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STORIE DIVERTENTI
Gli occhi, non sono solo lo specchio dell'anima, ma avrebbero diversi significati...
Uno sguardo, si dice, vale più di mille parole… In effetti, con gli occhi non solo guardiamo ma, più e meglio che con il linguaggio, comunichiamo stati d’animo e manifestiamo il nostro carattere. Ecco allora che diventa significativa la direzione dello sguardo, la sua intensità, i sui movimenti…
Ecco alcuni segni degli occhi che inequivocabilmente mettono a nudo la nostra anima e la nostra personalità:
Lo sguardo che fulmina.
Fin da bambini lo sguardo di un genitore può da solo rappresentare una minaccia, una punizione, un incoraggiamento o un’approvazione. Ecco perché un’occhiata intensa ci sfa sentire sotto esame anche da adulti.
Occhi bassi.
Abbassiamo lo sguardo quando siamo imbarazzati o abbiamo paura, in cerca di un “rifugio” nel pavimento o di un’improbabile via di fuga. Importante è distinguere se questo capita solo con determinate persone o circostanze o se è un atteggiamento ricorrente.
Occhi negli occhi.
Fissare dritto negli occhi chi ci sta di fronte senza mai distogliere lo sguardo, appare il più delle volte come un atteggiamento di sfida. Oppure può essere una forzatura finalizzata a mascherare la propria timidezza. Quando questo atteggiamento è accompagnato da un respiro calmo e da un leggera inclinazione della testa può indicare interesse e attenzione rispetto all’interlocutore. In alcuni casi, non si staccano gli occhi da quelli degli altri per testimoniare attrazione e desiderio di sedurre.
Occhi sfuggenti.
In caso di eccessiva tensione, staccare lo sguardo ha lo stesso valore di un’offerta di pace. Uno sguardo sfuggente indica invece che si è preda di una forte emozione e che il giudizio altrui ha colpito ma che… non lo si vuol far notare. Invece, evitare del tutto di rivolgere lo sguardo all’altro può essere interpretato come un segnale di disprezzo, ma anche di profonda insicurezza e scarsa autostima.
Sguardo all’orizzonte.
Una persona che lancia lo sguardo lontano, verso l’orizzonte, vuole prendere le distanze dalla situazione in cui si trova e sta cercando di non lasciarsi imprigionare dal discorso e dalla compagnia.
Movimento continuo degli occhi.
Chi muove gli occhi con grande rapidità mantenendo uno sguardo vigile e attento è una persona agile e vivace, che sembra distratta ma cui raramente sfugge qualcosa.
E le rughe? Sono testimoni importanti spiegano il passato e lo stress d’oggi.
Segni che appaiono sul viso generalmente in tarda età, le rughe rispecchiano le emozioni, spesso trattenute, e lo stress che depositandosi sul viso lasciano tracce indelebili, testimoniando pensieri, dubbi e preoccupazioni. Da un punto di vista simbolico, le rughe marcano il tempo che passa ma sono anche segno di saggezza e rivelano risvolti sconosciuti della personalità.
Rughe intorno agli occhi: il legame con l’emotività.
Le borse sotto gli occhi durante l’adolescenza segnalano disturbi transitori legati all’alimentazione e a uno stile di vita non equilibrato. In età adulta, invece quando sono stabili, possono derivare da una predisposizione familiare ma, in qualche caso, raccontano le “lacrime non piante” che si raccolgono lì dentro. Le zampe di gallina sono presenti ai lati degli occhi e si accentuano ammiccando o sorridendo. Possono rivelare socievolezza e capacità di comunicare, ma il più delle volte rappresentano lo sforzo, strizzando gli occhi di continuo, di mettere a fuoco qualcosa che sfugge alla comprensione.
Rughe sulla fronte: il travaglio interiore.
Le verticali che partono dalla radice del naso e arrivano alla fronte sono frutto di collera e risentimento. Esprimono intensità di pensiero e l’abitudine all’attività intellettuale. Le diagonali che dalle sopracciglia si irradiano verso la parte altra delle tempie, indicano uno stato di tensione, di vigilanza, di controllo; sono indice di un carattere vivace, attento e curioso. Le orizzontali sono i segni della rimuginazione e del dubbio. Secondo la Medicina Cinese se sono tre, sottili e ondulate esprimono la saggezza, indole calma e serena. Se è una sola e leggermente inclinata verso il basso segnala la tendenza all’elucubrazione; se sono due indicano una persona orgogliosa e ipercritica con tendenza alla depressione.
Insomma gli occhi sono veramente lo specchio dell'anima.
I NOSTRI AMICI CI SCRIVONO: LETTERA DA UN CANE..
