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Attenzione se il vostro lavoro è snervante ed usurante, potreste manifestare


sintomi di inizio demenza senile.

Da un recente studio dell'università
"Massachusetts Institute of Technology" si è scoperto che i lavori più usuranti, stressanti e degradanti (ma non i lavori pesanti) bloccherebbero la produzione delle endorfine "alfa" "gamma" e "delta"
(Le endorfine sono sostanze chimiche prodotte dal cervello, attualmente si conoscono quattro distinte classi di endorfine, dette rispettivamente "alfa", "beta", "gamma" e "delta" e dotate di una potente attività analgesica ed eccitante) prodotte dal cervello, e porterebbero ad un lento ma graduale intorpidimento dello stesso (cervello) dando alla persona un aspetto apatico, rendendolo lentamente ma inesorabilmente "rimbambito" e ritardato, fino ad arrivare ad una demenza senile molto precoce (addirittura alla soglia dei 40 anni) più marcata nell'uomo che nella donna (notoriamente più resistente dell'uomo ai lavori + stressanti e usuranti) purtroppo dallo studio emerso l'intorpidimento cerebrale non è reversibile, (le endorfine non verrebbero più prodotte) anche cambiando stile di vita.Insomma se siete tra i fortunati ad avere un lavoro gratificante sotto l'aspetto economico e poco snervante ritarderete l'avanzare della demenza senile ad un livello fisiologico (oltre i 90 anni)

Decotto a base di foglie d'ulivo per l'ipertensione e non solo...


Le foglie di olivo contengono l’idrossitirosolo e l’oleuropeina le quali sono responsabili degli effetti benefici sulla salute dell’uomo e serve a proteggere l’olivo dalle malattie e dai parassiti.

Gli effetti più rilevanti sono i seguenti:

Anticancro
Alcuni studi (2010 e il 2011) hanno evidenziato che i principi attivi presenti nelle foglie di olivo sono in grado di inibire la proliferazione delle cellule tumorali nei casi di cancro al seno e di melanoma in esperimenti effettuati sui topi. In entrambe le situazioni, il fitochimico ha contrastato lo sviluppo delle cellule tumorali e, in alcuni casi, le ha addirittura distrutte.

Osteoporosi
Uno studio spagnolo del 2011 ha mostrato che l’oleuropeina stimola la produzione delle cellule ossee (osteoblasti), impedendo così la perdita di densità ossea e aiutando a combattere l’osteoporosi.

Riequilibrante valori colesterolo
La presenza di acidi grassi polinsaturi (acido a-linolenico) riducono i valori di colesterolo LDL ed aumentano la frazione HDL. Ciò determina anche la diminuzione della viscosità ematica.

Controllo peso
L’idrossitirosolo sembra stimolare la biogenesi e la funzione mitocondriale nelle cellule adipose, prevenendo l’obesità legata a disfunzioni mitocondriali. C’è comunque anche un’0azione diuretica che facilita l’eliminazione di liquidi legati all’eccesso del peso.

Depurativo
Depura il fegato ed elimina gli eccessi di acidi urici, grassi e zuccheri nel sangue.

Anti-stanchezza
Oltre al senso di benessere generale, l’infuso di foglie d’olivo stimola l’energia e la resistenza alla fatica contrastando pertanto stanchezza, astenia e sonnolenza.

Antinfiammatorio
L’oleuropeina , con la sua attività antimicrobica e l’idrossitirosolo svolgono assieme un’azione antinfiammatoria.

Antiossidante
Le foglie di olivo contengono molti fenoli, ovvero antiossidanti che neutralizzano l’azione dei radicali liberi rallentando dunque il processo di invecchiamento.

Ipertensione
Così come altre parti dell’olivo, alcune ricerche evidenziano l’effetto rilassante sui vasi sanguigni con la conseguenza di abbassare la pressione sanguigna e contrastare la formazione di coaguli di sangue.

Febbrifugo
Abbassa la febbre in modo molto simile alla china.

Immuno-stimolante
I fitochimici presenti nelle foglie d’olivo accelerano l’effetto della vitamina C rafforzando l’efficienza del nostro sistema immunitario.

Come preparare l’estratto di foglie di olivo

Benché tale prodotto si trovi in commercio è possibile farselo in casa. Ecco la ricetta.
Puoi utilizzare foglie secche ma è meglio se sono fresche. Non si usano foglie malate.

Preparazione forte ALFA
Impiega 100/150 foglie fresche per ogni litro di acqua. Se si utilizzano le foglie secche, riduci la quantità a 30/50 foglie.
Lava le foglie accuratamente lasciandole in acqua e bicarbonato per alcuni minuti, poi risciacqua abbondantemente.
Metti le foglie in acqua e porta ad ebollizione. Quando comincia a bollire abbassa la fiamma e fai sobbollire per 15 minuti senza coperchio in modo da lasciare evaporare l’acqua in eccesso.
Dopo la cottura, filtra l’estratto (solo l’acqua, senza le foglie) in bottiglie di vetro e conservala in frigorifero.
COME USARLO: un cucchiaino tre volte al giorno, durante i pasti.

Preparazione media: BETA
Bollire 20 grammi di foglie di olivo in 300 di acqua fino a ridurre il tutto di 1/3.
COME USARLO: una tazza al giorno, l’effetto si avverte rapidamente ma è bene insistere per almeno 15 – 20 giorni.

Preparazione lieve: GAMMA
30 – 50 grammi di foglie in un litro, da infondere per 25 minuti. Questo preparato va bene per chi ha un’ipertensione lieve.
COME USARLO: 2-3 tazze al giorno.
Precauzioni e consigli: Non sono noti grandi controindicazioni. Potrebbe, però, interferire con alcuni farmaci. Da prestare attenzione se si soffre di pressione bassa. Come regola generale, in questi casi, è sempre meglio consultare il medico prima di farne uso.

Agitare prima dell’uso.
Evitare di assumere il prodotto nel tardo pomeriggio.
Nei soggetti predisposti a fenomeni di irritazione gastrica si consiglia di assumere il prodotto durante o subito dopo i pasti.
Si consiglia un trattamento di almeno un mese per beneficiare delle proprietà del prodotto.
Il prodotto può essere assunto anche in gravidanza e durante l’allattamento.

Farmaco contro l'Alzheimer, blocca e ripristina le capacità...


La cura contro l’Alzheimer: farmaco blocca e ripristina le capacità neurologiche.

Possibile cura contro l’Alzheimer il farmaco è già sul mercato. L‘acido mefenamico, farmaco non-steroideo anti-infiammatorio (FANS), viene solitamente usato per trattare il dolore. Il dottor Brough e la collega Catherine Lawrence, hanno condotto la ricerca in collaborazione con il dottorando Mike Daniels e postdoc Jack Rivers-Auty che hanno svolto la maggior parte degli esperimenti. Anche se questa è la prima volta che un farmaco ha dimostrato di indirizzare questo percorso infiammatorio, mettendo in evidenza la sua importanza in un modello della malattia, il responsabile dello studio ci tiene a sottolineare che sono necessarie ulteriori test per verificare il suo impatto sugli esseri umani, come anche le implicazioni a lungo termine del suo utilizzo.

Nel mondo sono circa 46,8 milioni le persone che convivono con una forma di demenza. Una cifra che, secondo l’ultimo ‘World Alzheimer Report 2015’, è destinata quasi a raddoppiare ogni 20 anni. E’ dunque plausibile sostenere che, da qui al 2050, nel pianeta si conteranno mediamente 131,5 milioni di soggetti affetti da una malattia neurodegenerativa. La parola demenza è un termine usato per descrivere diverse malattie che comportano l’alterazione progressiva di alcune funzioni (memoria, pensiero, ragionamento, linguaggio, orientamento, personalità e comportamento) di severità tale da interferire con gli atti quotidiani della vita. Dovendo parlare specificatamente di Alzheimer è importante dire che risulta oggi la malattia più comune tra le demenze e rappresenta il 50-60% di tutti i casi.

