra la comunità ucraina c'è chi cerca modi per tornare in patria e arruolarsi nelle forze armate. (25/02/2022)

Le sfide più famose. Harry e Meghan hanno...


Harry e Meghan hanno vinto la loro battaglia per l’indipendenza annunciata con una dichiarazione choc l’8 gennaio scorso. La regina Elisabetta ha concesso il via libera alla coppia per fare i royal a metà. Potranno vivere tra Londra e il Canada.

Sardine, Mattia Santori è al bivio: "Se Matteo Salvini vince in Emilia Romagna, diventa tutto più difficile"

Donald Trump: "Dovrebbe lavorare sul suo problema di controllo della rabbia e poi andare a vedere un buon film con un amico! Calma Greta, calma!", ha scritto su Twitter il presidente degli Stati Uniti. Greta Thunberg ha replicato: "Ci sto lavorando", ha risposto, sempre tramite il social, la giovane attivista svedese.

E voi con chi state?

Renzi: «Dimettermi? Non ci penso neppure. Non fatemi ridere»


ROMA «Dimettermi? Non ci penso neppure. Cambiare l'Italicum? Non fatemi ridere»
Renzi: non è voto di protesta e mi tengo il doppio incarico.

ROMA «Dimettermi? Non ci penso neppure. Cambiare l'Italicum? Non fatemi ridere». Matteo Renzi, dopo la batosta di Roma e soprattutto di Torino, non batte in ritirata. Tantomeno apre a quella parte della minoranza Pd che invoca la rinuncia al doppio incarico e sostanziali ritocchi alla legge elettorale. Il premier-segretario piuttosto contrattacca, torna a vestire i panni del rottamatore come ha fatto capire nella lunga notte di domenica: «Bisogna innovare, innovare, innovare. Perché dietro ai risultati di queste elezioni non ci sono la protesta, la rabbia, il populismo. C'è la voglia di cambiamento. Ha vinto chi ha saputo interpretare meglio l'ansia di cambiare». E, in nome del fair play, dell'«onestà di dire che ho perso quando ho perso», Renzi cita Virginia Raggi e s'inchina alla vittoria dei grillini: «Il successo dei Cinquestelle è netto e indiscutibile, come è innegabile che questo voto abbia anche una valenza nazionale e non solo territoriale».

L'occasione per parlare alla stampa è data dall'incontro con lo chef campione del mondo Massimo Bottura. Nella sala dei galeoni, al primo piano di palazzo Chigi, Renzi si presenta ostentatamente allegro e festoso. Scherza. Fa battute. Si guarda bene però dall'entrare nel dettaglio delle richieste di Bersani & C. Rinvia la resa dei conti alla riunione della Direzione anticipata a venerdì: «Se ho fatto bene o male? Ne discuteremo in modo vero, franco e sincero tra quattro giorni. Nessuno deve drammatizzare il voto dei ballottaggi, ma nessuno deve minimizzare. E poi la Direzione si farà il giorno di San Giovanni e a Firenze si dice: San Giovanni non vuole inganni. Sarà un giorno meraviglioso...».

Insomma, chi pensava di ritrovarsi davanti a un Renzi mogio e depresso resta deluso. La grave sconfitta di Piero Fassino a Torino, la valanga di voti con cui la grillina Raggi ha seppellito Roberto Giachetti, gli 11 Comuni capoluogo su 19 persi rispetto al 2011, spingono Renzi a tornare «alle origini». Allo schema rottamatorio del 2014, quando alle europee incassò il 40,8%: «La gente preferisce il nuovo all'usato sicuro. E non solo con i candidati grillini. Pure noi a Varese e a Caserta, ma anche a Milano, siamo riusciti a vincere puntando su candidati innovativi».
Come dire: non importa il colore della maglia del sindaco, ma il suo tasso di novità. E qui, Renzi, si regala una metafora gastronomica citando lo chef Bottura: «A me emozionano sempre le lasagne della nonna e continuano ad emozionarmi. Ad altri un po' meno. Ma il punto chiaro è che dobbiamo come Pd riflettere per dare una lettura non banale al voto. Bisogna coniugare i valori della nostra comunità con la capacità di aprirsi al nuovo senza scadere nel nuovismo».

Stipendi politica, ogni parlamentare guadagna 80 mila..


euro l’anno esentasse!!

I guadagni degli eletti di Camera e Senato sfiorano i 20 mila euro lordi al mese: 5 mila sono stipendio, altri 7 mila netti sono rimborsi (atuomatici e pagati anche senza presentare uno scontrino) e non vanno dichiarati. In una legislatura 407.940 e 434.400 euro.Tutto esentasse. A questi soldi vanno aggiunti 1.200 euro l’anno di spese telefoniche certificate e 1.850 euro circa al mese per il cosiddetto “esercizio di mandato”. Fanno altri 23.400 euro ogni dodici mesi.

