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STORIE DIVERTENTI
Gli immigrati arrivano e restano in italia, ecco la verità...
Come sovente succede nel nostro Paese, il dibattito su quella che potremmo definire ormai la vera e propria “emergenza strutturale” rappresentata dal flusso imponente e costante di migranti e rifugiati non riesce a liberarsi tanto dalla furia polemica quanto dal maquillage rassicurante. Da un lato c’è chi grida all’invasione di fronte a numeri che, finora e in assoluto, non giustificano un simile allarmismo. Dall’altro c’è chi prova a sminuire il fenomeno, sottolineando come gli arrivi dal Mediterraneo siano diminuiti rispetto allo scorso anno, senza però segnalare che ciò è dovuto quasi esclusivamente alla chiusura della rotta greca (che rappresentava la prima tappa di quella balcanica). La verità è che da quello cui abbiamo assistito in queste settimane, non appare azzardato prevedere che il flusso di arrivi nel nostro Paese potrebbe attestarsi su un numero superiore rispetto allo scorso anno.
Quello che è sicuramente cambiato però tra il 2015 e il 2016 è il panorama circostante l’Italia. In particolare, quella politica di “benevola indulgenza” spesso attuata dalle nostre autorità nei confronti degli ospiti che lasciavano lo Stivale in cerca di altri lidi europei più ricchi di opportunità occupazionali è oggi impraticabile. Da quando la signora Merkel, lo scorso anno, promise «asilo a tutti i siriani» è cominciata parallelamente il ripristino effettivo dei confini interni all’Unione sulla rotta balcanica il cui coronamento è stato raggiunto con l’accordo con la Turchia di Erdogan affinché arrestasse il flusso dei profughi diretti a Berlino. Come dire, “alta politica” e “bassa cucina” in salsa tedesca.
Con il contributo finanziario di tutti i Paesi membri della Ue, Berlino ha così ripristinato il suo modello: è vero che ha stanziato oltre 93 miliardi di euro in cinque anni per accogliere fino a due milioni di profughi nei prossimi due anni (come hanno recentemente reso noto Der Spiegel e Panorama), ma saranno accettati solo quelli che presenteranno regolare domanda alle autorità tedesche attraverso quelle turche. E così l’annoso (e specioso) distinguo tra profughi e migranti economici è risolto: a danno dei secondi, certamente, ma anche a danno dell’Italia che è target prioritario proprio di questi ultimi e che ne rimane il solo approdo mediterraneo possibile.
La collaborazione dei “muratori” mitteleuropei si è rivelata necessaria e funzionale al progetto tedesco di riordino: tant’è vero che oggi sia i campi tedeschi che quelli austriaci sono sostanzialmente vuoti. Mentre non altrettanto può dirsi per l’Italia. Il nostro Paese ha lungamente nicchiato alle richieste europee di realizzare un numero di hotspot sufficienti per accogliere le persone salvate da morte certa nel Mediterraneo dalle navi della Marina Militare. Poi ha introdotto un meccanismo di dispersione sul territorio dei nuovi arrivati (si parla ora di 70 per provincia), che ha comportato il ricorso all’accordo con i privati, sviluppando un nuovo “business umanitario”, che sta facendo proliferare un settore di economia assistita di nuova generazione.
Se le nostre strutture erano già affaticate da permanenze di breve periodo, possiamo solo immaginarci che cosa potrebbe accadere di fronte alla prospettiva di una trasformazione delle presenze da temporanee a stabili. Il piano dei famosi ricollocamenti, adottato e ribadito a più riprese nel corso dello scorso anno, langue come un bradipo in letargo. A fronte dei 36.900 previsti per la sola Italia ne sono stati realizzati 674. Nel frattempo, mentre la timida riforma del Trattato di Dublino si è persa per strada, stiamo assistendo a una deroga sostanziale al diritto del mare. Tutte le navi che raccolgono migranti in mare, a prescindere dalla bandiera che battono e dalla missione in cui sono impegnate (EunavforMed, Frontex), li sbarcano infatti nei porti italiani, essendo questa la condizione imposta per la loro partecipazione.