Per la sperimentazione, finanziata dal Medical Research Council e dall’Alzheimer’s Society, sono stati utilizzati topi transgenici che avevano sviluppato i sintomi della malattia di Alzheimer. Un gruppo di 10 topi è stato trattato con acido Mefenamico e 10 topi sono stati trattati con un placebo. Tutti i ratti sono stati trattati nel momento in cui avevano sviluppato problemi di memoria e il farmaco è stato somministrato loro con una mini-pompa impiantata sotto la pelle, per un mese. La perdita di memoria, evidenziano i ricercatori, è stata completamente invertita ai livelli osservati nei topi senza la malattia.

“Ora ci sono prove sperimentali che suggeriscono che l’infiammazione nel cervello peggiora il morbo di Alzheimer e favorisce la sua progressione – ha osservato il dottor Brough -. La nostra ricerca dimostra per la prima volta che l’acido Mefenamico, un semplice farmaco non steroideo anti-infiammatorio, può avere come bersaglio un importante percorso infiammatorio chiamato inflammasome NLRP3, che danneggia le cellule cerebrali. Fino ad ora, nessun farmaco è riuscito ad indirizzare questo percorso, quindi siamo molto eccitati dai nostri risultati. Ora stiamo preparando le applicazioni da eseguire nella fase II della sperimentazione proof-of-concept, per verificare l’effetto del farmaco sulla neuroinfiammazione negli esseri umani”.

“Il test dei farmaci già in uso per altre condizioni – ha commentato Doug Brown, direttore del settore Ricerca e Sviluppo presso l’Alzheimer Society – è per noi una priorità, perché potrebbe permetterci un rapido sviluppo di un nuovo farmaco. Questi promettenti risultati di laboratorio identificano una classe di farmaci già esistenti che hanno il potenziale di trattare il morbo di Alzheimer bloccando una particolare parte della risposta immunitaria. Questi farmaci, tuttavia, non sono esenti dal procurare effetti collaterali e a mio avviso non dovrebbero essere assunti per la malattia di Alzheimer, non in questa fase. Sono prima necessari studi sulle persone”. Non resta che incrociare le dita e sperare che facciano in fretta.

Aumentare il consumo di frutta e verdura rende più felici. Non ci credete? Leggete l'articolo...


Mangiare più frutta e verdura aumenta i livelli di felicità delle persone. Lo studio, condotto da ricercatori dell’Università inglese di Warwick, in collaborazione con l’Università di Queensland, in Australia, è stato pubblicato dall’American Journal of Public Health, ed indica come un consumo fino ad otto porzioni al giorno contribuisca, in modo proporzionale, al miglioramento dell’umore e dei livelli di benessere. Lo studio è uno dei primi tentativi scientifici di esplorare le conseguenze sulla sfera psicologica che frutta e verdura possono avere, al di là dei già noti benefici di salute nel ridurre il rischio di cancro e attacchi di cuore.

12.385 persone selezionate in modo casuale e invitate a tenere diari alimentari e ad annotare il loro benessere psicologico, sono state seguite per due anni. Ad esser stati valutati sono stati anche una serie di parametri come cambi in casa, di reddito e di lavoro. Ne è emerso che, nell’arco di 24 mesi, le persone che avevano incrementato il consumo di vegetali fino ad 8 porzioni al giorno avevano sperimentato un aumento della soddisfazione di vita pari a quella di trovare lavoro. Inoltre l’aumento era incrementale rispetto a ogni porzione extra. E questo forse grazie, ipotizzano gli autori, a una maggior assunzione di carotenoidi, gruppo di antiossidanti che regala a frutta e ortaggi i caratteristici colori. NDR: In realtà questo effetto potrebbe anche essere dovuto all’instaurarsi di una flora batterica normalmente più favorevole in grado di esercitare una modulazione dei neurotrasmettitori presenti a livello intestinale e cerebrale (serotonina).

Dieta vegana: sarà reato imporla ai figli...


Proposta di legge contro l'imposizione della dieta vegana ai minori di sedici anni, presentata dalla deputata Elvira Savino. Da uno a sei anni di carcere per i genitori che sottopongono i bambini ad una dieta priva di elementi essenziali per la crescita.

La tanto discussa dieta vegana arriva anche in Parlamento: la deputata di Forza Italia Elivira Savino ha proposto di rendere penalmente perseguibile chi “impone o adotta nei confronti di un minore di anni 16, sottoposto alla sua responsabilità genitoriale o a lui affidato per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, una dieta alimentare priva di elementi essenziali per la crescita sana ed equilibrata del minore stesso“.

L’intento della proposta di legge, spiega Savino, è quello di proteggere i minori da genitori vegani “radicalizzati” che impongono ai figli la loro dieta trascurandone i rischi. Infatti, nell’ultimo decennio si è diffusa in Italia la credenza che la dieta vegetariana, e la più rigida dieta vegana, comportino sensibili benefici alla salute.

Nessun problema se chi sceglie questo tipo di alimentazione è un adulto responsabile e consapevole delle proprie azioni, ma quando ad essere coinvolti sono dei minori tutto cambia e c’è bisogno di intervenire per salvaguardare la loro salute. La deputata di Forza Italia afferma che escludendo categoricamente alimenti di origine animale e loro derivati, l’organismo arriva ad essere carente di zinco, ferro di tipo eme (contenuto in carne e pesce), vitamina D, vitamina B12 e omega 3; tutte sostanze necessarie per un corretto sviluppo.

Ricordiamo che la Costituzione Italiana impone ai genitori di mantenere i figli e di tutelarne la salute. Pertanto Savino vorrebbe “stigmatizzare definitivamente le condotte alimentari incaute e pericolose imposte dai genitori, o da chi ne eserciti le funzioni, a danno dei minori di età”.

La legge proposta prevede fino ad un anno di reclusione per il reato-base, ma se dal fatto deriva al minore una malattia o una lesione permanente, la pena varia da due anni e sei mesi a quattro anni. Se invece ne consegue la morte, la pena passa da quattro a sei anni di reclusione. Tutte le pene vengono aumentate di dodici mesi nel caso in cui il minore coinvolto abbia meno di tre anni di età.

Italia in allarme per rischio zanzare, attenzione al virus "Zika"


Flagello Zika a Miami e rientro turisti: anche in Italia allarme per rischio zanzare.

Sono saliti a 33 i membri delle forze armate degli Stati Uniti, tra cui una donna incinta, che hanno contratto il virus zika.
Lo ha annunciato il portavoce del Pentagono, Ben Sakrisson, secondo cui i membri del servizio Usa sono stati infettati al di fuori degli Stati Uniti continentali pur essendo difficile stabilire dove esattamente possono avere contratto il virus.
Prosegue invece l'epidemia di zika in Florida.
Il virus conferma la sua diffusione a Miami e la lista dei casi sospetti si allunga. Oltre ai 15 contagi confermati in uno dei quartieri della città, quasi 400 persone sono monitorate, comprese 55 donne incinta.
E ora l'attenzione è puntata principalmente sulle Olimpiadi di Rio.
In Italia l’Istituto Zooprofilattico del Piemonte Liguria e Valle d’Aosta ha intensificato i controlli sulle zanzare per verificare tempestivamente la presenza di virus della famiglia Flaviviridae, a cui appartiene il virus Zika.
L'allarme sulla presenza del virus Zika è scattato in seguito al ritorno di 10 viaggiatori dal Sud America.
Flagello Zika a Miami: in Italia allarme per rischio zanzare e rientro turisti
A seguire l’evoluzione del fenomeno è il laboratorio sulle Malattie trasmesse da Vettori coordinato da Cristina Casalone.
Il virus in Italia non è presente, ma sono ampiamente diffuse le zanzare in grado di trasmetterlo come Aedes albopictus, meglio conosciuta come zanzara tigre.

"Da giugno in Piemonte sono state analizzate le zanzare tigre catturate da 15 trappole posizionate in luoghi a maggiore rischio perché caratterizzati da intensi flussi turistici e commerciali quali aeroporti, interporti e reparti di malattie infettive dei principali ospedali regionali - precisa Maria Caramelli, Direttore Generale dell’Istituto Zooprofilattico – e nessuna zanzara è risultata positiva per il virus Zika".“
La Regione Piemonte è da anni attiva nella sorveglianza sulle malattie trasmesse da zanzare, tra cuiZika e la West Nile disease, attraverso il network operativo sanitario regionale nato dalla stretta collaborazione con l’Ospedale Amedeo di Savoia, il SEREMI e l’IPLA.
L'Istituto zooprofilattico mantiene alta l'attenzione e gli accertamenti continueranno fino a novembre.

