Cuore a quattro zampe. (Clicca l'immagine per leggere)


Tutto ebbe inizio verso gli anni ottanta, pochi giorni prima di Natale, le strade erano piene di luci, le vetrine addobbate a festa, grandi abeti decorati con nastri e fiocchi; nell’aria inneggiava il sapore delle feste e sinceramente la mia città, San Benedetto del Tronto, ha una particolare bellezza alla vigilia di Natale, diventa magica… Con l’aria un po’ sognante e il naso all’insù guardavo gli abeti più belli e non mi accorgevo che vicino a me si era fermata una lussuosa macchina nera. Ne scese una signora elegante, in mano aveva un cestino. I nostri sguardi si incrociarono e lei con un dolce sorriso e l’accento straniero mi chiese porgendo il cestino rivestito da una stoffa rossa scozzese. Incuriosita guardai dentro e rimasi incantata… non avevo mai visto qualcosa di tanto dolce, tenero e bello. Era un cucciolo di cane! lo accarezzai e a lei feci mille domande. La signora mi rispose cordialmente che era una piccola cocker di due mesi, il suo nome era Petit, mentre lei era Katrin, veniva dal sud della Francia, le piaceva molto il nostro paese e aveva deciso di trascorrervi le feste natalizie. Petit era il regalo da mettere sotto l’albero per sua figlia. Il nostro non fu un addio ma un arrivederci e così me ne tornai a casa con ancora in mente gli occhioni neri circondati dal morbido pelo color miele. Nella mia famiglia gli animali sono sempre stati presenti, sono cresciuta con l’educazione di amarli, custodirli e provare a capirli, ma Petit era un’altra cosa… La colpa forse sarà forse che sono cresciuta nell’era di “Lilly e il vagabondo”? Quella dolcissima cocker, con la sua storia strappalacrime che solo la Walt Disney poteva realizzare… Ma ne sono felice, perché oggi chi è cresciuto con i “Pokeemoon” sicuramente non avrà mai provato le mie stesse emozioni. A me i cani piacciono tutti, ma il cocker è qualcosa di veramente speciale. Con il passare dei mesi, mi domandavo quanto potesse essere cresciuta Petit e se il suo carattere si era formato da capo branco o da coccolona, se era testarda oppure ubbidiente. La mia curiosità si esaudì un pomeriggio; rincontrai Katrin. Mi soffermai poco su di lei, mentre invece mi rapì subito la meravigliosa cagnetta, era un uragano di allegria, veramente un bel esemplare. Gli occhioni neri e vellutati mi avevano stregato. Rincontrai Katrin e Petit molte altre volte, le accompagnavo al parco, giocavo con quel cane che mi riempiva di gioia e anche parlare con Katrin mi piaceva, era una signora molto colta e fine ed i suoi consigli sempre molto utili. Un giorno all’uscita della scuola la rividi, era felice di rivedermi e iniziammo a parlare un po’ di tutto. Nei suoi occhi notai un velo di tristezza e dopo circa un’ora, con molta delicatezza le domandai il perché… poi vidi scendere una lacrima dai suoi occhi e così mi parlò di quel velo che oscurava il suo viso. Petit era il cane tanto desiderato da sua figlia Hélen, speranzosa di poterci giocare, correre, addestrare, coccolare, portare a passeggio e tante altre cose da condividere, ma a soli diciotto anni un cancro le aveva colpito parte della colonna vertebrale ed era costretta sulla sedia a rotelle da circa un anno. Era il cane a starle accanto, si accucciava sulle sue gambe immobili e la guardava come se capisse realmente la situazione. Hélen da Petit traeva molto coraggio, la forza di affrontare le operazioni e le terapie; questa cagnetta che l’aspettava paziente ogni volta che tornava dall’ospedale. Ci salutammo come due vecchie amiche. Katrin mi abbracciò forte e in quell’attimo capii che era una donna molto sola con il suo grande dolore e molto forte per affrontare questa situazione in cui lei era consapevole che peggiorava velocemente data la giovane età di Hélen. Era una lotta contro il tempo… ma il tempo si sa vola. Continuai a vedermi con Katrin, anzi dopo quello che mi aveva detto la nostra amicizia si era rafforzata. Io null’altro potevo fare che trascorrere un po’ di tempo con lei e Petit. Non sapevo come poteva aiutare, ma sicuramente non potevo fare molto, anche se lei mi ripeteva che io le ero vicino e per la mia età (tredici anni) ero una “raretté”. Dopo circa qualche mese vidi da lontano Katrin, mi sembrò dimagrita, bianca in viso e questo era risaltato