Le storie più belle
STORIE DIVERTENTI
Il pirla e la tecnologia moderna. (Barzelletta)
Un tizio non molto sveglio è alla stazione in attesa del treno per domodossola. Non sapendo cosa fare visto che il treno ha un ritardo di mezz'ora per ingannare il tempo decide di salire su una bilancia parlante e pesarsi..
Dopo aver inserito la moneta, la bilancia dice: "sei alto un metro e settanta , pesi 65 kg e stai aspettando il treno per domodossola".
Lui: "Minchia, ma come fa a saperlo?". Ci mette un'altra moneta e la bilancia ripete: "sei alto un metro e settanta, pesi 65 kg e stai aspettando il treno per domodossola." Allora va a cambiare soldi con monete e riprova ancora sperando che la bilancia dia un responso diverso. Inserita nuovamente l'ennesima moneta la bilancia: "sei alto un metro e settanta, pesi 65 kg e a forza di fare il pirla hai perso il treno per domodossola."
Una mamma racconta.. (Leggetela è molto bella e vera.)
Ciao a tutti, preferirei rimanere nell’anonimato, ma mi piacerebbe raccontarvi la mia storia.
Probabilmente lo troverete insolito, dato che sono una mamma, ma voglio raccontare il legame che è nato tra un papà e i suoi figli.
Sono diventata mamma a 20 anni e per tanto tempo ho pensato che quel che potessi provare io per mio figlio fosse qualcosa che nessun altro avrebbe mai potuto provare, specie vedendo il distacco che c’era tra mio figlio e suo padre. Per quanto io potessi provare a renderlo partecipe nella vita di suo figlio, nulla riusciva ad unire quel fagottino a quell’uomo che provava solo tanto fastidio, quasi ribrezzo!
Così ci siamo ritrovati soli io e il mio bambino, “due piccoli nel mondo dei grandi” mi dicevo sempre io.
Avevo perso fiducia negli uomini e non volevo che qualcuno sostituisse la figura di quel padre, seppur sbagliato (io ho un padre magnifico ed è per questo che tutto mi sembrava così assurdo). Eravamo sempre noi due soli a fare tutto, cucinavamo, guadavamo i cartoni e andavamo alle giostre.
Finché un giorno, all’improvviso, nella nostra vita è entrato lui, il mio compagno.
Avere a che fare con un bimbo di 3 anni che non sia tuo figlio, non è semplice, eppure tra loro è stato amore a prima vista.
Ricordo ancora la prima volta che venne a casa, era elegantissimo, perché eravamo andati a casa dei miei genitori per fare le presentazioni. Dopo essere stati a casa dei miei, volle venire a casa assieme a noi. Per la prima volta eravamo soli tutti e tre, io avevo tanta paura, perché era il primo uomo ad aver oltrepassato quella soglia dopo suo padre. Una volta lì, si tolse le scarpe, spostò il divano e cominciò a giocare con mio figlio in giro per casa e alla fine, esausti, li ritrovai seduti a terra a guardare i cartoni. E così fece anche le volte successive, entrava, giocava con lui tutta la serata e poi andava via, finché un giorno mentre stava andando via, mio figlio lo fermò dicendogli: “Perché te ne vai? Rimani a dormire con noi, perché io lo so che se vai via non torni piu!” Così per la prima volta rimase a dormire lì, sdraiandosi sul divano. Io e il piccolo eravamo nel lettone, quando ad un certo punto mio figlio si alzò, andò verso il divano, lo guardò e sorridendo disse:”Vieni a dormire con me e mamma,noi siamo una famiglia!”.
Da allora sono passati tre anni e adesso viviamo tutti insieme.
Il mio compagno mi ha insegnato una cosa importante, che per essere padre non basta avere un figlio, ma bisogna crescerlo.
Mio figlio non ha mai voluto vedere il padre per sua scelta, pur non avendogli mai parlato male di lui.
Ora abbiamo un altro bimbo, siamo in 4! Mio figlio in ogni momento importante o nei momenti di sconforto, che sia una recita, una partita di calcio o una febbre, cerca sempre quell’ uomo, che considera il suo papà, ringraziandolo sempre di avergli dato una famiglia ed un fratellino!
