Le storie più belle
STORIE DIVERTENTI
“La vita è troppo bella per essere insignificante.” Ho tenuto qualcuno tra...
Ho tenuto qualcuno tra le mie braccia per proteggerlo; mi sono fatta amici per l’eternità. Ho riso quando non era necessario Ho amato e sono stata riamata, ma sono stata anche respinta…. Sono stata amata e non ho saputo ricambiare. Ho gridato e saltato per tante gioie tante Ho vissuto d’amore e fatto promesse di eternità, ma mi sono bruciata il cuore tante volte! Ho pianto ascoltando la musica o guardando le foto Ho telefonato solo per ascoltare una voce Io sono di nuovo innamorata di un sorriso Ho di nuovo creduto di morire di nostalgia e… ho avuto paura di perdere qualcuno molto speciale ( che ho finito per perdere)…ma sono sopravvissuta! E vivo ancora ! E la vita, non mi stanca … E anche tu non dovrai stancartene. Vivi!! E’ veramente buono battersi con persuasione, abbracciare la vita e vivere con passione, perdere con classe e vincere osando, perchè il mondo appartiene a chi osa! LA VITA E’ TROPPO BELLA per essere insignificante! (Charlie Chaplin)
Ultimissime su Schumacher: il campione di formula 1 sempre in coma farmacologico..
GINEVRA 21gennaio 2014 - Dopo quattro settimane di coma farmacologico ora Michael Schumacher rischia di rimanere in uno stato vegetativo permanente. La moglie su un blog ha scritto: «È un combattente, non ci arrendiamo», ha poi ringraziato i fan del marito che lo sostengono dal giorno dell'incidente, «Voi ci date la forza di anadare avanti». Smentite, dunque, le voci di un possibile miglioremanto, pochi giorni fa si era vagliata la possibilità di farlo uscire dal coma farmacologico ma poi i medici non hanno proceduto e ora spunta questo nuovo problema. Jean- Marc Orgogozo , professore di neurologia presso l'Università di Bordeaux , ha detto che ogni giorno di coma incide sulle possibilità di una ripresa. I medici dell'ospedale svizzero non parlano e per loro le condizioni di Schumi restano stabili.
Spari a Palazzo Chigi, Preiti condannato a 16 anni. Il 28 aprile, giorno di insediamento
del governo Letta, aprì il fuoco ferendo tre carabinieri, uno in modo grave. Dopo la sentenza: "Chiedo scusa a tutti".
ROMA 21 gennaio 2014 - Luigi Preiti è stato condannato a 16 anni di reclusione dal gup Filippo Steidl. Il 28 aprile scorso, giorno di insediamento del governo Letta, Preiti, un disoccupato di Rosarno, sparò davanti a Palazzo Chigi ferendo tre carabinieri, uno in modo grave. La procura aveva chiesto 18 anni di carcere. Quel giorno di fronte a Palazzo Chigi l'uomo ferì gravemente il brigadiere Giuseppe Giangrande e altri due militari, Francesco Negri e Delio Marco Murighile. Tutti e tre si sono costituiti parte civile insieme al ministero della Difesa e all'associazione "Vittime del dovere". Oggi erano presenti in aula Preiti e la figlia di Giangrande, Martina. Dopo la sentenza Preiti ha chiesto scusa: "Chiedo scusa a tutti. Vorrei essere io al posto del carabiniere ancora in ospedale. Mi dispiace".
