"Jingle Bells" - Auguri di Buon Natale

"White Christmas" By Babbo e le Renne

26 novembre 2016. È un miracolo: Giulia dopo 7 anni si risveglia dal coma grazie alla carezza...


della madre.

Giulia è un miracolo della vita. È uscita dal coma dopo sette anni, mentre la mamma le teneva la mano e lei è salita con la sua per accarezzarla, senza parole.

Sua madre, Maura, ha pensato di sognare. Le ha chiesto di rifare il gesto, perché non ci credeva. E Giulia le ha sfiorato di nuovo il braccio con la sua mano. Maura è corsa fuori, a chiamare i medici: «Mia figlia s’è risvegliata!».
Adesso Giulia è, su una sedia a rotelle
A causa di un aneurisma le si è rotta una vena in testa. Aveva 15 anni quel pomeriggio del 24 marzo 2004, quando è cominciato tutto. Faceva la seconda scientifico all’Einstein, ottimi voti e una vita felice. Giulia era una bella ragazzina, con i capelli ricci e biondi lunghi fino in fondo alla schiena. Era sul pullman con delle amiche che andava a trovare la nonna a San Mauro. A un certo punto s’è come accasciata: «Ho un male terribile». Dietro il capo, sopra il collo. La portano all’ospedale San Giovanni Bosco: ha un aneurisma per una malformazione congenita al cervello, di cui nessuno sapeva niente. La mamma ricorda che quando sono arrivati al Pronto Soccorso, lei e il papà, li hanno fatti sedere e si è sentita male: «Ditemi che cos’è?!». Il primario, dottor Luparello, le ha spiegato che «una malformazione così se ne vede una ogni cento anni. Difficile affrontarla». Però ci ha provato. Ha deciso di operarla, dopo averla salutata sulla soglia della camera: a domani, Giulia. «Ha scommesso su di lei», dice Maura: «Gli dobbiamo molto».

Quasi 13 ore di intervento, dalle 6 di sera alle 7 del mattino, con 12 sacche di sangue perché quando ha tolto l’aneurisma è come se avesse levato un tappo. Le avevano tolto anche una parte di cervello. «Adesso dobbiamo arginare questa diga che si è aperta», le dice il dottor Livigni. La mamma la veglia senza un attimo di sosta, leggendole Harry Potter, che a lei piaceva. È in coma indotto, ma quando provano a risvegliarla, inizia una seconda emorragia cerebrale. Le fanno un’altra craniotomia. Stavolta non è più coma indotto. Passa un anno e mezzo in quell’ospedale. Vogliono metterle una valvola intracranica, ma la valvola si ottura. Altra operazione, per metterle una valvola esterna: ne cambiano almeno cinque. La portano agli Anni Azzurri di Volpiano.
È proprio qui che si risveglia. Altro tempo deve passare però, e altri dolori. Maura la veste tutte le mattine, le infila le scarpe, la fa passeggiare, cerca di inventarle una seppur piccola abilità motoria anche con il coma. Le prende una tv, organizza la festa di compleanno per i suoi 18 anni, con un sacco di gente, i festoni e i palloncini che lei guarda inerte dal suo mondo lontano. Fa venire a sue spese una logopedista, una neuropsicologa e un operatore riflessologo che l’aiutano a mantenere il corpo intatto. «Vende il suo appartamento, perché adesso la sua casa è quella camera lì, con quelle montagne alla finestra che forse saranno finte. Mentre il calvario continua: c’è un batterio che la infetta e bisogna operarla di nuovo. Solo che dopo l’intervento, ritorna. La curano i dottori Ricci e Casarino, e lei li prega: «Per favore, teniamola almeno com’è». Alla fine i medici riescono a levarle il batterio. Poi arriva quella mattina di febbraio. Giulia si risveglia. Ma bisogna operarla di nuovo: ci sono gli ascessi cerebrali da rimuovere. Lo fa il dottor Federico Griva: «Luparello l’ha salvata, e Griva me l’ha ridata alla vita».

Ce n’è voluto di tempo perché l’amore di una mamma avesse ragione. Se c’è un miracolo è questo. Ora Giulia ha seguito il corso di riabilitazione nel Centro Cardinal Ferrari di Fontanellato del gruppo Kos. Lei continua a leggerle i libri, la porta al mare a Marina di Bibbona, e ora vogliono andare a Barcellona in camper e poi a New York. Maura ha solo paura che dopo di lei non ci sia lo stesso amore per farla vivere come adesso.

Corsa ai vaccini per l'arrivo dell'influenza che quest'anno si...


Corsa ai vaccini per l'arrivo dell'influenza che quest'anno si prevede sia particolarmente aggressiva.