Il governo Renzi ha presentato il suo “migration compact”, il quale, grazie a sostanziosi aiuti economici ai Paesi di partenza, vorrebbe bloccare alla fonte almeno il flusso dei migranti economici, finanziando lo sforzo anche attraverso degli Eurobonds. Ma nulla lascia prevedere che il suo iter sarà celere o che i tedeschi cessino di vederlo come un cavallo di Troia per far crollare il fortino del rigore finanziario teutonico. Anche qualora dovesse passare, però, i suoi effetti potrebbero prodursi non prima di una decina d’anni. Il problema nei flussi migratori è infatti sempre quello di transitare dal breve periodo al lungo. È verosimile che nel lungo periodo l’immigrazione costituisca un asset anche economicamente positivo per i Paesi ospitanti (si pensi a quanta ricchezza producono i 5 milioni di lavoratori stranieri in Italia): ma nel breve periodo essa rappresenta un costo, come attestano gli studi della World Bank che calcolano in un punto percentuale di Pil in meno l’impatto dei profughi siriani su Turchia, Libano e Giordania. Certo è che se il governo non aumenterà le sue pressioni sulla Ue e sui partner comunitari volte a far considerare la Libia altrettanto strategica della Turchia per la sicurezza dell’intera Europa, l’Italia rischia di far la fine della Grecia, ma in maniera permanente. (Fonte: Il Sole 24ORE)
Le proprietà della birra, bere birra fa bene o no?.. Ecco la verità...
Un nuovo studio americano afferma che la birra preserva il colesterolo buono e aiuta il cuore con grandi benefici per la salute.
La birra fa bene o male alla salute? Questa è una domanda da sempre oggetto di forti discussioni tra coloro che amano e coloro che non amano questa bevanda, ma numerose ricerche hanno esaminato l'argomento in tutte le sue sfumature. Ora, un nuovo studio americano condotto in Cina e presentato alle American Heart Association's Scientific Sessions 2016, dimostra che una birra piccola a giorno preserva il colesterolo “buono” (Hdl) e previene problemi cardiovascolari anche gravi.
Birra: attenzione a non abusarne.
Naturalmente, sappiamo tutti che l’abuso di alcol e il suo consumo, anche moderato, non è raccomandato per le donne in gravidanza o in allattamento, adolescenti e le persone a rischio (vulnerabilità alla dipendenza , malattie croniche, farmaci ...). Inoltre è fortemente sconsigliato bere birra per coloro che soffrono di gotta in quanto produce acido urico (che si cristallizza nelle articolazioni causando infiammazione e dolore). L'alcol influisce anche sulla memoria e sulla concentrazione, tra gli altri misfatti. Detto questo, la maggior parte degli studi in materia hanno concluso che bere moderatamente birra non è dannoso per salute. Piuttosto, un consumo oculato ha più vantaggi che svantaggi.
Le proprietà della birra.
I componenti principali della birra sono malto (orzo germinato), acqua, luppolo e lievito. È quindi un prodotto naturale senza conservanti, sale o grassi. La birra contiene molte vitamine e minerali (tra cui magnesio, silicio e potassio). Vista in questo modo, è una bevanda particolarmente salutare. Di tutte le bevande alcoliche, la birra classica è la meno calorica, con 40-60 kcal per 100 g (circa 10 cl), a seconda del contenuto di alcool. Per confronto, il vino rosso contiene in media 80 kcal per la stessa quantità, ma un bicchiere di vino è ovviamente più piccolo di un bicchiere di birra. Infine, è una buona fonte di antiossidanti grazie a luppolo e malto. #birra fa bene al colesterolo #proprietà della birra #birra fa bene alla salute
Le sue virtù
Orzo: fornisce vitamina B e fibre solubili che favoriscono il transito intestinale, riducono i livelli di colesterolo e il rischio di malattie cardiovascolari.
Il lievito: fornisce vitamine B, soprattutto B1, B6 e B9 (acido folico), che contribuiscono a mantenere un bassi i livelli di omocisteina nel sangue riducendo il rischio di malattie cardiovascolari (omocisteina è una sostanza pro-infiammatoria sospetta nell’aterosclerosi). La vitamina B promuove anche la salute della pelle e dei capelli. Infine, lievito di birra è una buona fonte di vitamina B12.