Credetemi, dovreste vederli per capire quanto amore c’è in ogni loro singolo gesto!
Probabilmente lo troverete insolito, dato che sono una mamma, ma voglio raccontare il legame che è nato tra un papà e i suoi figli.
Sono diventata mamma a 20 anni e per tanto tempo ho pensato che quel che potessi provare io per mio figlio fosse qualcosa che nessun altro avrebbe mai potuto provare, specie vedendo il distacco che c’era tra mio figlio e suo padre. Per quanto io potessi provare a renderlo partecipe nella vita di suo figlio, nulla riusciva ad unire quel fagottino a quell’uomo che provava solo tanto fastidio, quasi ribrezzo!
Così ci siamo ritrovati soli io e il mio bambino, “due piccoli nel mondo dei grandi” mi dicevo sempre io.
Avevo perso fiducia negli uomini e non volevo che qualcuno sostituisse la figura di quel padre, seppur sbagliato (io ho un padre magnifico ed è per questo che tutto mi sembrava così assurdo). Eravamo sempre noi due soli a fare tutto, cucinavamo, guadavamo i cartoni e andavamo alle giostre.
Finché un giorno, all’improvviso, nella nostra vita è entrato lui, il mio compagno.
Avere a che fare con un bimbo di 3 anni che non sia tuo figlio, non è semplice, eppure tra loro è stato amore a prima vista.
Ricordo ancora la prima volta che venne a casa, era elegantissimo, perché eravamo andati a casa dei miei genitori per fare le presentazioni. Dopo essere stati a casa dei miei, volle venire a casa assieme a noi. Per la prima volta eravamo soli tutti e tre, io avevo tanta paura, perché era il primo uomo ad aver oltrepassato quella soglia dopo suo padre. Una volta lì, si tolse le scarpe, spostò il divano e cominciò a giocare con mio figlio in giro per casa e alla fine, esausti, li ritrovai seduti a terra a guardare i cartoni. E così fece anche le volte successive, entrava, giocava con lui tutta la serata e poi andava via, finché un giorno mentre stava andando via, mio figlio lo fermò dicendogli: “Perché te ne vai? Rimani a dormire con noi, perché io lo so che se vai via non torni piu!” Così per la prima volta rimase a dormire lì, sdraiandosi sul divano. Io e il piccolo eravamo nel lettone, quando ad un certo punto mio figlio si alzò, andò verso il divano, lo guardò e sorridendo disse:”Vieni a dormire con me e mamma,noi siamo una famiglia!”.
Da allora sono passati tre anni e adesso viviamo tutti insieme.
Il mio compagno mi ha insegnato una cosa importante, che per essere padre non basta avere un figlio, ma bisogna crescerlo.
Mio figlio non ha mai voluto vedere il padre per sua scelta, pur non avendogli mai parlato male di lui.
Ora abbiamo un altro bimbo, siamo in 4! Mio figlio in ogni momento importante o nei momenti di sconforto, che sia una recita, una partita di calcio o una febbre, cerca sempre quell’ uomo, che considera il suo papà, ringraziandolo sempre di avergli dato una famiglia ed un fratellino!
Credetemi, dovreste vederli per capire quanto amore c’è in ogni loro singolo gesto!
Dedicata a me... (Stupenda da leggere)
Questa lettera la dedico a me che ogni mattina mi rimbocco le maniche e affronto mille difficoltà con il sorriso sulla bocca anche se poi dentro di me avrei solo voglia di fermarmi e piangere.. Io che sono una persona semplice che conosce la parola SACRIFICI perchè non ho mai avuto molto dalla vita, anzi molte volte ho dovuto solo dare.. A me che nella vita ho sempre dovuto contare solo sulle mie forze, e che molte volte sono arrivata sul punto di mollare tutto, perchè sentivo che la mia vita non andava come volevo.. A me che quando amo lo faccio incondizionatamente e con tutta me stessa.. e che sistematicamente non vengo ricambiata, ma ogni volta trovo sempre la forza di ricominciare più ingenua di prima perchè credo nell'amore, quello vero, quello che ti porta al settimo cielo ma che ti trascina nell'inferno il più delle volte. La dedico a me che anche se ho sofferto tanto nella vita, e sono arrivata diverse volte al punto di dire basta ho sempre trovato la forza per ricominciare ad andare avanti, e che ora sento di avere una forza nuova dentro di me che mi sprona ad essere una persona migliore e sempre me stessa. Nonostante tutto.. nonostante tutti... Continuo ad andare avanti.