La mia vita dura 10-15 anni al massimo.. Ogni volta che mi separo da te per me è una sofferenza. Pensaci prima di adottarmi. Sii paziente cone me, dammi il tempo di capire cosa vuoi che faccia: la maggior parte delle persone capisce soltanto una lingua, mentre da me si pretende che ne capisca due, quella canina e quella umana. Fidati di me, perché tu sei la mia unica ragione di vita. Non restare arrabbiato con me a lungo: tu hai il tuo lavoro, i tuoi amici, i tuoi divertimenti, ma io ho soltanto te. Parla con me: anche se io non capisco le tue parole mi piace ascoltarti e riconoscerei la tua voce tra mille. Sappi che, comunque mi tratti, ti perdonerò sempre, ma non potrò mai dimenticare, e quel che mi fai mi segnerà per sempre. Prima di picchiarmi ricordati: io potrei difendermi, ma non sceglierò mai di morderti. Prima di sgridarmi perchè sono testardo, stanco o svogliato, chiediti se c'è qualcosa che non va... forse il cibo che mi dai non mi fa bene, oppure sono rimasto per troppo tempo sotto il sole o il mio cuore si sta indebolendo o sta invecchiando. Per favore prenditi cura di me quando sarò vecchio, anche tu invecchierai e avrai bisogno di qualcuno che si prenda cura di te e che non ti abbandoni. Quando arriverà il giorno del mio ultimo viaggio, per favore, resta accanto a me. Non dire che non puoi sopportare di vedermi morire, non lasciare che io affronti quel terribile momento da solo. Se sarai al mio fianco sarà più facile per me lasciarti, perchè saprò che mi vuoi bene e che stai facendo quello che è più giusto per me.
Tango bond, l’Argentina non pagherà la rata del debito di..
fine giugno. Buenos Aires gela le speranze dei creditori e torna ad agitare lo spettro di una nuova bancarotta. Il ministero dell’Economia ha infatti avvertito che il 30 giugno il Paese non sarà in grado di pagare quanto dovuto ai possessori di bond che hanno accettato il concambio, cioè la ristrutturazione del debito dopo il default del 2001-2002. Tutto nasce dalla sentenza della Corte suprema Usa che ha imposto alla Casa Rosada di rimborsare 1,33 miliardi di dollari ai fondi speculativi titolari di bond e non firmatari degli accordi sul concambio. L’Argentina, hanno stabilito le toghe Usa, non potrà pagare le cedole sui titoli ristrutturati a meno che non paghi simultaneamente anche la totalità di quanto richiesto dagli hedge fund. Cosa che, secondo il governo, comporterebbe un esborso complessivo di 15 miliardi di dollari.
Dopo la dura reazione a caldo della presidenta Cristina Kirchner, mercoledì gli avvocati del governo avevano aperto alla possibilità di una trattativa con gli hedge fund. Ma a poche ore di distanza, giovedì mattina, è arrivata una nuova doccia gelata sotto forma di una nota del ministero da Alex Kicillof. Secondo la quale il governo non rispetterà la scadenza di fine mese nei confronti degli investitori che hanno in portafoglio bond con scadenza 2033 denominati in dollari, euro e yen. (Non sarà pagata la cedola di interesse per coloro che hanno accettato l'ultima offerta argentina del 2010).
Gli analisti di JpMorgan gettano acqua sul fuoco, scrivendo in un report sul Paese che la minaccia di default potrebbe essere una mera tattica negoziale. Messa in campo con l’obiettivo di ritardare il rispetto della sentenza o mettere i fondi hedge che non hanno accettato il concambio in una posizione più debole. Ma la situazione rimane incandescente. Tanto più che l’hedge fund Elliott Management, uno dei creditori “dissidenti”, ha appena chiesto alla giustizia americana di rendere esecutivo l’ordine della Corte permettendogli di rifarsi sulle proprietà che l’Argentina detiene in territorio Usa. In particolare la sua controllata Nml, attraverso la quale era stato intentato il ricorso contro Buenos Aires, punta a ottenere informazioni dalle aziende energetiche americane che hanno legami commerciali con la Yacimientos Petrolíferos Fiscales, compagnia statale del petrolio e del gas.
Intanto alzano la voce anche i 50mila italiani possessori di bond argentini che sono impegnati in questi giorni nella fase finale di un arbitrato davanti al tribunale della Banca Mondiale. La Task Force Argentina (Tfa), costituita nel 2002 da otto banche italiane per rappresentare i creditori nelle sedi di negoziazione, ha chiesto al Paese di avviare trattative e cercare un accordo con tutti i creditori, inclusi gli italiani. “L’Argentina è ora chiamata a far fronte alle sue responsabilità. Se non lo facesse si troverebbe a far fronte a un default tecnico e a difficoltà nell’accedere al mercato dei capitali”, si legge nel comunicato della Tfa. Secondo il quale, comunque, la decisione della Corte Suprema americana lascia inalterati i diritti dei titolari di bond italiani.