Luppolo: contiene luppolina, una sostanza di colore giallo con proprietà lenitive, che aiuta a combattere contro lo stress e la depressione. Il luppolo ha proprietà anti-infiammatorie e presenta, secondo gli scienziati cinesi, alcuni interessanti effetti contro il morbo di Alzheimer e di Parkinson.
Per quanto riguarda i minerali , la combinazione di un elevato contenuto di magnesio e un basso tasso il calcio è molto utile per il cuore e le arterie e aiuta a combattere contro i calcoli biliari e anche renali. La combinazione di un alto contenuto di potassio e basso contenuto di calcio, a sua volta, è utile contro l'ipertensione.
L’alcool fluidifica il sangue e agisce preventivamente contro l'ictus (stroke). L'etanolo ha un effetto positivo sul metabolismo del colesterolo e aumenta il colesterolo "buono" (HDL), degradando il colesterolo "cattivo" (LDL).
Per Natale fai un regalo ai tuoi genitori...
Il postino suonò due volte. Mancavano dieci giorni a Natale. Aveva fra le braccia un grosso pacco avvolto in carta preziosamente disegnata e legato con nastri dorati.
«Avanti», disse una voce dall'interno.
Il postino entrò. Era una casa malandata: si trovò in una stanza piena d'ombre e di polvere. Seduto in una poltrona c'era un vecchio.
«Guardi che stupendo paccone di Natale!» disse allegramente il postino.
«Grazie. Lo metta pure per terra», disse il vecchio con la voce più triste che mai.
Il postino rimase imbambolato con il grosso pacco in mano. Intuiva benissimo che il pacco era pieno di cose buone e quel vecchio non aveva certo l'aria di passarsela bene. Allora, perché era così triste?
«Ma, signore, non dovrebbe fare un po' di festa a questo magnifico regalo?».
«Non posso... Non ce la faccio proprio», disse il vecchio con le lacrime agli occhi. E raccontò al postino la storia della figlia che si era sposata nella città vicina ed era diventata ricca. Tutti gli anni gli mandava un pacco, per Natale, con un bigliettino: «Da tua figlia Luisa e marito». Mai un augurio personale, una visita, un invito: «Vieni a passare il Natale con noi».
«Venga a vedere», aggiunse il vecchio e si alzò stancamente.
Il postino lo seguì fino ad uno sgabuzzino. Il vecchio aprì la porta.
«Ma...» fece il postino.
Lo sgabuzzino traboccava di pacchetti di regali natalizi. Erano tutti quelli dei Natali precedenti. Intatti, con la loro preziosa carta e i nastri luccicanti.
«Ma non li ha neanche aperti!» esclamò il postino allibito.
«No», disse mestamente il vecchio. «Sono pieni di denaro, ma non c'è amore dentro».
Una mamma racconta... (Leggetela)
Tesoro mio, carne della mia carne, fiato della mia vita; angiolo della tua mamma!
Accarezzo come in un sogno la tua testolina nera e ricciuta, rivedo i tuoi occhi celesti; ricordo la tua vocina cara. Già mi chiamavi "mamma" e mi ridevi con le gengive rosa dove erano le perle dei due dentini nuovi.
Eri la mia gioia, la mia speranza, la mia ambizione. Perché dunque ti uccisero quei cani rabbiosi? Perché non uccisero anche me, con te, quei crudeli?
Seduta sopra una pietra, dinanzi alla casa luminosa, ti cullavo, cantandoti una nenia.
Il sole brillava fra i tuoi riccioli lucidi. Dalle labbruzze fresche usciva il tuo respiro più profumato dell'alito di primavera.
A un tratto udii urlare in fondo alla strada: alzai lo sguardo e vidi una donna fuggire, col proprio figlio stretto al petto. Uno sgherro la inseguiva con la spada sguainata.
Non capii. Non potevo capire. Presa dal terrore mi alzai e corsi in casa. Ti svegliasti piangendo: quel pianto fu la tua, la mia morte. Un soldato entrò dietro di me; ti afferrò per un piede. Urlavo: - lascialo, lascialo; gli fai male!
Alzò la spada... No, non è da dirsi. Fu cosa troppo orribile. La tua gola, la tua gola bianca, delicata... Piangesti: "Mam...". L'ultima sillaba fu un fiotto di sangue che mi bagnò il petto.