Purtroppo non esistono trattamenti antivirali, l'unica accortezza è proteggersi dalle punture con i preparati farmaceutici. (Articolo di: Americo Mascarucci)

Studio choc: lavorare di notte farebbe venire il cancro...


Studio choc, lavorare di notte fa aumentare il rischio cancro.

Erano gli anni 80 e in america nasceva l’abitudine di lavorare su turni anche negli uffici. Fino ad allora infatti, le turnazioni erano circoscritte solo ad alcuni lavori, tuttavia il progresso evolutivo e l’imminente espansione della Cina, “obbligarono” i grandi uffici a stelle e strisce a raddoppiare i dipendenti.

Il concetto di lavoro “estremo” è una caratteristica naturale della cultura orientale, difficile dire lo stesso di quella occidentale, dunque le turnazioni notturne all’epoca furono obbligate.Le grandi società americane non potendo sfruttare i dipendenti oltre i termini di legge, pensarono di raddoppiare il personale con turnazioni anche nelle ore notturne. In europa invece il lavoro notturno è sempre stato molto limitato a pochi settori, solo negli ultimi anni sta prendendo piede questa moda anche negli uffici.Secondo una ricerca, circa il 58% dei lavoratori Americani effettua anche un turno di notte. Va meglio in europa dove solo 18% è “costretto” a tale modalità lavorativa.

Lavorare di notte oggi è diventato normale, non solo, anche passare 4-5 ore comodamente distesi nel proprio letto con la luce del monitor, tablet o smartphone sparati in pieno volto è ormai una consuetudine di milioni di persone. Per quanto nel primo caso, purtroppo è lavoro e si può fare ben poco per evitarlo, nel secondo caso sarebbe buona norma dedicarsi al sonno piuttosto che a lunghe sessioni di chattate. Il motivo è presto che spiegato. L’organismo ha necessariamente bisogno di dormire di notte e rimanere sveglio di giorno. Esiste un orologio biologico formato da due geni regolatori, quando gli stessi vengono danneggiati dalla troppa luce si rischia un eccessiva produzione di cellule, con il rischio della formazione di tumori.

Dunque, lavori di notte o resti lunghe ore davanti ad un device? Male, il tuo organismo aumenta il rischio di insorgenza di patologie tumorali. Sembra assurdo ma è quanto emerso da uno studio pubblicato dalla famosa università americana Mit. Lavorare di notte significa sfasare completamente lo stile programmatico del nostro corpo. In pratica sarebbe come spezzare il normale ciclico dormi-veglia, mandando in tilt l’orologio biologico del nostro organismo. Non è il solo studio a confermarlo, nel corso degli anni diversi ricercatori hanno lanciato l’allarme, lavorare di notte può essere rischioso.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Cell Metabolism, secondo i ricercatori restare svegli di notte magari accompagnati da una fonte luminosa esterna, altera il meccanismo di crescita delle cellule che controllano le fasi biologiche della notte e del giorno,chiamati i due geni “lancetta”, Bmal1 e Per2. Per capirci sono i geni che ci permettono di dormire o rimanere svegli. Ma cosa accade? L’organismo umano è programmato per dormire almeno 8 ore al giorno, l’evoluzione ci ha portati a dormire durante la notte e rimanere svegli durante le ore diurne, ed è questo un principio fondamentale.

Lavorando di notte ad esempio, magari con una sola fonte luminosa sparata sul volto, (lampada,monitor) si va a scatenare un meccanismo distruttivo dei due geni. La fonte luminosa colpisce la retina ed invia un segnale al cervello, dove risiede in pratica l’orologio biologico dell’organismo che gestisce e regola tutte le lancette delle nostre cellule. Quando questo accade, si perde il normale ritmo sonno-sveglio e le funzioni protettive dei due geni regolatori Bmal1 e Per2 risultano inefficaci.
Rischio Tumori?

Il rischio di patologie tumorali, in modo particolare il tumore al polmone lo si è verificato studiando il comportamento sui topi.I ricercatori hanno scoperto come i roditori esposti a molte ore di luce in più del necessario, rispetto alle classiche 12, aumentasse il rischio di sviluppare una massa tumorale.I geni Bmal1 e Per2, infatti, regolano la tempistica con cui viene acceso un altro gene, detto C-myc, che controlla la crescita della cellula. Se i geni “controllori” vengono distrutti (a causa di un danno diretto al Dna o per un alterato ritmo sonno veglia), C-myc diventa eccessivamente attivo, creando e accelerando la crescita di ulteriori cellule, rischiando proprio la formazione di una massa tumorale. (fonte: http://www.contattolab.it)

Salute news. Il vaccino contro l'Alzheimer sembra funzionare: trial al via quanto...


Il vaccino contro l'Alzheimer sembra funzionare: trial al via quanto prima...

Un nuovo vaccino che prende di mira le proteine patologiche associate con il morbo di Alzheimer si è dimostrato efficace nei trial sugli animali, secondo quanto annunciato dagli scienziati coinvolti. Adesso sarà la volta dei test clinici sugli esseri umani: la speranza è che il vaccino possa prevenire ed invertire il decorso della malattia nei pazienti con Alzheimer precoce.

Il gruppo della Flinders University in Australia ha collaborato con ricercatori dell'Institute of Molecular Medicine (IMM) e della University of California, Irvine per ottenere un vaccino efficace contro l'accumulo di proteine beta amiloidi e tau nel cervello, che causa disfunzioni e conduce alla demenza.

Come descritto in un paper pubblicato su Scientific Reports, nello studio sono stati utilizzati dei topi geneticamente modificati per indagare la sicurezza e l'efficacia di una combinazione di vaccini anti-beta amiloidi e anti tau con una tecnologia di supporto sviluppata da Vaxine Pty Ltd, una società australiana che si occupa di ricerca sui vaccini.

"Abbiamo dimostrato nei topi geneticamente modificati per sviluppare velocemente la demenza che il nostro possibile vaccino produce anticorpi che si connettono alla proteine a-beta e tau", spiega Nikolay Petrovsky, docente della Flinders University, parlando con IBTimes UK. "Inoltre, siamo stati in grado di raccogliere questi anticorpi dai topi vaccinati ed a mostrare che in effetti questi mirano alle proteine anormali nelle sezioni del cervello di pazienti con Alzheimer deceduti, provando quindi che questo vaccino dovrebbe funzionare negli esseri umani e non soltanto sui topi".

Il successo di questi trial sugli animali è stato tale che il gruppo di ricercatori ha ricevuto finanziamenti dallo statunitense National Institute of Health per effettuare i trial clinici. Questi ultimi dovrebbero iniziare nei prossimi due anni, con risultati attesi per tre anni dopo l'avvio dei lavori.

In precedenza, molti tentativi sono stati fatti per generare vaccini terapeutici contro una vasta gamma di malattie non infettive, incluso il morbo di Alzheimer, ma con risultati contrastanti. Per sviluppare questo nuovo vaccino e renderlo adatto agli esseri umani, la ricerca degli errori commessi nei trial precedenti è stata fondamentale.

Nel corso dell'ultimo decennio, le prime generazioni di vaccini per la demenza sono state sottoposte a trial sugli esseri umani. Alcune hanno suggerito la possibilità di benefici, ma sfortunatamente avevano anche problemi di tossicità. Gli altri hanno semplicemente mancato di fare qualche effetto.

"Guardare a tutti questi tentativi falliti è stato d'aiuto per noi, visto che lo studio ci ha permesso di evitare di fare gli stessi sbagli e ci ha consentito di sviluppare il vaccino in modo da rimuovere completamente qualsiasi rischio di tossicità, potenziando al tempo stesso l'efficacia del vaccino di oltre 100 volte. Questo ci offre adesso una possibilità di fare ciò che i 'vecchi' vaccini non sono riusciti a fare, ossia dimostrare sia sicurezza che efficacia nei pazienti umani con demenza precoce".

"Per mostrare che il nostro vaccino funziona su individui sani che non hanno ancora sviluppato l'Alzheimer servirà molto più tempo, in quanto questo potrebbe coinvolgere la necessità di immunizzare centinaia di migliaia di soggetti e poi seguirli nel lungo periodo per verificare se saremo stati in grado di proteggerli dallo sviluppare il morbo di Alzheimer".