Soddisfazione da parte della figlia di Giangrande: "Siamo davvero soddisfatti di questa sentenza, sono venuta qui a Roma a sentire con le mie orecchie cosa sarebbe accaduto. Tra poco lo dirò a mio padre, che è a Prato, visto che per il momento non sono riuscita a sentirlo". Sulla vicenda, intanto, trapelano indiscrezioni circa telefonate arrivate alla segreteria della presidenza del Consiglio, prima che avvenisse la sparatoria, con le quali si sollecitavano "aiuti per la Calabria". Le indagini disposte dal magistrato avrebbero comunque escluso un legame tra il gesto di Preiti e le comunicazioni ricevute da funzionari di Palazzo Chigi. Dalla perizia psichiatrica disposta dal gup, emerge che Preiti era capace di intendere e di volere al momento dell'aggressione, in cerca di un palcoscenico, consumatore di cocaina e di alcol, frequentatore assiduo di "seratine" con amici. Puntando alla non processabilità, durante l'udienza preliminare di ottobre i suoi difensori avevano chiesto di verificare il suo stato mentale e il giudice aveva dato l'incarico allo psichiatra Piero Rocchini. Il risultato rivela un Preiti diverso e riporta a galla aspetti rimasti sempre misteriosi in questa vicenda: chi gli ha dato l'arma con la matricola abrasa? Cosa c'è dietro il gesto? Preiti era cosciente, dunque, mentre impugnava la Beretta e faceva fuoco contro i carabinieri. Non avrebbe, poi, avuto alcuna intenzione di suicidarsi. Oggi si svolge l'ultimo atto di questa vicenda giudiziaria che comunque vada ha ancora molti punti oscuri.
ROMA 21 gennaio 2014 - Luigi Preiti è stato condannato a 16 anni di reclusione dal gup Filippo Steidl. Il 28 aprile scorso, giorno di insediamento del governo Letta, Preiti, un disoccupato di Rosarno, sparò davanti a Palazzo Chigi ferendo tre carabinieri, uno in modo grave. La procura aveva chiesto 18 anni di carcere. Quel giorno di fronte a Palazzo Chigi l'uomo ferì gravemente il brigadiere Giuseppe Giangrande e altri due militari, Francesco Negri e Delio Marco Murighile. Tutti e tre si sono costituiti parte civile insieme al ministero della Difesa e all'associazione "Vittime del dovere". Oggi erano presenti in aula Preiti e la figlia di Giangrande, Martina. Dopo la sentenza Preiti ha chiesto scusa: "Chiedo scusa a tutti. Vorrei essere io al posto del carabiniere ancora in ospedale. Mi dispiace".
Soddisfazione da parte della figlia di Giangrande: "Siamo davvero soddisfatti di questa sentenza, sono venuta qui a Roma a sentire con le mie orecchie cosa sarebbe accaduto. Tra poco lo dirò a mio padre, che è a Prato, visto che per il momento non sono riuscita a sentirlo". Sulla vicenda, intanto, trapelano indiscrezioni circa telefonate arrivate alla segreteria della presidenza del Consiglio, prima che avvenisse la sparatoria, con le quali si sollecitavano "aiuti per la Calabria". Le indagini disposte dal magistrato avrebbero comunque escluso un legame tra il gesto di Preiti e le comunicazioni ricevute da funzionari di Palazzo Chigi. Dalla perizia psichiatrica disposta dal gup, emerge che Preiti era capace di intendere e di volere al momento dell'aggressione, in cerca di un palcoscenico, consumatore di cocaina e di alcol, frequentatore assiduo di "seratine" con amici. Puntando alla non processabilità, durante l'udienza preliminare di ottobre i suoi difensori avevano chiesto di verificare il suo stato mentale e il giudice aveva dato l'incarico allo psichiatra Piero Rocchini. Il risultato rivela un Preiti diverso e riporta a galla aspetti rimasti sempre misteriosi in questa vicenda: chi gli ha dato l'arma con la matricola abrasa? Cosa c'è dietro il gesto? Preiti era cosciente, dunque, mentre impugnava la Beretta e faceva fuoco contro i carabinieri. Non avrebbe, poi, avuto alcuna intenzione di suicidarsi. Oggi si svolge l'ultimo atto di questa vicenda giudiziaria che comunque vada ha ancora molti punti oscuri.
Ue, allarme Italia: dal 2008 maggior declino. È il paese peggiore per chi perde il lavoro.
21 gennaio 2014. L'Italia è il Paese che ha conosciuto dal 2008 il declino più elevato della situazione sociale di chi lavora: oltre il 12% degli occupati non riesce a vivere del suo stipendio. Solo Romania e Grecia fanno peggio (oltre il 14%) ma la loro situazione era grave già nel 2008: lo afferma lo studio della commissione Ue sull'occupazione dal titolo: "Employment and Social Developments in Europe Review".