Mostri, perché non uccideste anche me? Perché quel sangue non fu il mio?
Amore della mamma, tesoro mio, anima mia! Perché ti uccisero così? Che avevi fatto di male? Tu eri innocente. Erode, il tristo Erode, che aveva saputo della nascita di un bambino divino, fremeva di gelosia e tremava di paura. Temeva, il tiranno, che quel bambino gli togliesse il trono.
Ma attese invano il ritorno dei Magi! Un Angiolo era apparso in sogno a quei sapienti, dicendo: - Partite nascostamente, senza insegnare a Erode dove si trova il Bambino.
Lo stesso Angiolo apparve a Giuseppe: - Alzati - gli disse. - Prendi il Bambino e la madre. Fuggi in Egitto. Erode cerca il Bambino per farlo morire.
E Giuseppe partì. Ma Erode, credendo il Bambino ancora a Betlem, ordinò che fossero uccisi tutti i maschi al di sotto dei due anni.
Oh scellerato! Che m'importa se di lì a pochi mesi i vermi lo ridussero a un mucchio di carne putrefatta? Che m'importa se il suo copro marcì sul trono?
Tu ero morto, sorriso del mondo, e io tenni a lungo il tuo corpicino bianco tra le mie braccia. Volevo cantarti una ninnananna, ma ululavo come una lupa ferita.
Lo so. Ora tu sei in cielo. Gesù ti ha accolto nella sua corte. Hai una veste rossa come il sangue che sgorgò dalla tua gola. Un'aureola d'oro è sopra i tuoi riccioli bruni. Con gli altri bambini uccisi con te, come te, in quello stesso giorno, formi il coro dei Santi innocenti.
Tu sei felice! Ma io piango ancora ricordando la tua orribile morte, tesoro mio, carne della mia carne, fiato della mia vita; angiolo della tua mamma!
Un augurio speciale... (Leggetela)
"Non ti auguro un dono qualsiasi,
ti auguro soltanto quello che i più non hanno.
Ti auguro tempo, per divertirti e per ridere;
se lo impiegherai bene, potrai ricavarne qualcosa.
Ti auguro tempo, per il tuo fare e il tuo pensare, non
solo per te stesso,ma anche per donarlo agli altri.
ti auguro tempo, non per affrettarti a correre,
ma tempo per essere contento.
Ti auguro tempo, non soltanto per trascorrerlo,
ti auguro tempo perché te ne resti:
tempo per stupirti e tempo per fidarti
e non soltanto per guardarlo sull'orologio.
Ti auguro tempo per toccare le stelle
e tempo per crescere, per maturare.
Ti auguro tempo per sperare nuovamente e per amare.
Non ha più senso rimandare.
Ti auguro tempo per trovare te stesso,
per vivere ogni tuo giorno, ogni tua ora come un dono.
Ti auguro tempo anche per perdonare.
Ti auguro di avere tempo,
tempo per la vita".
Il bambino senza scarpe... (Bellissimo racconto)
Era la notte Santa. Un povero calzolaio lavorava ancora nella sua unica stanza, dove viveva insieme alla moglie. Entro la mattina successiva, avrebbe dovuto consegnare un paio di scarpe per il figlio di un ricco signore.
- Hai già pensato a quello che potremo comprarci con il guadagno di questo lavoro? - chiese il calzolaio alla moglie.
- Sono piccole: ci daranno ben poco! - scherzò lei.
- Accontentiamoci! Meglio questo che niente!
Il calzolaio appoggiò le scarpe sul banco e se le guardò soddisfatto.
- Guarda che meraviglia! - esclamò. - E senti come sono calde con questa pelliccetta dentro!
- Un paio di scarpette degne di Gesù Bambino!
- Hai ragione - rispose il calzolaio mettendosi a spazzolarle.
- Allora, che cosa pensi di compare per il pranzo di domani? - riprese l'uomo dopo un attimo.
- Mah... pensavo a un cappone.
- Già, senza un cappone non sarebbe un vero Natale!
- Forse anche mezzo...
- D'accordo, e poi?
- Due fette di prosciutto.
- Sicuro: il prosciutto come antipasto. E poi?
- E poi il dolce.
- E poi la frutta secca...