I trial iniziali negli esseri umani si focalizzeranno su persone con Alzheimer precoce, che sono quelli con la maggiore necessità e che potrebbero essere caratterizzati da rapidi benefici osservabili. Ma il vaccino è progettato anche per prevenire lo sviluppo della malattia in individui sani e potrebbe in futuro essere dato a persone decenni prima che queste rischino di sviluppare l'Alzheimer.

Ad ogni modo, Petrovsky ritiene che, se il vaccino si dimostrasse in grado di funzionare in modo preventivo, questo potrebbe avere enormi ritorni positivi, sia in termini di risparmi per i sistemi sanitari che per il benessere degli individui, ai quali verrebbe evitato di sviluppare questa devastante malattia.

Salute news: Il Melograno cibo miracoloso che aiuterebbe a...

Il Melograno cibo miracoloso che aiuterebbe a vivere più a lungo.


I ricercatori del Politecnico federale di Losanna hanno isolato una molecola “miracolosa” contenuta nel melograno che contrasta l’invecchiamento muscolare, e di conseguenza allungherebbe la vita.

La sarcopenia è la progressiva perdita di massa muscolare associata con una vita sedentaria e, soprattutto, il naturale processo di invecchiamento. Infatti, si stima che il 30% delle persone di oltre 60 anni e fino al 50% degli ultra ottantenni soffrono di questa condizione. Tuttavia, è stato scoperto un rimedio naturale per combattere, se non impedire, la sarcopenia senza assumere alcun farmaco. Infatti, secondo un nuovo studio condotto da ricercatori del Politecnico federale di Losanna (Svizzera), sarebbe sufficiente mangiare il melograno.

Melograno: isolata molecola miracolosa contro l’invecchiamento. Lo studio
In particolare, lo studio, pubblicato sulla rivista “Nature Medicine” mostra che l’urolitina, un metabolita prodotto dalla nostra flora intestinale da parte di alcuni composti trovati nel melograno, è in grado di valorizzare il rinnovo dei mitocondri e quindi prevenire il deterioramento muscolare associato con l’età. Il principale autore della ricerca, Johan Auwerx, ha affermato che “l’urolitina A è l’unica molecola nota che abbia lacapacità di rilanciare il processo di riciclo dei mitocondri” e inoltre “l’urolitina A è una sostanza completamente naturale”.

Melograno: isolata molecola miracolosa contro l’invecchiamento. I risultati.
Nella prima fase dello studio, gli scienziati hanno sperimentato su modelli animali gli effetti di questa molecola aumentando fino al 42% la loro aspettativa di vita. L’urolitina A è l’unica molecola in grado di rilanciare il processo di riciclo dei mitocondri, dichiara Johan Auwerx. Di conseguenza, è in grado di rallentare il processo di invecchiamento in nematodi e ratti. Ed esattamente come si fa? Semplicemente, stimolando un processo chiamato ‘mitophagy‘ in cui i mitocondri danneggiati o invecchiati possano essere sostituiti da quelli nuovi, più ‘sani‘ e funzionali.

Melograno: isolata molecola miracolosa contro l’invecchiamento. Parlano gli esperti.
Come osservato da Patrick Aebischer, co-autore dello studio “man mano che invecchiamo, la capacità delle cellule di svolgere il mitophagy è più bassa. Questo è un aspetto da considerare, poichè la riduzione della mitophagy del muscolo è considerata una delle principali cause di deterioramento muscolare associata con l’età. Crediamo che il nostro lavoro, che descrive i benefici per la salute dell’urolitina A, è sicuramente promettente per l’inversione dell’invecchiamento muscolare.“

Melograno: isolata molecola miracolosa contro l’invecchiamento. Urolitina per tutti.
Tuttavia, i melograni non contengono l’urolitina A ma solo un precursore che sarà poi trasformato in questa molecola dai batteri che compongono la nostra flora intestinale. E non è detto che a tutti capiti questo processo. La buona notizia è che gli autori hanno già avviato uno studio clinico con gli esseri umani che si sta sviluppando in diversi ospedali europei. (Fonte: CNO-Webtv Notizie)

Aids, Australia fuori dall’epidemia. In Italia un infettato su...


Aids, Australia fuori dall’epidemia In Italia un infettato su tre non lo sa.

L’Australia ha sconfitto l’Aids, raggiungendo uno dei «development goals» (obiettivi di sviluppo) che l’Onu ha fissato per il 2030: avere il 90% di pazienti in cui il virus è soppresso e che quindi non sono più contagiosi. L’annuncio ufficiale è stato dato dall’Australian Federation of Aids Organizations (Afao) e dagli scienziati impegnati nello studio dell’Hiv, che hanno decretato la fine della malattia come problema di salute pubblica. L’Australia va così ad aggiungersi al (piccolo) elenco di Paesi che hanno debellato l’epidemia.

Farmaci anti-retrovirali
Il numero di casi di Aids si è drasticamente ridotto dall’avvento, a metà degli anni ‘90, dei farmaci anti-retrovirali, che impediscono al virus di immunodeficienza acquisita (Hiv) di progredire verso la malattia conclamata, quando il sistema immunitario è talmente danneggiato da non poter più combattere l’infezione. Al culmine dell’epidemia morivano di Aids circa mille australiani all’anno. «Ora abbiamo accesso a un trattamento che ha avuto effetti straordinari, mentre l’attivismo nella comunità gay, sin dagli anni ‘80 e ‘90, ha contribuito sostanzialmente a combatterlo», ha detto il direttore dell’Afao, Darryl O’Donnell. I farmaci anti-retrovirali sono stati cruciali nel declino dell’epidemia, permettendo alle persone con Hiv una vita lunga e in salute. «Abbiamo visto una trasformazione drammatica dell’Hiv da una condanna a morte a una malattia cronica gestibile - ha aggiunto O’Donnell -. I soli casi di Aids che incontriamo sono di perone non diagnosticate con Hiv che non possono più essere trattate». Resta tuttavia una difficile sfida nella diffusione del virus, con circa 1.200 casi in Australia ogni anno. «Queste sono infezioni evitabili», ha detto O’Donnell, sottolineando l’importanza dei test, essendo la diagnosi tempestiva l’arma migliore per combattere il virus.

In Italia scarsa diffusione del test.                                   Ma come ha potuto l’Australia raggiungere questo importante obiettivo? «Loro ci sono riusciti anche perché hanno un numero di sieropositivi piuttosto basso, ma soprattutto hanno spinto molto sul “testing”, e una volta individuati gli infetti li hanno messi subito sotto trattamento grazie al fatto che il loro sistema sanitario è universalistico come il nostro - spiega Stefano Vella, direttore del Dipartimento del farmaco dell’Istituto Superiore di Sanità -. Sono pochissimi i Paesi che ci sono riusciti, quasi tutti piccoli e nel nord Europa, come la Danimarca». Per l’Italia l’obiettivo non è ancora raggiunto: «Noi siamo messi bene sul lato delle cure, che sono garantite, mentre per esempio gli Stati Uniti fanno molti test ma poi c’è chi non può permettersi le terapie - aggiunge Vella -. Però in Italia abbiamo ancora un 30% stimato di persone infette che non sanno di avere il virus. Dobbiamo facilitare i test e fare informazione per far capire che l’Aids è una malattia che c’è ancora ma si può curare». Gli obiettivi dell’Unaid (Agenzia dell’Onu contro l’Aids), ricorda Vella, dovrebbero valere per tutto il mondo, dove invece ancora muoiono 1,2 milioni di persone l’anno per la malattia. «Il loro raggiungimento - sottolinea l’esperto, che è anche uno dei curatori delle linee guida dell’Oms sull’Aids - permetterebbe non di eradicare il virus, cosa molto difficile finché non ci sarà un vaccino, ma di tenere sotto controllo l’epidemia, una cosa altrettanto importante».

Attenti a farvi i tatuaggi, potreste contrarre una malattia letale..


L'allarme dei tatuatori italiani: "C'è in giro un inchiostro cancerogeno."

L'Associazione italiana tatuatori riuniti ha fatto sapere che in Italia sta circolando un inchiostro usato per i tatuaggi che è altamente cancerogeno.