Il 15 febbraio: XIV Giornata Mondiale contro il Cancro Infantile. Ogni..
Il 15 febbraio si celebra la XIV Giornata Mondiale contro il Cancro Infantile (International Childhood Cancer Day, ICCD). L’iniziativa è stata ideata da Childhood Cancer International - CCI, rete mondiale di 181 associazioni locali e nazionali, guidate da genitori, provenienti da 90 paesi e 5 continenti per aumentare la consapevolezza e l'informazione sul cancro nell'infanzia e per esprimere sostegno ai bambini e gli adolescenti colpiti da patologie così gravi e alle loro famiglie.
Quanti bambini si ammalano in Italia
Ogni anno in Italia circa 1380 bambini e 780 adolescenti si ammalano di tumore, pari a 164 casi per milione di bambini e 269 casi per milione di adolescenti. Questi tassi d’incidenza sono ancora relativamente elevati, se paragonati a quelli registrati negli Stati Uniti e nei paesi dell’Europa settentrionale (Pritchard-Jones et al., 2006; Kaatsch, 2010).
Un dato incoraggiante è che l’aumento dell’incidenza dei tumori infantili registrato in Italia fino alla seconda metà degli anni ’90 si è arrestato. Nell’ultimo decennio l’andamento dell’incidenza di tutti i tumori maligni nei bambini (età 0-14 anni) è stazionario. Negli adolescenti (età 15-19 anni), al contrario, l’incidenza di tutti i tumori maligni è aumentata in media del 2% l’anno: soprattutto nelle femmine (+2%), per lo più linfomi di Hodgkin, mentre in entrambi i sessi si registra un aumento dei tumori della tiroide (+8%) (Pession, Rondelli, 2013).
Il numero dei guariti è in continuo aumento
Grazie alla ricerca biologica e clinica e all’uso di protocolli cooperativi nazionali ed internazionali sempre più efficaci, la probabilità di guarigione in oncoematologia pediatrica che negli anni ’70 era inferiore al 40% supera attualmente l’80%.
Purtroppo occorre sottolineare che, mentre in alcune patologie la sopravvivenza supera il 90% dei casi, in altre i risultati sono molto inferiori: su queste occorre intensificare l'impegno e la ricerca scientifica.
Le iniziative per la Giornata Mondiale 2016
La Giornata Mondiale contro il cancro infantile è un’importante occasione per riaffermare l’impegno dei genitori italiani nella lotta contro i tumori infantili, nello sviluppo della cultura della prevenzione e della tutela dei diritti del bambino e dell’adolescente colpito da questa malattia.
Oltre al convegno, nella terza settimana di febbraio sono in programma altre iniziative sul territorio nazionale:
il 15 febbraio alle 11.00 in numerose città in Italia, si svolge un’attività simbolica grazie al coinvolgimento di ogni associazione territoriale FIAGOP: un lancio di palloncini contemporaneo per tutti, da ospedali, scuole, piazze in Italia volto a simboleggiare l’unione e il lancio della speranza verso l’alto. Tra le città coinvolte: Bari, Bellizzi (SA), Bologna, Cagliari, Catania, Cologno Monzese, Cosenza, Genova, Lecce, Meda (MB), Modena, Monza, Napoli, Palermo, Parma, Pavia, Pescara, Pisa, Rimini, Riano (RM) Rieti, Roma, S. Agata di Militello (ME), Udine, Varese, Verona.