L'albero e il bambino. (Bellissimo racconto che fa riflettere.)
C'era una volta un albero che amava un bambino. Il bambino veniva a visitarlo tutti i giorni.
Raccoglieva le sue foglie con le quali intrecciava delle corone per giocare al re della foresta. Si arrampicava sul suo tronco e dondolava attaccato al suoi rami. Mangiava i suoi frutti e poi, insieme, giocavano a nascondino. Quando era stanco, il bambino si addormentava all'ombra dell'albero, mentre le fronde gli cantavano la ninna nanna.
Il bambino amava l'albero con tutto il suo piccolo cuore.
E l'albero era felice.
Ma il tempo passò e il bambino crebbe.
Ora che il bambino era grande, l'albero rimaneva spesso solo. Un giorno il bambino venne a vedere l'albero e l'albero gli disse: "Avvicinati, bambino mio, arrampicati sul mio tronco e fai l'altalena con i miei rami, mangia i miei frutti, gioca alla mia ombra e sii felice".
"Sono troppo grande ormai per arrampicarmi sugli alberi e per giocare", disse il bambino. "Io voglio comprarmi delle cose e divertirmi. Voglio dei soldi. Puoi darmi dei soldi?".
"Mi dispiace", rispose l'albero "ma io non ho dei soldi. Ho solo foglie e frutti. Prendi i miei frutti, bambino mio, e va' a venderli in città. Così avrai dei soldi e sarai felice".
Allora il bambino si arrampicò sull'albero, raccolse tutti i frutti e li porto via.
E l'albero fu felice.
Ma il bambino rimase molto tempo senza ritornare... E l'albero divenne triste. Poi un giorno il bambino tornò; l'albero tremò di gioia e disse: "Avvicinati, bambino mio, arrampicati sul mio tronco e fai l'altalena con i miei rami e sii felice".
"Ho troppo da fare e non ho tempo di arrampicarmi sugli alberi", rispose il bambino. "Voglio una casa che mi ripari", continuò. "Voglio una moglie e voglio dei bambini, ho dunque bisogno di una casa. Puoi danni una casa?". "Io non ho una casa", disse l'albero. "La mia casa è il bosco, ma tu puoi tagliare i miei rami e costruirti una casa. Allora sarai felice".
Il bambino tagliò tutti i rami e li portò via per costruirsi una casa. E l'albero fu felice.
Per molto tempo il bambino non venne. Quando ritornò, l'albero era così felice che riusciva a malapena a parlare.
"Avvicinati, bambino mio", mormorò "vieni a giocare".
"Sono troppo vecchio e troppo triste per giocare", disse il bambino. "Voglio una barca per fuggire lontano di qui. Tu puoi darmi una barca?".
"Taglia il mio tronco e fatti una barca", disse l'albero. "Così potrai andartene ed essere felice".
Allora il bambino tagliò il tronco e si fece una barca per fuggire. E l'albero fu felice... ma non del tutto.
Molto molto tempo dopo, il bambino tornò ancora.
"Mi dispiace, bambino mio", disse l'albero "ma non resta più niente da donarti... Non ho più frutti".
"I miei denti sono troppo deboli per dei frutti", disse il bambino. "Non ho più rami", continuò l'albero "non puoi più dondolarti".
"Sono troppo vecchio per dondolarmi ai rami", disse il bambino.
"Non ho più il tronco", disse l'albero. "Non puoi più arrampicarti". "Sono troppo stanco per arrampicarmi", disse il bambino.
"Sono desolato", sospirò l'albero. "Vorrei tanto donarti qualcosa... ma non ho più niente. Sono solo un vecchio ceppo. Mi rincresce tanto...".
"Non ho più bisogno di molto, ormai", disse il bambino. "Solo un posticino tranquillo per sedermi e riposarmi. Mi sento molto stanco".
"Ebbene", disse l'albero, raddrizzandosi quanto poteva "ebbene, un vecchio ceppo è quel che ci vuole per sedersi e riposarsi. Avvicinati, bambino mio, siediti. Siediti e riposati".
Così fece il bambino.
E così l'albero fu felice."
Forse ogni tanto dovremmo sederci in un angolo tranquillo e aiutare il nostro cuore a ringraziare tutti gli "alberi" della nostra vita.
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