- Giusto. E da bere?
- Una bottiglia di spumante.
- Sì, una bottiglia basterà, ma che sia buono!
A quel punto si sentì un colpo alla porta.
- Hanno bussato? - chiese l'uomo.
- Ma chi sarà a quest'ora? Forse il cliente...
- No, gliele devo portare io domattina.
- Allora sarà il vento.
Ma il rumore si sentì di nuovo. La donna aprì la porta ed ebbe un moto di sorpresa. Un bambino la guardava, con grandi occhi neri, dalla soglia della porta. I suoi capelli erano tutti spettinati e i suoi vestiti erano laceri e sporchi.
- Entra, piccolo - lo invitò la donna.
Il bambino entrò. Aveva le labbra bluastre dal freddo. Il calzolaio guardò subito i suoi piedini. - Ma tu sei scalzo! - gridò.
Il piccolo non parlò: guardò le scarpe, anzi le accarezzò con gli occhi, ma senza invidia.
L'uomo e la moglie guardarono prima i piedi nudi del bambino e poi le scarpe sul tavolo; quindi la donna fece un cenno al marito. Il calzolaio prese in mano le scarpe, le osservò contento e disse: - Prendile, te le regalo. Sono morbide e calde.
La moglie aiutò il bambino a infilarsele.
- Grazie - rispose sorridendo. - Sono le prime che porto. Ora però devo andare. Buona notte.
Il calzolaio e la moglie non ebbero neanche il tempo di salutarlo che il bambino era già sparito.
- E' fatta - esclamò l'uomo. - Ora niente più prosciutto, né cappone, né frutta, nè dolce.
- E neanche lo spumante! In fondo a me lo spumante non piace nemmeno.
- E io non digerisco il cappone! Anche del prosciutto posso farne a meno. E il dolce poi... C'è rimasta qualche noce e un po' di pane raffermo - disse la donna.
- Va benissimo. Passeremo un bel Natale.
Tutti e due pensavano al bambino. - Penso che gli siano piaciute molto le mie scarpe - aggiunse il calzolaio.
- Sì, mi sembrava molto contento.
In quel momento suonò la Messa di mezzanotte e la stanza si illuminò all'improvviso. Il calzolaio e la moglie furono abbagliati da quella luce; poi, quando riaprirono gli occhi, nel punto in cui il bambino aveva calzato le scarpe, videro spuntare miracolosamente un abete con una stella in cima. Dai rami penzolavano capponi, prosciutti, dolci, frutta secca e bottiglie di spumante.
Soltanto allora capirono chi fosse quel bambino e si inginocchiarono a ringraziare Dio.
“Tutto passa” Tutto passa nella vita... (Bellissima da leggere)
“Tutto passa nella vita” diceva quella tizia.
Passano i pantaloni a zampa di elefante.
Passa la febbre.
Passano i treni, anche due volte, chi ha detto di no?
Passano le amiche, gli amici, i fidanzati.
Anche i mariti; le mogli poi!
Passa la voglia.
Passa il temporale e torna il sereno.
Passa la notte.
Passa il dolore, dopo cent’anni.
Passa il Natale, la Pasqua, …..
Passa la sabbia nella clessidra.
Passa il sangue dentro le vene.
Tutto passa, caro ragazzo.
Ciò che non passerà mai è tuo padre e tua madre.
Quando li amerai e quando li odierai, non passeranno.
Quando li loderai e quando li maledirai, saranno lì.
Due scogli viventi, due salvagenti.
Sbagliati, assurdi, con tanti difetti.
Forse divisi fra loro, lontani, in qualche modo legati da un filo d’acciaio.
Pronti, scattanti, soldati in guardia.
Persiane socchiuse, porte sempre aperte.
Testimoni della tua felicità e della tua infinita tristezza.
Medaglieri nelle tue vittorie e fazzoletti nelle tue sconfitte.
Spesso impotenti, ma mai arresi.
Non c’è moda che detti regole
Non c’è usura che li logori
Non c’è mezzo che li porti via.
Non passeranno, cara ragazza mia.