Il 20 febbraio almeno 1.000 persone tra bambini e ragazzi malati di tumori e leucemie, accompagnati dalle loro famiglie e da volontari, saranno ricevuti in udienza da Papa Francesco.
A livello internazionale, FIAGOP aderisce alla campagna child4child, un’iniziativa promossa da CCI che invita tutti i bambini e ragazzi del mondo a unire le proprie voci a sostegno dei piccoli ammalati di cancro. Con la canzone "We are one" si vuole rendere omaggio a tutti i bambini e in particolare a quelli impegnati nella coraggiosa lotta contro il cancro.
La canzone è stata scritta da Christophe Beck, il compositore conosciuto per aver scritto Frozen, colona sonora del famosissimo film della Disney. Un super gruppo di giovanissimi cantanti la intona sul sito www.child4child.com. Tutti i bambini e ragazzi del mondo sono invitati a partecipare: sul sito possono cantare, registrare il ritornello e postarlo seguendo le facili indicazioni; il risultato finale sarà pubblicato il 15 febbraio 2016.
A volte piango perché sono stanca di essere forte... (Leggetela è bellissima)
Concediamoci ogni tanto questa licenza per sfogarci e per recuperare il contatto con noi stessi. Non vuol dire essere deboli, ma capire i nostri limiti e le nostre capacità.
A volte siamo esausti, abbiamo raggiunto il limite delle nostre forze e abbiamo bisogno di lasciarci andare. Piangere non significa arrendersi e tanto meno è un segno di debolezza.
A volte non abbiamo altra scelta che ricorrere a questo sfogo perché siamo stanchi. Stanchi di essere forti. Perché la vita ci sta chiedendo troppo e le persone intorno a noi non sempre vedono tutto quello che stiamo facendo senza chiedere niente in cambio.
Non portate il peso del mondo sulle vostre spalle. Caricate solo ciò che è davvero essenziale per voi e non dimenticate mai che il vostro cuore ha bisogno di uno spazio privilegiato per voi stessi. E se avete bisogno di piangere, fatelo, perché anche i forti se lo possono permettere.
Non possiamo essere sempre fortiForse anche voi siete stati educati all’idea che le lacrime devono essere “trattenute”, che la vita è difficile per tutti e piangere non serve a niente. Questa idea, a lungo andare, può essere dannosa a livello emotivo.
Spesso reprimiamo il pianto cercando di nascondere quello che proviamo e lasciando credere, sotto false apparenze, che tutto vada bene.Sforzarsi di sembrare “normali”, nascondere sentimenti e problemi, finirà non solo per tacere le vostre emozioni di fronte agli altri, ma anche a voi stessi.Le emozioni soffocate sono problemi non affrontati. Un problema non gestito è un’emozione che finisce per essere somatizzata sotto forma di mal di testa, stanchezza, tensione muscolare, nausea e problemi digestivi.Vi consigliamo di leggere: Ecco come le nostre emozioni causano il mal di schienaNon si può essere sempre forti, così come non si può nascondere disagio o tristezza per tutta la vita. Non è sano né igienico. È importante concedersi qualche istante di sfogo in cui le lacrime agiscono come autentico anti stress.
Piangere è una cura.Le lacrime sono uno sfogo, rappresentano il primo passo verso il cambiamento. Piangere significa accettare le nostre emozioni e liberarle.Dopo il pianto, arriva la calma, ci sentiamo più rilassati, più capaci di vedere la realtà e di prendere decisioni.donna-gabbia-500×410
La necessità di essere forti quando la vita ci chiede troppoSolo voi conoscete gli sforzi che vi hanno portati dove siete e se avete dovuto rinunciare a qualcosa per le persone che amate.
Tutto questo lo avete fatto come libera scelta, perché lo volevate, perché era giusto farlo; ma arriva sempre un momento in cui sembra che la vita, e ancora di più le persone che ci stanno intorno, non ci trattino con lo stesso riguardo.