dai suoi vestiti neri. …. Immaginai il peggio e non mi sbagliai. La piccola Hèlen morì così come anni prima suo padre e Katrin rimase sola, anzi l’accompagnava il suo grande dolore. Dolore che si è portato dentro per molto tempo, non aveva più voglia di uscire, di vivere, non aveva più la sua bambina, le eravamo rimaste solo io e Petit. Andai a trovarla, la spronavo ad uscire, ma lei mi affidava il cane e si rimetteva seduta sul divano a fissare il vuoto. Io e Petit ci guardavamo e non riuscivamo a capire perché bisognava vivere per poi soffrire così tanto, l’unica cosa positiva di tutto ciò era il nostro legame, sempre più forte. Sono trascorsi molti anni, io ho cambiato città e non ho più rivisto Katrin e Petit, ma le ho sempre pensate. Solo chi ama i cani può capire e sicuramente continuerà a leggere queste mie righe. Solo chi negli occhi di un cane vede un legame indissolubile, colo chi crede che lui non ti tradirebbe mai e che sarebbe disposto a dare la vita per te, solo chi ha versato tante lacrime per un cane e chi guardando il cielo riesce a vedere nella lucentezza delle stelle gli occhi del suo cane, perché solo la brillantezza delle stelle è simile agli occhi della mia Liù, può capire davvero. Dopo circa vent’anni mi è stata regalata una piccola cocker, il cane che ho sempre sognato. Purtroppo il commercio dei cani di razza è sempre pericoloso, infatti vengono importati dai paesi dell’Est ed arrivano da noi denutriti e malati e così per noi inizia una vera avventura. Da subito ho capito che dovevo curarla, altrimenti da li a poco sarebbe morta ed io questo non potevo accettarlo. Molte volte ho pensato a Katrin e i suoi consigli mi sono sempre stati di grande aiuto, mi diceva sempre che è il cane a scegliere il padrone e non viceversa, infatti Liù ha scelto me e solo con me voleva stare. Nel corso della sua breve vita (9 anni) è stata sempre male. Lei mi stava sempre vicino e quando ero triste, non so come mai, lei lo capiva. Penso di averle dato molto, tutto quello che ho potuto, ho fatto molti sacrifici e tante notti in bianco quando aveva le emorragie, ma lei mi ha sempre ricompensato. E’ stata importante per me e custodisco nel mio cuore ogni emozione, ogni lacrima, ogni frase che le sussurravo, come . L’ultimo periodo stava così male che neanche si lamentava più. Se ne è andata in un caldissimo giorno di luglio, dalla sua cuccia ha emesso due guaiti di dolore, mi ha guardata e si è accasciata. La veterinaria ha detto che il suo cuore non ha retto e ….. io pensavo che non reggesse neanche il mio. Ho sofferto molto e quando la penso ricordo le cose che mi ha insegnato, come sopportare il dolore, riconoscere il pericolo e fare le coccole solo a chi le merita. Nel mio cuore e nella mia mente lei è sempre presente. Io ho una stupida teoria, che chi muore rinasce in un’altra anima e forse ho già individuato chi è ora Liù. Due mesi prima della sua morte è entrata in casa, quasi in punta di zampe, una piccola bestiola di appena settecento grammi, con gli occhietti vispi e tanta voglia di giocare. Saphira, è così che si chiama, ti fa girare la testa per quanto corre e per quanto è dolce e simpatica, ma io avevo paura di affezionarmi. Non riuscivo o forse non volevo ammetterlo, ma avevo tanta paura di soffrire nuovamente. Oggi ad un anno dalla morte devo dirle grazie lei mi ha alleviato un po’ di dolore e mi ha fatto capire che oltre a Liù c’è un altro musetto che ha bisogno di essere accudito e riempito di coccole. Liù era molto malata ma è morta solo quando c’era già Saphira, sono state insieme due mesi, forse il tempo necessario per insegnarle qualcosa e farle capire di non lasciarmi sola. L’unica cosa che differenzia l’uomo dal cane è che quest’ultimo non ama per interesse o per egoismo, a lui basta solo una carezza e uno sguardo dolce. Dedico queste mie righe a tutti i cagnolini esistenti e a Drago, Astra, Quarz, Attila, Kikko, Neve e Liù che sono diventati tutti stelle che brillano in cielo e chissà se da lassù ci proteggono. (Simonella Zamboni)

1 commento:

  1. Mi hanno emozionato quelle che ho letto e che ho aggiunto al mio profilo in G+ presentando la storia con una mia interpretazione del concetto manifestato dalla storia. Valori stupendi. Grazie.

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