E se anche fossero dall’altra parte della terra o del cielo
ne sentiresti il profumo:
Profumo d’Amore. (Di: Clara Lorenzini) Posted by Beppe Tardito on 08/11/2016
"Vent'anni fa lavoravo come tassista per mantenermi..." (Bellissima leggetela)
Vent’anni fa, lavoravo come tassista per mantenermi. Una notte, dopo una chiamata, intorno alle 2.30 del mattino, sono arrivato davanti ad un edificio buio, tranne che per una piccolissima luce che si intravedeva in una finestra del piano terra.
In queste circostanze, molti avrebbe suonato il clacson e atteso qualche minuto, e dopo sarebbero andati via. Ma ho visto troppe persone che dipendevano dal taxi perché non avevano un mezzo proprio.
Se non vedevo un pericolo imminente, andavo a citofonare. Così sono andato a bussare alla porta. Rispose una voce fragile che sembrava una voce di anziana: “un momento!”. Poi ho sentito trascinare qualcosa per il pavimento. Dopo una lunga pausa la porta si aprì. Davanti a me si presentò una vecchietta che probabilmente aveva più o meno 80 anni. Indossava un abito molto colorato ed un grande cappello, come una donna dei film degli anni ’40. Accanto a lei aveva una piccola valigia di plastica.
L’appartamento sembrava come se non ci avesse mai vissuto nessuno. Tutti i mobili erano coperti. Non c’era nè un orologio nè un soprammobile. In un angolo c’era un quadro di cartone pieno di foto.
– “Può portare il mio bagaglio in macchina?”, mi chiese la donna.
Ho messo la valigia in macchina e successivamente sono tornato per accompagnare la donna, che mi prese sotto braccio e si incammino con me lentamente verso la macchina. Per tutto il tempo continuò a ringraziarmi con gentilezza.
– “Niente di che”, risposi io. “Cerco di trattare i miei clienti nel migliore dei modi, come vorrei fosse trattata mia madre”
– “Oh, sei un ragazzo così buono!”, disse lei.
Quando sono entrato in macchina, mi ha dato un indirizzo e mi ha chiesto:
– “Potrebbe guidare in centro per favore?”
– “Non è la via più breve” , risposi.
– “Non si preoccupi!”, disse lei. “Non ho fretta, sto andando in un centro per anziani”
La guardai attraverso lo specchietto ed i suoi occhi brillavano.
– “Non ho più nessuno della mia famiglia”, continuo l’anziana. “Il medico mi ha detto che non ho molto tempo”, in silenzio, ho cercato il tassametro e l’ho staccato.
– “Quale tragitto vuole fare?”, ho chiesto.
Per le ore successive guidai per tutta la città e lei mi mostrò l’edificio dove aveva lavorato come operatrice dell’ascensore. Guidai attraverso il quartiere dove lei e suo marito avevano vissuto subito dopo essersi sposati. Sono passato difronte ad un deposito di mobili che un tempo era una sala da balla , che frequentava quando era ragazza. Qualche volta mi chiedeva di fermarmi di fronte ad alcuni edifici e di stare li con lei a contemplarli in silenzio. Con le prime luci dell’alba mi disse:
Con le prime luci dell’alba, improvvisamente mi disse:
– “Sono stanca… Andiamo.”
Ho guidato fino all’indirizzo che mi aveva chiesto. Era un edificio basso, una piccola casetta con un vialetto che passava sotto ad un cancello. Due persone sono uscite ad accoglierci. Erano molto attenti alla donna. Ho aperto il portabagagli ed ho portato la valigia alla porta. La donna era già seduta su una sedia a rotelle.
– “Quanto ti devo?”, mi chiese uscendo il portafoglio.
– “Niente”, risposi
– “Anche tu devi mantenerti!”
– “Non preoccupatevi, ci sono altri passeggeri”, risposi io senza pensarci, mi chinai e le diedi un abbraccio fortissimo.
– “Hai dato ad una vecchia un momento di gioia. Grazie!”, disse lei sorridendomi.
Le strinsi la mano lasciandola nella luce del mattino.
Dietro di me, la porta si chiuse. Un rumore che chiudeva una vita. In quel turno non ho preso nessun altro passeggero. Ho guidato perso tra i miei pensieri e per il resto della giornata, potevo a mala pena parlare.
