La Madre Speciale.


Vi è mai capitato di pensare come vengano scelte le madri dei figli handicappati?
In qualche maniera riesco a raffigurarmi Dio che da istruzioni agli angeli, che prendono nota in un registro gigantesco!
A questa le diamo un maschio..santo patrono.. Matteo!
A lei, una bambina, santa patrona, Cecilia!
E cosi la lunga lista scorre, finchè appare un nome.. e Dio dice al suo angelo, a questa le diamo un figlio handicapatto.
L’angelo è curioso e chiede “ Perché a questa qui, Dio, è cosi felice!” “Esattamente, risponde Dio sorridendo, “ Potrei mai dare un figlio handicappato a una donna che non conosce l’allegria? Sarebbe una cosa crudele”
“Ma ha pazienza?” chiede l’angelo.
“Non voglio che abbia molta pazienza, altrimenti sprofonderà in un mare di autocommiserazione e pena. Una volta superato lo shock e il risentimento, di sicuro ce la farà!”
“ Ma signore, penso che quella donna non creda nemmeno a Te.”
Dio sorride, ”Non importa. Posso provvedere. Quella donna è perfetta. È dotata del giusto egoismo.”
L’angelo resta senza fiato.”Egoismo? è una virtù?”
Dio annuisce, “Se non sarà capace di separarsi ogni tanto dal figlio, non sopravvivrà mai. Si, ecco la donna cui darò la benedizione di un figlio meno perfetto. Ancora non se ne rende conto ma sarà da invidiare. Non darà mai per certa una parola. Non considererà mai che un passo sia un fatto comune. Quando il bambino dirà “mamma” per la prima volta, lei sarà testimone di un miracolo e ne sarà consapevole. Quando descriverà un albero o un tramonto al suo bambino cieco, lo vedrà come poche persone sanno vedere la mia creazione.
Le consentirò di vedere chiaramente le cose come le vedo io - ignoranza - crudeltà - pregiudizio -, e le concederò di levarsi al di sopra di esse. Non sarà mai sola.
Io sarò al suo fianco ogni minuto di ogni giorno della sua vita, poichè starà facendo il mio lavoro infallibilmente come se fosse al mio fianco”. E per il suo santo patrono?” chiede l’angelo, tenendo la penna sollevata a mezz’aria.
Dio sorride, “ Basterà uno specchio.” (Erma Bombeck)

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