Il presidente dell'Associazione, Geppi Serra, si è attivato non appena ha ricevuto le prime segnalazioni. Serra ha subito fatto analizzare l'inchiostro e ha inviato i risultati al ministero della Salute e ai Nas. Gli esisti degli esami fanno davvero rabbrividire e allarmano soprattutto quelli che nell'ultimo periodo hanno fatto un tatuaggio.

"Questo inchiostro - spiega Serra all'AdnKronos Salute - denominato 'Dynamic', viene esportato dalla Killer Ink e venduto soprattutto nelle fiere di tatuaggi. Costa un po' meno di uno di qualità usato in studi certificati. A dire il vero alcuni importatori appongono etichette su cui è scritto che non deve essere usato per i tattoo. Ma temo che questa avvertenza non scoraggi gli abusivi che in Italia sono 10 per ogni tatuatore a norma".

Le analisi hanno rilevato la presenza di alcuni metalli pesanti e di diverse tipologie di Ipa (idrocarburi policiclici aromatici), sostanze classificate come cancerogene, mutagene e teratogene. Una scoperta non di certo da poco se si considera che in gioco c'è la salute di migliaia di persone.

Il presidente dell'Associazione ha espresso tutta la sua preoccupazione per il fatto perché questo "inchiostro così pericoloso dà ottimi risultati nel disegno, costa poco e quindi sembrerebbe ottimale". "Nessuno - conclude si immaginerebbe mai quanto danno c'è dietro a poche gocce di inchiostro. Rivolgetevi a professionisti e fate attenzione agli inchiostri che usano. Ne va della vostra vita". (Fonte: il Giornale.it)

Bimba grave dopo la dieta vegana, il papà si difende: «Nulla a che...


Bimba grave dopo la dieta vegana, il papà si difende: «Nulla a che vedere col cibo»

Genova 30 giugno: - È uscita dalla Rianimazione e i pericoli più gravi sembrano scongiurati. Ma il caso che vede protagonista una bimba di neppure 2 anni di Ventimiglia, arrivata all’ospedale Gaslini di Genova in uno stato di grave malnutrizione e carenza vitaminica, riapre grandi interrogativi sulle scelte alimentari delle famiglie, soprattutto se queste coinvolgono i bambini. I medici dell’ospedale pediatrico genovese, esauriti con cautela i primi accertamenti, oggi hanno infatti pochi dubbi: le gravi condizioni della bimba ricoverata sarebbero dovute perlopiù alla dieta strettamente vegana della mamma, che avrebbe influito sulle condizioni della piccola sia nella fase dell’allattamento sia in quella successiva, con lo svezzamento e i primi alimenti solidi. Il papà della piccola, dipendente di un ente pubblico, nega: «Mia figlia non sta bene, ma questo non ha nulla a che vedere con la dieta vegana. Io sono alto e grosso e mangio anche uova e pesce», dice. Ma preferisce non fornire particolari sui motivi che hanno portato la sua bambina in pericolo di vita, al punto da spingere i medici a ricoverarla in terapia intensiva e poi nel reparto di degenza, dove si trova ancora adesso: «Sono cose delicate, preferisco non parlarne», aggiunge.

Restano i fatti: la piccola, aspetto e peso decisamente inferiori alla norma, scarsamente reattiva, al suo arrivo al Gaslini presentava valori allarmanti. A cominciare dall’emoglobina passando per una grave carenza di vitamine. Il tutto in un quadro clinico critico ed emerso con grave ritardo, grazie al pediatra di famiglia, che a quanto pare la coppia non frequentava con sufficiente assiduità.

A Ventimiglia, dove la coppia è molto conosciuta, la notizia ha provocato sgomento e incredulità. Il papà, un operaio ventimigliese, è sempre stato riservato anche con amici e colleghi per quanto riguarda la salute della sua bimba. La mamma non ha mai nascosto di seguire una stretta dieta vegana, quindi senza nessun alimento di origine animale, compresi latte e uova, che contribuiva a diffondere tra amici e conoscenti e a promuovere anche attraverso eventi ad hoc. Il problema rischia di materializzarsi in caso di diete particolarmente rigide, avvertono i nutrizionisti, in assenza di integratori e di un medico che segua passo passo lo sviluppo del bambino. (di: Patrizia Mazzarello fonte: IL SECOLO XIX)

Attenti alle punture di zanzare, aiutano a diffondere il virus Zika..


Secondo una nuova ricerca, la risposta immunitaria scatenata dalle punture di insetto, che porta i globuli bianchi ad accorrere in gran numero, avrebbe invece l’effetto di favorire la riproduzione e diffusione di virus come quello di Zika.

Sono centinaia di milioni le persone che ogni anno vengono infettate tramite la puntura di un insetto, e negli ultimi anni c’è stati un aumento dell’incidenza e dell’estensione geografica della diffusione dei virus che vengono trasmessi in questo modo, che si sono spostati anche in zone più temperate. Ma cosa succede al nostro corpo quando siamo punti da una zanzara? In generale, quando siamo morsi da un insetto, questo inietta la sua saliva nella nostra pelle: è proprio la saliva a scatenare una risposta immunitaria, che fa si che alcune cellule del sangue accorrano sul luogo per combattere l’infezione. Eppure, secondo un nuovo studio pubblicato su Immunity, sarebbe proprio la reazione scatenata nel nostro corpo dalla puntura a favorire la riproduzione e la diffusione di virus, come Zika, immessi nel nostro organismo dalla saliva dell’insetto.

Nella ricerca, gli scienziati hanno usato dei topi per studiare i morsi della zanzara della febbre gialla (Aedes aegypti), riconoscibile dalle macchie bianche sulle zampe e responsabile per la diffusione di malattie quali Zika, la febbre dengue e la chikungunya, una malattia febbrile acuta virale. I ricercatori hanno iniettato alcuni topi con dei virus nelle vicinanze della puntura di una zanzara, mentre un altro gruppo di topi è stato infettato senza essere stato morso. Dai risultati ottenuti, è emerso che, invece di aiutare a combattere l’infezione, alcune delle cellule del sistema immunitario vengono a loro volta infettate e iniziano erroneamente a replicare i virus. In assenza delle punture di zanzara e dell’infiammazione che causano, invece, i virus avevano problemi a moltiplicarsi: era proprio la maggiore presenza di globuli bianchi accorsi sul luogo della puntura ad aggravare l’infezione.

“Crediamo che sia il morso stesso che influenza il risultato dell’infezione,” ha spiegato Clive McKimmie, autore principale dello studio: “Questa è stata una sorpresa che non ci aspettavamo. Questi virus solitamente non infettano le cellule del sistema immunitario, e tuttavia quando queste cellule non erano presenti, la presenza del morso non alimentava più l’infezione”.

Nonostante la ricerca sia ancora nelle prime fasi e siano necessari ulteriori studi per determinare il meccanismo per cui i globuli bianchi vengono infettati, McKimmie ha aggiunto che i risultati mostrano un possibile nuovo approccio per combattere questi virus, ad esempio applicando una crema direttamente sulla puntura per sopprimere l’infiammazione prima della diffusione.

Colesterolo, uno studio rivaluta quello cattivo: "sembra combatta il cancro"


Fa discutere lo studio pubblicato sul British Medical Journal, secondo il quale lʼLdl potrebbe anche avere un effetto protettivo contro il cancro.

Livelli alti di colesterolo "cattivo" (Ldl) non rappresentano un fattore di rischio per le malattie cardiache negli ultrasessantenni, ma al contrario potrebbero avere un effetto protettivo contro diverse malattie, tra cui il cancro. E' questa la conclusione cui è giunto un gruppo internazionale di esperti che, sul British Medical Journal, ha passato in rassegna 19 diversi studi specialistici condotti su 68mila pazienti. Lo studio ha tuttavia sollevato obiezioni e dubbi nel mondo scientifico.

I dati evidenziano che il 92% degli anziani con colesterolo alto ha vissuto gli stessi o più anni rispetto a chi aveva livelli bassi di Ldl. Secondo gli autori dello studio, occorre "rivalutare la prescrizione di statine, i cui benefici sono stati esagerati". Una conclusione plausibile secondo Giuseppe Paolisso, past president della Sigg (Società italiana di gerontologia e geriatria): "Possono esserci alcuni fattori che negli adulti sono un rischio, e negli anziani no. Ad esempio il sovrappeso è un fattore di rischio per l'adulto, mentre per l'anziano ha un effetto protettivo".