Che cosa sarebbe successo se quella donna avesse trovato un autista impaziente di finire il suo turno? Cosa sarebbe stato se avessi rifiutato di prendere la chiamata o suonare al citofono?
Guardando indietro penso di non aver fatto niente di più importante in tutta la mia vita. Pensiamo che la nostra vita ruoti attorno ad alcuni grandi momenti, ma spesso questi momenti ci colgono di sorpresa, avvolti in ciò che molti considerano banale.
Questa vita può non essere la festa sperata, ma siamo qui e tutti dobbiamo ballare.
Ogni mattina, quando apro gli occhi, mi ripeto: Oggi è un giorno speciale!
Ricordatevelo sempre: non si può tornare indietro.
Trattate le persone come vorresti essere trattato tu.
Avere un marito/compagno significa avere 7 ore in più di lavoro.. Lo dice la scienza...
È probabile che il titolo di questo articolo abbia infastidito molti dei nostri lettori. Nonostante ciò, avere o non avere un marito NON è una delle cause dirette della quantità di responsabilità domestiche di una donna.
Parliamo, semplicemente, della disuguaglianza di genere che continua ad esistere in molte famiglie, un aspetto al quale si è interessata l’Università del Michigan e che ha deciso di analizzare tramite uno studio.
I risultati sono chiari: al giorno d’oggi, la donna continua ad occuparsi della maggior parte delle faccende domestiche.
Ovviamente, dobbiamo specificare che non si può generalizzare.
Tutti conosciamo famiglie nelle quali sono proprio gli uomini ad occuparsi di quasi tutte le faccende domestiche e, d’altra parte, ci sono anche coppie che hanno stabilito una distribuzione perfetta ed equilibrata di ognuno dei compiti familiari.
Vediamo, quindi, i dati che ci vengono offerti da questo interessante studio.
La disuguaglianza di genere tra moglie e marito.
La notizia non è una vera e propria novità. Infatti, l’Università del Michigan ha utilizzato un database sulle dinamiche familiari che viene gestito e compilato dal Institute for Social Research sin dal 1968.
L’idea è quella di realizzare un’indagine attuale per vedere come è cambiata la distribuzione delle faccende domestiche in questi ultimi decenni.
I risultati sono stati pubblicati dall’agenzia Reuters e si possono riassumere in questo modo:
- Disuguaglianza nella distribuzione delle faccende
Anche se i tempi cambiano al loro ritmo, risvegliando così nuove coscienze e cambi legali all’interno dei quali si cerca di conciliare la vita lavorativa con quella familiare, sono gli uomini quelli che continuano a portare a casa lo stipendio più alto.
Di solito, sono le donne a scegliere di abbandonare le proprie responsabilità lavorative e professionali in modo temporaneo o definitivo, così da potersi dedicare ai figli e alla cura della casa.
Quando c’è un’uguaglianza delle condizioni, ovvero quando entrambi i coniugi lavorano, in media sono comunque le donne a dedicare più tempo ai figli e alle faccende domestiche.
Esistono delle differenze tra una generazione e l’altra. Le donne che hanno più di 60 anni dedicano fino a 28 ore settimanali alla cura della casa. Anche le donne che hanno 3 figli sono tra quelle che investono più tempo nella cura dei figli e della casa, molto di più rispetto al proprio marito.
Il resto delle donne che hanno un partner dedica in media 7 ore in più a settimana rispetto al proprio marito o compagno ai lavori domestici di tutti i giorni o alla crescita dei figli se ne hanno.
Ovviamente, non ci sorprende nemmeno scoprire che, in passato, le differenze erano molto più evidenti. Nel 1976, per esempio, le donne dedicavano, in media, 26 ore settimanali ai lavori domestici, mentre il marito di solito ne dedicava solo 6.
- Disuguaglianza nella distribuzione delle cure per le persone dipendenti
Questo è uno dei dati più rilevanti. Una coppia può, senza dubbio, dividersi perfettamente le faccende domestiche e la cura dei più piccoli.
Nonostante ciò, per quanto riguarda l’attenzione delle persone dipendenti, che siano anziani o altri parenti con grandi limiti fisici, la responsabilità ricade sulle spalle della donna.
In questi casi, la tradizione ha ancora un grande peso, così come quello schema secondo il quale, nella sfera privata della casa, le donne si sono sempre prese cura dei propri parenti e di svolgere i lavori domestici.