Ricapitolando oltre 400 mila euro che il Fisco non vede . A Montecitorio, netti e senza dover presentare fatture e scontrini, un deputato (che non abbia un altro lavoro, altrimenti le cifre si abbassano un po’) incassa circa 11.770 euro al mese, cioè oltre 140.000 euro l’anno. A questi soldi, peraltro, vanno aggiunti 1.200 euro l’anno di spese telefoniche certificate e 1.850 euro circa al mese per il cosiddetto “esercizio di mandato” (anche queste devono però essere certificate e comprendono cose come lo stipendio di un collaboratore, l’organizzazione di un convegno, eccetera). Fanno altri 23.400 euro ogni dodici mesi. In tutto, insomma, parliamo di oltre 163 mila euro. Il costo lordo, cioè comprensivo di trattenute, per la Camera sfiora i 230 mila euro l’anno. Per i 630 deputati totali significa circa 145 milioni l’anno di soli stipendi e rimborsi (a bilancio per il 2013, però, ci sono 154,3 milioni, perché in questa voce vanno calcolati anche i contributi a carico del “datore di lavoro” Montecitorio).

La busta paga dei senatori è più o meno simile, anche se leggermente più ricca, forse per via del fatto che gli inquilini di Palazzo Madama sono più onusti d’anni e d’esperienza: incassano – netti e senza neanche una fattura - 12.250 euro mensili, vale a dire 147 mila euro l’anno. Se ci aggiungiamo però gli altri 2.090 euro al mese a cui gli eletti a Palazzo Madama hanno diritto dietro certificazione quadrimestrale, il conto sale a 172 mila euro annui che garantiscono, com’è noto, l’indipendenza del senatore. Il lordo, ovviamente, anche in questo caso è maggiore: 236.500 euro l’anno circa. Nel bilancio 2013 di palazzo Madama il costo totale è di oltre 80 milioni per 320 senatori.

Ultimo capitolo. Se consideriamo il solo netto dei rimborsi automatici – cioè quelli pagati dalle rispettive Camere senza nemmeno la presentazione di un contratto/scontrino/biglietto – i deputati vedono arrivare in banca all’ingrosso 6.779 euro al mese e i senatori 7.240 euro. L’anno fa, rispettivamente, 81.588 e 86.880 euro; in una legislatura 407.940 e 434.400 euro. Tutto esentasse. Il talento, d’altronde, “ha un suo prezzo di mercato”. (Fonte: il Fatto Quotidiano.it)

Il governo accelera: canone Rai e bolletta elettrica da pagare insieme...


La riforma del canone Rai è pronta per andare in onda. Con l’approvazione di Matteo Renzi. Si pagherà con la bolletta della luce con l’obiettivo dichiarato di garantire all’azienda di viale Mazzini un gettito di 1 miliardo e 800 milioni di euro l’anno. Più o meno quanti la Rai ne incassa ora ma chiedendo agli italiani un importo inferiore agli attuali 113,50 euro, cifra uguale quasi per tutti. Continueranno ad esserci le fasce di esenzione e i bonus per i meno abbienti, anche se a farne richiesta finora è stato solo il 30% delle famiglie disagiate Tutti gli altri pagheranno dai 35 ai 75/80 euro - in media, come aveva già anticipato il Messaggero, circa 60 euro - visto che la cifra varierà in base agli indicatori Isee. Prima di partire rispettivamente per Sidney e per Washington, Renzi e il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli si sono incontrati per una valutazione finale. Il capo del governo ha quindi dato via libera all’opzione numero uno: l’inserimento del canone nella bolletta elettrica, un meccanismo di cui si parlava da tempo che comporta però non poche complicazioni.

TUTTI ABBONATI
La platea degli utenti si allargherà. Per non pagare la tassa bisognerà - sul modello della Bbc - dimostrare di non possedere una tv o anche qualsiasi dispositivo (device) con cui sintonizzarsi sui programmi del servizio pubblico: tablet, ipad, smartphone, pc. In passato la Rai aveva bussato alla porta dei possessori dei computer utilizzati come televisori (digital signage) per riscuotere il canone speciale. Tentativo respinto al mittente con una generale e indignata levata di scudi.

Quando nell’aprile scorso si ipotizzò la possibilità del canone in bolletta il sottosegretario della presidenza del Consiglio Delrio ammise che si andava in quella direzione. Contro si schierò il presidente dell’Autorità per l’energia Guido Bortoni, che parlò di «uso improprio» e sollevò il problema della privacy.

Insomma il via libera c’è stato ma la strada è lastricata di ostacoli (e di possibili ricorsi). Chi pagherà l’agio per l’esazione? I consumatori? Lo Stato? Le società energetiche? Renzi è avvisato. (di Claudio Marincola. Fonte: Il Messaggero.it)

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