Rimedio anti cancro - Secondo lo studio, gli alti livelli di colesterolo possono essere utili per prevenire altre malattie, tra cui il cancro. Tra le ricerche prese a sostegno ve ne sono due, condotte su un campione complessivo di 140mila persone, che hanno rilevato la più bassa incidenza di tumori in chi aveva il colesterolo più alto e una minore mortalità negli individui con una storia familiare di colesterolo alto. Test effettuati sui topi hanno inoltre evidenziato casi di cancro più numerosi in chi seguiva una terapia per abbassare il colesterolo.

Dubbi e obiezioni - La ricerca non ha mancato di sollevare polemiche e dubbi in seno al mondo scientifico. Secondo Jeremy Pearson, della British Heart Foundation, "la conclusione di questo rapporto è contraddetta da una grande quantità di studi che mostrano un calo del rischio di attacchi di cuore e ictus in anziani e giovani che assumono farmaci contro il colesterolo".

Attenzione donne, ecco le malattie per chi lavora troppe ore..


Le malattie che colpiscono le donne che lavorano troppo.

Mettendo in correlazione gli orari di lavoro e i problemi di salute comparsi al giro di boa dei 40 e 50 anni, è emerso che le donne che lavorano per più di 60 ore a settimana, a distanza di trent'anni vedono triplicare le probabilità di sviluppare di diabete, cancro, malattie cardiovascolari e artrite: il rischio inizia a salire una volta superate le 40 ore lavorative settimanali e si impenna in maniera più decisa quando si va oltre le 50 ore.

La donna non lavora solo a casa, sempre più difficile conciliare lavoro e famiglia e c'è bisogno di un aiuto almeno da parte degli Stati, altrimenti la qualità della vita non potrà che peggiorare. Il professor Allard Demba, autore principale dello studio, ha dichiarato: "Le donne non si rendono conto che il troppo lavoro, potrà danneggiare gravemente la loro salute nel futuro". Le più stacanoviste dal punto di vista professionale rischiano infatti di pagare un prezzo salato in termini di salute: sono più esposte delle coetanee a seri problemi, inclusi tumori e cardiopatie. Questa differenza di risultati tra uomini e donne viene spiegata dai ricercatori col fatto che le donne devono conciliare il lavoro anche con il menage familare e le faccende domestiche e quindi soffrono particolarmente di un aggravio del lavoro in ufficio. Si parla di patologie croniche e sesso femminile e secondo lo studio apparso sul 'Journal od Occupational and Environmental Medicine' è proprio la donna a subire questo genere di malattie degenerative mentre il sesso maschile è meno esposto a questo rischio. "Le donne di 20-30 e 40 anni inconsapevolmente stanno aprendo la strada" a una serie di problemi "più avanti negli anni".

Gli uomini che lavoravano più a lungo avrebbero invece visto aumentare il rischio di artrite, mentre quelli che lavoravano dalle 41 alle 50 ore settimanali avrebbero visto ridursi il rischio di malattie cardiache, malattie polmonari e depressione. E non è detto che i problemi si manifestino subito, per lo studioso "le persone non pensano a come le loro prime esperienze professionali possono influire sulla salute nel corso della vita". Insomma, più stress meno salute. (Articolo di: Machelli Zaccheo 23 Giugno, 2016. Del professor Allard Demba, autore principale dello studio.)

Olio di palma: un test inchioda Buondì, Tegolino...



e patatine Pai.

L’olio di palma torna a fare paura. Basta una merendina contenente questo grasso tropicale e per un bambino di 5 anni la dose massima di sostanze tossiche per i testicoli e per i reni è già superata.
Va peggio ai neonati, 3 latti per bebè su 3 contengono una quantità eccessiva di pericolosi contaminanti, portati nel biberon dall’olio di palma raffinato. E non mancano biscotti e merendine con residui della lavorazione potenzialmente cancerogeni. Le nuove prove contro l’economico grasso tanto amato dall’industria alimentare emergono dalle analisi di laboratorio condotte da Altroconsumo, la più grande associazione di consumatori italiana, sui prodotti confezionati più amati da bambini e adolescenti.

Il parere dell’Efsa
Poco più di un mese fa, il 3 maggio 2016, l’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha pubblicato un parere scientifico, che denuncia il rischio per la salute correlato ai consumi di prodotti alimentari confezionati contenenti alcuni “contaminanti di processo”, vale a dire generati dalla raffinazione a elevata temperatura (200 gradi) degli oli vegetali. Tra tutti i grassi esaminati, quello di palma produce la maggiore quantità di contaminanti, circa 10 volte di più di quella presente negli altri oli.

I rischi per la salute
Secondo gli studi confrontati da Efsa (piuttosto datati), i GE (glicidil esteri degli acidi grassi) sono potenzialmente cancerogeni: nei ratti hanno prodotto cancro. I 3-MCPD sono invece tossici per i testicoli e i reni. Sempre secondo l’Authority che opera su incarico della Commissione europea, i livelli di esposizione sono attualmente troppo elevati per i consumatori più giovani: lattanti e adolescenti mangiano attraverso merendine, biscotti, patatine e latte per bebè quantità eccessive di olio di palma contaminato.

Le analisi di Altroconsumo
Per verificare la portata dell’allarme Efsa, Altroconsumo ha portato in laboratorio 12 prodotti delle categorie più a rischio. L’esito è preoccupante. Le due sostanze pericolose sono presenti – spesso in misura eccessiva – anche nei cibi confezionati che troviamo allo scaffale del supermercato e acquistiamo ogni giorno per i nostri figli.

Mulino Bianco, ma non solo.
I peggiori risultati emersi dall’indagine di Altroconsumo riguardano le merendine Tegolino del Mulino Bianco e i Buondì Motta. Tra le patatine, le PAI vincono la palma nera della vergogna, mentre tra i biscotti i peggiori risultano essere gli Orosaiwa.

Il palma è onnipresente.
Se è vero che il rischio maggiore riguarda i più giovani – avvezzi a consumare merendine e patatine senza misura – e colpisce alle spalle i lattanti, attraverso i prodotti “appositamente formulati”, non va sottostimato il consumo da parte di bambini e adulti di molti altri prodotti non ancora analizzati ma contenenti olio di palma. È il caso dei dadi – sempre a base di olio di palma, come emerge dal test di Consumatrici.it – e di una varietà insospettabile di alimenti. I cornetti (o croissant) e le bevande al ginseng servite al bar, per esempio, ma anche i prodotti serviti da friggitorie e pizzerie, dalle pasticcerie nonché i piatti pronti.

Appello alle autorità
Analisi alla mano, Altroconsumo chiede ora l’intervento del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che per prassi – avuta notizia di un allarme alimentare – dovrebbe ordinare campionamenti e analisi a tappeto per proteggere la popolazione. Un provvedimento atteso dal 3 maggio scorso, ma ancora mai annunciato.

Rivoluzione nei rapporti sessuali: Un nuovo preservativo potrà cambiare il sesso protetto?


Lelo, brand leader nel settore sex toys, lancia insieme all'attore sieropositivo Charlie Sheen, "Lelo Hex" un profilatto di nuova generazione, più sottile e resistente: ecco come riesce a garantire più sicurezza per le malattie sessualmente trasmissibili.

«Rivelare il mio contagio da Hiv mi ha dato un obiettivo nuovo, quello di parlare attivamente di salute sessuale. Ecco perché Lelo Hex è un progetto così importante per me. Non si tratta solo di un prodotto rivoluzionario, già pronto per l’uso: è qualcosa di completamente diverso che può contribuire a frenare la diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili e ridurre lo stigma che circonda l’uso dei preservativi. Se vuoi cambiare il modo in cui la gente vede i preservativi, un ottimo modo per cominciare è cambiare i preservativi».

Sono le parole di Charlie Sheen, il versatile e bravissimo attore statunitense di decine di film e serie tv – da Platoon a Wall Street passando per Essere John Malkovich fino a Spin City per cui ha vinto nel 2002 un Golden Globe – testimonial dell’invenzione lanciata nei giorni scorsi da Lelo, brand leader a livello mondiale per i prodotti per la vita intima presente in 50 mercati.