È normale che, e lo ripetiamo, ogni famiglia abbia le proprie dinamiche, il che significa che ci sono migliaia di uomini, compagni e mariti che si assumono la responsabilità di questo compito. Nonostante ciò, stando allo studio dell’Università del Michigan, le differenze continuano ad essere notevoli.
- Cambiare la mentalità ed istruire nell’uguaglianza
Dall’epoca in cui le nostre nonne o le nostre mamme pensavano fosse una loro responsabilità prendersi cura di noi o di svolgere tutti i lavori domestici, abbiamo fatto qualche passo avanti.
Nonostante ciò, ci sono anche aspetti che dobbiamo chiarire: una coppia giunge ai propri accordi in base alla propria realtà e necessità specifiche.
Una cosa del genere si ottiene solo grazie ad un’educazione rispettosa che insegna ai bambini, sin da subito, che facciamo tutti parte di una grande squadra, che gli uomini e le donne hanno gli stessi diritti, che siamo tutti persone con le proprie necessità e le proprie responsabilità.
Le faccende domestiche sono responsabilità di entrambi, soprattutto se tutti e due i coniugi lavorano. Per un’uguaglianza delle condizioni, c’è bisogno di un’uguaglianza di investimento.
Se si giunge ad un accordo nel quale uno dei due decide di restare a casa e prendersi cura dei bambini e l’altro coniuge si occupa delle finanze domestiche, poiché ha una posizione lavorativa migliore, è una decisione del tutto rispettabile.
Nonostante ciò, la disuguaglianza nasce quando, con un’uguaglianza di condizioni personali, è uno solo dei coniugi ad investire e a dedicare il suo tempo a questi compiti, mentre il partner “dà per scontato” che sia così e che è così che deve essere.
Non è il modo giusto di agire. È necessario cambiare la mentalità ed investire aull’uguaglianza di genere, sull’uguaglianza delle responsabilità e delle opportunità.
I nonni non muoiono mai, diventano invisibili.. (bellissima, da leggere)
I nonni non scompaiono mai da questo mondo, essi diventano invisibili, dormono per sempre su quella che è la parte più profonda che appartiene al nostro cuore. Ancora oggi ci mancano, noi daremmo qualunque cosa per riaverli nuovamente vicino a noi, per ascoltare le loro storie, per ricevere carezze da parte loro, per vedere il loro sguardi che tanto ci mancano.
Mente i nonni ci vedono nascere e crescere, noi diventiamo i testimoni del loro invecchiamento e del loro salutare questo mondo. La loro perdita rappresenta un qualcosa che molti hanno dovuto affrontare sin dalla prima infanzia. I nonni partecipi dell’educazione dei loro nipoti, su di loro lasciano una eredità che li accompagnerà per sempre, per il resto dei loro giorni, esattamente come i semi di un amore che si vedrà ancora di più quando i nonni risulteranno invisibili.
Al giorno d’oggi risulta comune osservare i nonno crescere i loro nipoti, rappresentano un punto di sostegno prezioso, e tra nonni e nipoti viene a formarsi un legame segnato dalla complicità profonda. La loro scomparsa può significare tantissimo, sia nei bambini che negli adolescenti.
Gli esperti sottolineano che quando il nonno non c’è più, è sbagliato dire ai bambini cose metaforiche come “il nonno è volato su una stella” oppure “il nonno adesso dorme in cielo”, in quanto ai piccoli va concesso l’ultimo saluto in ospedale e inoltre va spiegato loro proprio il concetto del trapasso, del fatto che su questo mondo si cessa di esistere, così da evitare che i bambini possano farsi idee sbagliate. Se spieghiamo ai piccoli il tutto mediante una visione religiosa, è inoltre importanter spiegare loro anche -in maniera chiara- che il nonno non tornerà mai più. L’informazione dovrà essere breve e semplice.
Non è inoltre necessario nascondere ai piccoli le lacrime di un adulto nel caso di un decesso.
Anche quando non sono più tra noi in modo fisico, i nonni ci sono ancora, la loro presenza è ancora viva, nei nostri ricordi, ogni volta che lo ricordiamo, e nei nostri cuori.
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