Dobbiamo essere forti di fronte ad una società che non aiuta in ambito lavorativo o sociale. Mostrare forza di fronte ad una famiglia che non sempre è facile da tenere unita, genitori, fratelli o fidanzati che spesso non tengono conto delle nostre esigenze.E arrivano quei giorni in cui non ne potete più di essere forti, di farvi carico di tutto. Piangere diventa una necessità.
È importante stabilire un limite, far sì che la vita ci chieda solo quello che possiamo offrirleNessuno è in grado di dare più di quello che ha. È impossibile portare allegria e felicità in famiglia se in cambio non vi ripagano con lo stesso affetto.
La soluzione sta nell’equilibrio che ci serve per essere forti, per adempiere ai nostri impegni e per raggiungere gli obiettivi che ci siamo posti tenendo conto delle difficoltà.
Essere forti vuol dire, per prima cosa, stare bene con noi stessi. Coltivate la vostra crescita personale, ritagliate momenti solo per voi stessi, godete dei vostri affetti. Amate tutte le persone che vi stanno vicino e, soprattutto, voi stessi.Il più forte è chi sa amare e allo stesso tempo, amarsi. Non è un discorso diegoismo.Essere forti significa anche liberarci dai pesi che intralciano la nostra crescita, che attentano al nostro benessere e che ci fanno soffrire. Si sa, spesso fa male, ma è necessario smettere di dare priorità a chi non ci considera.
Essere forti implica permettersi di essere “debole” di tanto in tanto. Che cosa vuol dire?
Avete tutto il diritto di dire che non ce la fate a reggere qualcosa, che una situazione è superiore alle vostre forze e che non potete assumere più responsabilità di quelle che già avete.Avete il diritto di dire che non ce la fate più, che avete bisogno di riposo.Avete diritto a ricevere rispetto, affetto e gratitudine. Chi ha bisogno di voi deve capire che anche voi avete bisogno di loro.E, naturalmente, avete tutto il diritto ad un momento di sfogo, di intimità, per passeggiare e pensare a voi stessi, piangere, dare ascolto ai vostri pensieri ed emozioni, prendere decisioni e andare avanti.
Perché la vita alla fine è questo. Percorrere la nostra strada rimanendo in equilibrio e cercando di stare bene dentro. (Posted by beppe tardito on 13/02/2016)
La cosa più bella del mondo.. (leggetela)
Un celebre pittore, che aveva realizzato vari lavori di grande bellezza, si convinse che ancora gli mancava di dipingere la sua opera prima.
Si incamminò alla ricerca di un’ispirazione o di un modello, e un giorno, in una strada polverosa, incontrò un anziano sacerdote che gli chiese dove era diretto. “Non so”, rispose il pittore. “Voglio dipingere la cosa più bella del mondo. Forse lei può indicarmi dove posso trovarla.” “È molto semplice” disse il sacerdote.
“In qualsiasi chiesa o nella fede puoi trovare quello che cerchi. La fede è la più bella cosa del mondo.” Il pittore prosegui il suo viaggio e incontrò una giovane sposa. Le domandò se sapeva quale fosse la cosa più bella del mondo. “L’amore” rispose la donna.
“L’ amore fa diventare ricchi i poveri, cura le ferite, fa diventare molto il poco. Senza amore, non c’è bellezza.” Il pittore continuò ancora la sua ricerca. Un soldato esausto incrociò la sua strada, e quando il pittore gli pose la stessa domanda, rispose: “La Pace è la più bella cosa del mondo. La guerra è la cosa più brutta. Dove si trova la pace, è sicuro che si troverà anche la bellezza”.
FEDE, AMORE E PACE.
Come potrei dipingerle? Pensò tristemente l’artista. Scuotendo la testa scoraggiato, riprese la direzione di casa. Entrando nella sua casa, vide la cosa più bella del mondo:Negli occhi dei figli c’era la FEDE, L’ AMORE brillava nel sorriso della sua sposa. E qui, nel suo focolare, c’era la PACE di cui gli aveva parlato il soldato. Il pittore realizzò così il quadro “LA COSA PIÙ BELLA DEL MONDO”.
E, una volta terminato, lo chiamò “LA MIA CASA“.
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