Sheen ha rivelato pochi mesi fa, nel novembre 2015 durante la trasmissione Today della Nbc, di essere sieropositivo, condizione che gli era stata diagnosticata quattro anni prima. La dichiarazione ha provocato un’improvvisa ondata di interesse online su argomenti riguardanti l’Hiv e i condom, creando in poco tempo una nuova e salvifica tendenza che gli esperti di media e salute hanno ribattezzato “effetto Charlie Sheen”. Qualche esempio?Google ha fatto segnare un picco di ricerche sull'Hiv (ben 2,75 milioni nel giorno dell'annuncio) e su altri termini collegati come preservativi, sintomi o test per l'Hiv (altri 1,25 milioni) per un lungo periodo.

Adesso Lelo promette di cambiare le carte in tavola: un paio di giorni fa ha lanciato Lelo Hex, un preservativo di nuova generazione che innova in un ambito inchiodato da 70 anni. Si tratta di un prodotto strutturalmente diverso da ciò che c’è oggi in commercio il cui obiettivo è superare i principali difetti dei preservativi. I condom, secondo alcuni, riducono il piacere del rapporto sessuale ma è anche vero che spesso si rompono e altrettanto spesso si sfilano.

«Stiamo costruendo un futuro migliore e migliorando la salute sessuale nel mondo grazie all’innovazione tecnologica e al design – ha spiegato Filip Sedic, l’inventore di Lelo Hex e fondatore di Lelo – la sfida era creare un prodotto completamente nuovo, con un materiale già approvato per la realizzazione dei condom. In modo che potessimo fare sesso in maniera appagante e sicura adesso, non tra 10 anni. Ecco perché tutte le discussioni su nuovi condom non si sono mai tradotte in un prodotto dal design rivoluzionario che possiamo trovare sugli scaffali dei negozi. Le discussioni sono importanti, ma è l’innovazione a cambiare realmente le cose».

Ci sono tuttavia voluti sette anni per sviluppare il nuovo profilattico. L’assunto è stato semplice: per rivoluzionare il preservativo non era il materiale a dover cambiare, ma la struttura. Il nuovo Hex integra infatti 350 singoli esagoni in una superficie di lattice super sottile: «C’è un motivo se gli alveari hanno la forma che hanno e se le squame dei serpenti si muovono in un certo modo – ha aggiunto Sedic – ed è perché gli esagoni sono robusti, simmetrici e si incastrano perfettamente. Sono la forma a cui la natura ricorre quando ha bisogno di leggerezza e resistenza al tempo stesso. Ecco perché la struttura del grafene, il materiale più sottile e robusto che conosciamo oggi è, indovinato, esagonale».

Dunque la chiave starebbe secondo Lelo nel design. il profilattico sfrutta una rete di esagoni dello spessore di 0.055 millimetri con pannelli ultrasottili in lattice di 0.045 millimetri, per garantire sottigliezza e robustezza. Questo permette al preservativo del futuro (anzi, del presente) di piegarsi e modellarsi sulla forma unica di chi lo indossa, e di distribuire la pressione in eccesso. Un’altra caratteristica, diciamo "antiscivolamento", è addirittura ispirata dalle gomme da bagnato delle vetture di Formula 1, che hanno una struttura che riduce il rischio di slittamento.

«Le malattie sessualmente trasmissibili sono in aumento e nuove ne stanno comparendo con una frequenza davvero allarmante - ha aggiunto Steve Thomson, capo del marketing di Lelo – allo stesso tempo, il preservativo non è stato in grado di restare al passo con i tempi, in termini di design è praticamente lo stesso degli anni ‘20. Qualcosa deve cambiare, e per questo volevamo un partner che fosse veramente coinvolto nell’argomento. La situazione personale di Charlie è il tragico risultato della salute sessuale dei nostri giorni ma Charlie è anche un simbolo di cambiamento con la forza e il coraggio di affrontare di petto grandi problemi. Ha dedicato grande passione al progetto Hex e speriamo che la sua partecipazione riporti l’innovazione al centro del dibattito».

L’iniziativa di lancio è stata battezzata Lelo Hex Appeal e consentirà a 10mila curiosi e sostenitori del progetto di ordinare e provare il preservativo, sostenendone l'arrivo in commercio. Basta collegarsi al sito di Lelo.

Alimentazione vegana, ci aiuterà a vivere più a lungo?..


Uno studio inglese sulla dieta vegana aprirebbe le porte a nuove strade e modi applicativi di quella che è diventata la moda alimentare del momento. La dieta vegana aiuterebbe, infatti, a salvare vite umane.

Negli ultimi tempi sono in molti a parlare di dieta vegana e molto spesso, sui social network e sui giornali, ci sono dei veri e propri dibattiti tra chi sostiene che la dieta vegana sia un vero toccasana e chi, d’altro canto, ritiene sia una forzatura del nostro apparato digerente e che l’uomo, in quanto onnivoro, dovrebbe mangiare un po’ di tutto.

Le diete vegane sono dei modelli dietetici vegetariani che escludono dall’alimentazione la carne di qualsiasi animale e tutti i prodotti di origine animale. I ricercatori dell’università di Oxford hanno pubblicato sulla rivista Pnas uno studio che lascerà a bocca aperta i contestatori di questa tipologia di dieta.
Con la dieta vegana si ridurrebbero le morti in tutto il mondo

Sembra un’assurdità, ma è quello che è emerso dall’articolo dei ricercatori inglesi. Questi studiosi hanno elaborato diversi scenari alimentari, precisamente 4. Uno prende il nome di “business as usual” in cui si mantengono gli usi dell’attuale dieta, un altro prevede la riduzione della carne a 300 grammi a settimana aumentando l’apporto di frutta e verdura; un altro ancora strettamente vegetariano e, infine, uno prettamente vegano.

Dall’osservazione di queste 4 tipologie alimentari hanno stabilito che il maggior guadagno per quanto riguarda le vite salvate, soprattutto in termini di malattie cardiovascolari e per le patologie legate all’obesità, sarebbe per l’appunto quella che prevede un regime di dieta vegana.

Inoltre è emerso che i due regimi alimentari a base di frutta e verdura permetterebbero maggiori vantaggi anche in termini di emissione di gas serra, oltre ad un sostanziale beneficio per l’economia individuale: costa meno un chilogrammo di verdura che uno di carne, questo è certo.

Questo articolo trova, come sempre quando si tratta di diete e tipologie alimentari estreme come la dieta vegana, sostenitori e persone che sono totalmente contrarie a questo regime alimentare. Nonostante i ‘convertiti vegani‘ siano in netto aumento anche in Italia, sono sempre in molti a non vedere di buon occhio questi regimi alimentari.

Forse serviranno ulteriori dimostrazioni dell’utilità della dieta vegana contro il cancro e contro agenti tossici per riuscire a convincere i più scettici. Ad ogni modo, consigliamo sempre di seguire i consigli di persone competenti come i dietologi prima di affrontare, da soli, dei cambi radicali nell’alimentazione.

I consigli della nonna: come sbiancare i denti in pochi minuti..


Sbiancarsi i denti con la buccia di banana è una delle ultime mode del momento, molto diffusa tra i promotori dell’igiene orale con metodi naturali.

Ecco i passaggi:
1 - Togli una striscia di buccia di banana, lasciandone il resto intatto (puoi usarlo per qualche giorno).

2 - Strofina la parte interna della buccia sui denti. Ricoprili completamente di pasta di banana. Quando sono completamente ricoperti, aspetta circa 10 minuti per far agire le magiche sostanze del frutto.

3 - Trascorsi i dieci minuti puoi lavare i denti con questo procedimento: prendi uno spazzolino asciutto e usalo per spazzolare la pasta di banana nei tuoi denti. Usa movimenti circolari delicati per circa 3 minuti. Questo movimento farà penetrare la pasta di banana anche negli angolini e fessure nascoste! Bagna lo spazzolino e usalo per sciacquare la pasta di banana.

4 - Se desideri, a questo punto, puoi lavare i denti con il dentifricio.

Ripeti l'operazione almeno una volta al giorno (preferibilmente la sera prima di coricarti) dopo pochi giorni noterai già la differenza... Provare per credere.