Andor: in Italia crescono disoccupazione e povertà
Un grido di allarme lanciato dal commissario Ue al lavoro Lazlo Andor, che, presentando il rapporto 2013 su occupazione e sviluppi sociali dove l'Italia spicca per alta disoccupazione e povertà di chi lavora, ha detto: «In Italia non cresce solo la disoccupazione ma anche la povertà».
Italia Paese peggiore per chi perde lavoro
Non solo. L'Italia, secondo il rapporto Ue, è il Paese peggiore d'Europa per chi perde il lavoro: le possibilità di trovarne un altro entro un anno sono tra il 14 e il 15%, cioè le più basse di tutti i 28 Stati membri dell'Ue.
Nel rapporto della commissione Ue si sottolinea come il significativo aumento della povertà tra la popolazione in età lavorativa è una delle più tangibili conseguenze della crisi economica. Per un'inversione di tendenza potrebbe non essere sufficiente una riduzione graduale dei livelli di disoccupazione, se si dovesse confermare la «polarizzazione delle retribuzioni», dovuta in particolare all'aumento del lavoro part-time. Il rapporto evidenzia inoltre come l'accettazione di un posto di lavoro possa aiutare a uscire dalla povertà solo nella metà dei casi: molto dipende dal tipo di lavoro trovato e anche dalla composizione del nucleo familiare e dalla situazione del partner sul mercato del lavoro. «Per una ripresa duratura, che non si limiti soltanto a ridurre la disoccupazione, ma faccia anche diminuire la povertà, dobbiamo preoccuparci non solo della creazione di posti di lavoro, ma anche della loro qualità», ha dichiarato il commissario Andor.
Signora... lei è ricca?
Si rannicchiarono dietro la porta doppia: due bambini con i cappotti a brandelli troppo piccoli per loro.
"Ha giornali vecchi, signora?" Ero indaffarata, volevo rispondere di no...finchè guardai i loro piedi: sandaletti leggeri, inzuppati dal nevischio. "Entrate e vi farò una tazza di cioccolata calda." Non vi fu conversazione. I sandali fradici lasciarono impronte sulla piastra del caminetto. Servii loro cioccolata e pane tostato con marmellata per fortificarli contro il freddo esterno. Quindi tornai in cucina e ripresi il mio bilancio familiare... Il silenzio nel soggiorno mi sorprese. Guardai dentro, la bambina teneva in mano la tazza vuota e la osservava. Il maschietto mi disse con voce incerta: "Signora... lei è ricca?" "Se sono ricca? Misericordia, no!" Guardai le consunte foderine del divano. La bambina rimise la tazza sul suo piattino con cura. "Le sue tazze sono intonate ai piattini." Aveva osservato la bambina, con una voce vecchia, con una fame che non veniva dallo stomaco. Quindi se ne andarono, tenendo i pacchi dei giornali contro il vento, non avevano detto grazie, non ne avevano bisogno. Avevano fatto molto di più. Tazze e piattini di ceramica azzurra di poco valore. Ma erano intonati. Diedi un'occhiata alle patate e mescolai il sugo. Patate e sugo di carne, un tetto sopra alla testa, mio marito con un lavoro sicuro... umile ma sicuro. Anche queste cose erano intonate. Allontanai le sedie dal fuoco e misi in ordine il soggiorno. Le impronte fangose dei sandaletti erano ancora umide sul caminetto. Le lasciai lì: voglio che restino lì caso mai mi dimenticassi di nuovo quanto sono ricca.