Attenzione alla tachipirina. Sì, quella che date ai Vostri bambini: ecco gli effetti...


Attenzione alla tachipirina. Sì, quella che date ai Vostri bambini: ecco gli effetti collaterali e tossici.

Molti ne abusano e la somministrano anche ai bambini al primo accenno di febbre sotto consiglio dei medici. Ma la tachipirina, il cui principio attivo è il paracetamolo, ha effetti collaterali molto sgradevoli ed effetti tossici ancora peggiori.
Uno sguardo sugli studi che dimostrano gli effetti negativi di paracetamolo e tachipirina.


Come sanno quasi tutti, il principio attivo della tachipirina, come di un altro farmaco similare molto noto, l’efferalgan, è il paracetamolo. Questo farmaco viene usato, indiscriminatamente sia per gli adulti che per i bambini anche molto piccoli, come i neonati.
Ma quello che la gente non sa, grazie anche alla mancanza di informazione da parte del Sistema Sanitario Nazionale, è che la tachipirina è un farmaco molto tossico e che può danneggiare in maniera marcata l’organismo e soprattutto il delicato sistema immunitario dei bambini. Ma cominciamo con un certo ordine.
Gli effetti collaterali della tachipirina
Esiste una letteratura medica che riguarda il paracetamolo che risale già al 1967 ( cfr Journal of Pharmacology and Experimental Therapeutics 156, 285, 1967), che spiega quali sono gli effetti collaterali del principio attivo della tachipirina alle dosi terapeutiche: vertigini, sonnolenza, alterazioni ematologiche, secchezza orale, problemi di accomodazione, nausea, vomito, fenomeni allergici, tipo glossite (lingua gonfia) orticaria, prurito, arrossamenti cutanei, broncospasmo, porpora trombo-citopenica.
Questi effetti collaterali della tachipirina sono stati riportati anche circa vent’anni fa in un libro del dott. Roberto Gava (l’Annuario dei Farmaci), dove aggiunge che il paracetamolopossiede anche un’elevata tossicità acuta dose-dipendente con gravi effetti epatici, ittero ed emorragie, e la possibilità di avere una progressione verso l’encefalopatia, il coma e la morte.
Inoltre la tachiprina può causare insufficienza renale con necrosi tubulare acuta, aritmie cardiache, anemia emolitica, agranulocitosi, e pancitopenia.
Gli effetti tossici della tachipirina
Gli effetti tossici del paracetamolo sono ampiamente noti da decenni, e gli ultimi studi risalgono ad una pubblicazione del 2010 da parte del New Zeland Ashsma and Allergy color Study Group a cura del dott. Wickens e Colleghi sulla rivista “Clinical & Experimental Allergy” . Quello che spiegano, in sintesi, è che il paracetamolo (quindi la tachipirina) è un potente farmaco ossidante e consuma le scorte del nostro più potente antiossidante: il GLUTATIONE. E quando questo scarseggia, il paracetamolo svolge la sua azione epatotossica.
“L’effetto epatotossico è esplicato da un metabolita del paracetamolo ( l’N-acetil-p-benzochinone), che viene neutralizzato da un sistema epatico glutatione-dipendente. Dopo che le scorte intraepatocitarie di glutatione si sono esaurite il metabolita si lega con le proteine del citosol epatocitario ( dopo circa dieci ore dall’assunzione) e svolge al sua azione epatotossica”.( L’Annuario dei Farmaci , dott. Roberto Gava).
I pericoli di vaccini + tachipirina
Il dott. Gava aggiunge che il paracetamolo viene somministrato anche ai neonati, pur sapendo quanto questi scarseggino di sostanze antiossidanti come il glutatione. Tra l’altro sembra che la tachipirina sia somministrata ai bambini piccoli dopo aver fatto i vaccini di routine, con conseguenze a dir poco disastrose e vi spiego perché.
Sappiamo che la cisteina ( un aminoacido essenziale che permette la produzione di glutatione da parte del fegato e del cervello) viene sintetizzata da un enzima, la metionina sintetasi, e che il mercurio contenuto nei vaccini blocca l’attivazione di questo enzima con la conseguenza di una maggiore probabilità di alterare lo sviluppo cerebrale con incremento di autismo e del disturbo da iperattività (ADHD), patologie che sono enormemente aumentate in questi ultimi anni. Tra l’altro i bambini autistici hanno il 20% in meno di cisteina disponibile e il 54% di livelli più bassi di glutatione e questo comporta una maggiore incapacità del loro organismo di espellere metalli tossici come il mercurio (sia alimentare che dei vaccini).
Ne consegue che questi soggetti non dovrebbero mai assumere tachipirina almeno nei primi anni di vita, sicuramente non prima di aver superato i due anni. Infatti sotto i sei mesi, un bimbo non è in grado di espellere il mercurio vaccinale poiché il fegato è ancora “immaturo”. È dimostrato, tra l’altro, che il mercurio entra molto facilmente e si accumula nei tessuti cerebrali dei bambini (ma non solo, vedere post sui vaccini) dato che la loro barriera encefalica è più recettiva.
In più, il mercurio, a dosi elevate altera la mitosi cellulare in un cervello in accrescimento come è quello di un bambino. Studi scientifici del 2008 e del 2009 hanno dimostrato che l’assunzione di paracetamolo aumenta la probabilità dei bambini piccoli di ammalarsi di autismo. Eppure latachipirina spesso viene data dopo l’assunzione dei vaccini per “spegnere” gli effetti visibili e tranquillizzare quei genitori totalmente ignari di ciò che potrebbe succedere in quei soggetti più predisposti a livello immunitario ai danni dei vaccini. Febbre alta? Tachipirina. Il bambino piange? Tachiprina. Abitudine che spesso non finisce con l’età, perché molti adulti assumono tachipirina ai primi sintomi di mal di testa, mal di schiena o semplicemente per qualche linea di febbre.
Pochi giorni fa è uscita una notizia su Informasalus, che riporta uno studio coordinato dal dott. Julian Crane : “Farmaci con paracetamolo: rischio asma e allergie per i bambini”. Il dott. Crane spiega che secondo le sue ricerche, i bambini che hanno utilizzato il paracetamolo prima di aver compiuto i 15 mesi di età ( il 90%) hanno il triplo di probabilità in più di sviluppare una sensibilità agli allergeni e il doppio di probabilità in più di sviluppare sintomi come l’asma verso i sei anni rispetto ai bambini che non hanno assunto tachipirina e simili farmaci conparacetamolo.
Tutte queste notizie dovrebbero farci riflettere, anche perché si tratta di un farmaco che più che un’azione antinfiammatoria ha un’azione antipiretica e analgesica. Quindi attenti agli abusi, poiché è una sostanza che svolge sempre e comunque un effetto epatotossico.
Il consiglio del dott. Roberto Gava (specializzato in Cardiologia, Farmacologia Clinica, Tossicologia Medica, si è perfezionato in Omeopatia Classica, Agopuntura Cinese, Ipnosi Medica) è quello di
non somministrare paracetamolo ai bimbi piccoli, specie se immaturi o se hanno assunto farmaci per tempi prolungati o se sono stati sottoposti a vaccini da meno di un mese
non vaccinare i bambini sotto i due anni di età
non accettare mai più di uno o massimo due vaccini per volta
far eseguire a bambini esami ematochimici per capire le capacità antiossidanti e quanto sia maturo il loro sistema immunitario e la loro capacità epatica di espellere le tossine
Infine, cercate medici che abbiano una visione più aperta alle conoscenze di Medicina Naturale e di Omeopatia in generale, che sappiano seguire i genitori nel gestire le malattie dei primi anni di vita, aumentando le difese immunitarie del bambino senza imbottirli di farmaci come latachipirina a tutti i costi.
CONSIGLIO PER I GENITORI: approfondite le vostre conoscenze personali sulle possibilità di cure alternative non tossiche, per voi e i vostri figli. Molti problemi si potrebbero risolvere soltanto rivedendo errate convinzioni ormai radicate nell’ inconscio collettivo dalle case farmaceutiche e dagli enti governativi, e adottando uno stile di vita più corretto, evitando l’assunzione continua di farmaci tossici come la tachipirina (ma non solo). Le alternative ci sono, ed alla portata di tutti. Pensateci.
fonte: http:terrarealtime.blogspot.it

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