(Racconto tratto da "Brodo caldo per l'anima 3" di J.Canfield e M.V.Hansen)
"Ha giornali vecchi, signora?" Ero indaffarata, volevo rispondere di no...finchè guardai i loro piedi: sandaletti leggeri, inzuppati dal nevischio. "Entrate e vi farò una tazza di cioccolata calda." Non vi fu conversazione. I sandali fradici lasciarono impronte sulla piastra del caminetto. Servii loro cioccolata e pane tostato con marmellata per fortificarli contro il freddo esterno. Quindi tornai in cucina e ripresi il mio bilancio familiare... Il silenzio nel soggiorno mi sorprese. Guardai dentro, la bambina teneva in mano la tazza vuota e la osservava. Il maschietto mi disse con voce incerta: "Signora... lei è ricca?" "Se sono ricca? Misericordia, no!" Guardai le consunte foderine del divano. La bambina rimise la tazza sul suo piattino con cura. "Le sue tazze sono intonate ai piattini." Aveva osservato la bambina, con una voce vecchia, con una fame che non veniva dallo stomaco. Quindi se ne andarono, tenendo i pacchi dei giornali contro il vento, non avevano detto grazie, non ne avevano bisogno. Avevano fatto molto di più. Tazze e piattini di ceramica azzurra di poco valore. Ma erano intonati. Diedi un'occhiata alle patate e mescolai il sugo. Patate e sugo di carne, un tetto sopra alla testa, mio marito con un lavoro sicuro... umile ma sicuro. Anche queste cose erano intonate. Allontanai le sedie dal fuoco e misi in ordine il soggiorno. Le impronte fangose dei sandaletti erano ancora umide sul caminetto. Le lasciai lì: voglio che restino lì caso mai mi dimenticassi di nuovo quanto sono ricca.
(Racconto tratto da "Brodo caldo per l'anima 3" di J.Canfield e M.V.Hansen)
L'incidente. (Molto bella da leggere)
Una giovane donna tornava a casa dal lavoro in automobile. Guidava con molta attenzione perché l'auto che stava usando era nuova fiammante, ritirata il giorno prima dal concessionario e comprata con i risparmi soprattutto del marito che aveva fatto parecchie rinunce per poter acquistare quel modello. Ad un incrocio particolarmente affollato, la donna ebbe un attimo di indecisione e con il parafango andò ad urtare il paraurti di un'altra macchina. La giovane donna scoppiò in lacrime. Come avrebbe potuto spiegare il danno al marito? Il conducente dell'altra auto fu comprensivo, ma spiegò che dovevano scambiarsi il numero della patente e i dati del libretto. La donna cercò i documenti in una grande busta di plastica marrone. Cadde fuori un pezzo di carta. In una decisa calligrafia maschile vi erano queste parole: "In caso di incidente..., ricorda, tesoro, io amo te, non la macchina!". "Lo dovremmo ricordare tutti, sempre. Le persone contano, non le cose. Quanto facciamo per le cose, le macchine, le case, l'organizzazione, l'efficienza materiale! Se dedicassimo lo stesso tempo e la stessa attenzione alle persone, il mondo sarebbe diverso. Dovremmo ritrovare il tempo per ascoltare, guardarsi negli occhi, piangere insieme, incoraggiarsi, ridere, passeggiare... Ed è solo questo che porteremo con noi davanti a Dio. Noi e la nostra capacità d'amare. Non le cose, neanche i vestiti, neanche questo corpo..."(Tratto da "A volte basta un raggio di sole" di Bruno Ferrero)
Il fratellino.
Una giovane madre era in attesa del secondo figlio. Quando seppe che era una bambina, insegnò al suo bambino primogenito, che si chiamava Michele, ad appoggiare la testolina sulla sua pancia tonda, e cantare insieme a lei una «ninna nanna» alla sorellina che doveva nascere. La canzoncina, che faceva «Stella stellina, la notte si avvicina...», piaceva tantissimo al bambino, che la cantava più volte. Il parto però fu prematuro e complicato. La neonata fu messa in una incubatrice per cure intensive. I genitori trepidanti furono preparati al peggio: la loro bambina aveva pochissime probabilità di sopravvivere. Il piccolo Michele li supplicava: «Voglio vederla! Devo assolutamente vederla!». Dopo una settimana, la neonata si aggravò ancor di più. La mamma allora decise di portare Michele nel reparto di terapia intensiva della maternità. Un'infermiera cercò di impedirlo, ma la donna era decisa ed accompagnò il bambino vicino al lettino ingombro di fili e tubicini, dove la piccola lottava per la vita. Vicino al lettino della sorellina, Michele istintivamente avvicinò il suo volto a quello della neonata e cominciò a cantare sottovoce: «Stella stellina...». La neonata reagì immediatamente. Cominciò a respirare serenamente, senz'affanno. Con le lacrime agli occhi, la mamma disse: «Continua, Michele, continua!». Il bambino continuò. la bambina cominciò a muovere le braccine. La mamma e il papà piangevano e ridevano nello stesso tempo, mentre l'infermiera incredula fissava la scena a bocca aperta. Qualche giorno dopo, la piccola entrò in casa in braccio alla mamma, mentre Michele manifestava rumorosamente la sua gioia! I medici della clinica, imbarazzati, definirono l'avvenimento con parole difficili. Ma la mamma e il papà sapevano che era stato semplicemente un miracolo dell'amore di un fratellino per una sorellina tanto attesa. (Bruno Ferrero)
Il miracolo. (Bellissima)
Questa è la storia vera di una bambina di otto anni che sapeva che l'amore può fare meraviglie. Il suo fratellino era destinato a morire per un tumore al cervello. I suoi genitori erano poveri, ma avevano fatto di tutto per salvarlo, spendendo tutti i loro risparmi. Una sera, il papà disse alla mamma in lacrime: "Non ce la facciamo più, cara. Credo sia finita. Solo un miracolo potrebbe salvarlo". La piccola, con il fiato sospeso, in un angolo della stanza aveva sentito. Corse nella sua stanza, ruppe il salvadanaio e, senza far rumore, si diresse alla farmacia più vicina. Attese pazientemente il suo turno. Si avvicinò al bancone, si alzò sulla punta dei piedi e, davanti al farmacista meravigliato, posò sul banco tutte le monete. "Per cos'è? Che cosa vuoi piccola?". "È per il mio fratellino, signor farmacista. È molto malato e io sono venuta a comprare un miracolo". "Che cosa dici?" borbottò il farmacista. "Si chiama Andrea, e ha una cosa che gli cresce dentro la testa, e papà ha detto alla mamma che è finita, non c'è più niente da fare e che ci vorrebbe un miracolo per salvarlo. Vede, io voglio tanto bene al mio fratellino, per questo ho preso tutti i miei soldi e sono venuta a comperare un miracolo". Il farmacista accennò un sorriso triste. "Piccola mia, noi qui non vendiamo miracoli". "Ma se non bastano questi soldi posso darmi da fare per trovarne ancora. Quanto costa un miracolo?". C'era nella farmacia un uomo alto ed elegante, dall'aria molto seria, che sembrava interessato alla strana conversazione. Il farmacista allargò le braccia mortificato. La bambina, con le lacrime agli occhi, cominciò a recuperare le sue monetine. L'uomo si avvicinò a lei. "Perché piangi, piccola? Che cosa ti succede?". "Il signor farmacista non vuole vendermi un miracolo e neanche dirmi quanto costa…. È per il mio fratellino Andrea che è molto malato. Mamma dice che ci vorrebbe un'operazione, ma papà dice che costa troppo e non possiamo pagare e che ci vorrebbe un miracolo per salvarlo. Per questo ho portato tutto quello che ho". "Quanto hai?". "Un dollaro e undici centesimi…. Ma, sapete…." Aggiunse con un filo di voce, "posso trovare ancora qualcosa….". L'uomo sorrise "Guarda, non credo sia necessario. Un dollaro e undici centesimi è esattamente il prezzo di un miracolo per il tuo fratellino!". Con una mano raccolse la piccola somma e con l'altra prese dolcemente la manina della bambina. "Portami a casa tua, piccola. Voglio vedere il tuo pratellino e anche il tuo papà e la tua mamma e vedere con loro se possiamo trovare il piccolo miracolo di cui avete bisogno". Il signore alto ed elegante e la bambina uscirono tenendosi per mano. Quell'uomo era il professor Carlton Armstrong, uno dei più grandi neurochirurghi del mondo. Operò il piccolo Andrea, che potè tornare a casa qualche settimana dopo completamente guarito. "Questa operazione" mormorò la mamma "è un vero miracolo. Mi chiedo quanto sia costata…". La sorellina sorrise senza dire niente. Lei sapeva quanto era costato il miracolo: un dollaro e undici centesimi…. più, naturalmente l'amore e la fede di una bambina.
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