Ora è corsa ai vaccini. Da una parte quello anti influenzale richiesto proprio per il fatto che quest’anno il virus si preannunciava più agressivo del solito. E dall’altra l’anti meningococco, in seguito agli ultimi casi toscani di meningite. «I pazienti sono tornati in massa a vaccinarsi - spiega il dottor Dario Grisillo segretario provinciale dei medici di medicina generale - per la paura dell’influenza di stagione che quest’anno sembra più cattiva del solito e per i nuovi casi toscani di meningite. Questo ha portato nei primi giorni della campagna vaccinale anti influenzale a qualche problema di approvvigionamento, adesso superato.

Le dosi infatti ci sono ed è possibile fare la profilassi. Anzi invito chi ancora non l’ha fatto a venire a vaccinarsi dai medici di famiglia. Per quanto riguarda l’influenza il momento migliore per vaccinarsi è adesso ed entro i prossimi 15 giorni. Questo perchè i primi casi si stanno iniziando a manifestare e il picco è atteso per le vacanze di Natale e visto che ci vogliono due settimane perchè la profilassi faccia effetto, è meglio affrettarsi adesso e non arrivare a quel momento impreparati. Vaccineremo comunque fino alla fine di dicembre».

Il consiglio vale soprattutto per le categorie a rischio come bambini, anziani e malati cronici, ma ricordano i medici, anche per tutti i loro familiarl. La campagna vaccinale contro l’influenza è partita ufficialmente il 9 novembre negli ambulatori di pediatri e medici di famiglia. Il nuovo virus metterà a letto 6 milioni di italiani e circa la metà degli aretini. Il ceppo è l’A/H3, che quest’anno colpirà molti in piena età lavorativa, tra i 50 e 60 anni. I sintomi sono più o meno i soliti: infezioni alla vie respiratorie, con tosse e mal di gola, febbre anche alta, mal di testa e dolori alle articolazioni.

Fonte

Auguri a tutti... (Video)

Ecco i sintomi (di un probabile tumore al colon) che non bisognerebbe ignorare...


Molto spesso tendiamo a sottovalutare i segnali che il nostro corpo ci manda soprattutto se riguardano il colon. Ma quando è necessario cominciare a preoccuparsi? Quando un problema momentaneo potrebbe trasformasi in qualcosa di più serio? Negli ultimi anni il cancro al Colon si è diffuso in maniera crescente in Italia, ma in genere in tutta Europa. Ecco quando dovreste consultare il parere di uno specialista:
1. Se alternate periodi di diarrea a periodi di stitichezza.
2. Se soffrite di dolori addominali quando andate in bagno.
3. Se la notte non riposate bene eppure non siete stressate.
4. Se da qualche tempo vi sentite affaticati e non riuscite a spiegarvene il motivo.
5. Se avete notato un’improvvisa, costante ed eccessiva perdita di peso.
6. Se soffrite di gonfiore addominale da diverso tempo.
Insomma, non bisogna mai prendere sotto gamba i segnali del nostro corpo siano essi evidenti o meno.

Lettera di Natale per chi Mi Ha Giudicato, Per Chi Mi ha Ferito e per Chi Mi Ha Tradito... (Leggetela)


Non giudicare chi si fida di te … piuttosto accompagnalo come un angelo custode, silente e sincero.

Nella vita c’è sempre qualcuno che ti ferisce, che ti tradisce, che ti inganna o che, in poche e tristi parole, ti spezza il cuore.
A volte, e questo non capita così di rado, quel qualcuno è una persona importante, è una parte della tua vita, è un affetto che sentivi vicino e speravi di conservare per sempre immutato e intangibile.
La vita ci insegna, però, che nulla è inviolabile, nessuno resta uguale nei sentimenti e nei bisogni, e sempre per ricevere amore occorre dare affetto, perché l’amore è un equilibro che si raggiunge solo nella reciprocità affettiva.
C’è ancora qualche cosa da dire a chi sembra non amarci più?
Anche le persone e con loro i sentimenti!
Si cambia perché cambiano le strade della vita …
e la vita, per quando si scelga e si orienti, spesso ci costringe a seguire vie sconosciute, a volte buie, non di rado imprevedibili o diverse da qualunque nostra aspettativa.
Ci sono persone che su quelle vie vorremo incontrare,
ma ci sono anche persone che non avremo mai voluto lasciare, persone che non dovrebbero guardarci di schiena mentre andiamo via ma che dovrebbero tenerci la mano, restara al nostro fianco, sostenerci, consigliarci … semplicemente accompagnarci.

E’ più difficile accompagnare che vivere:
chi vive cammina e sceglie il passo, la strada, la curva, salta il fosso o ci cade, inciampa e resta a terra o si rialza; chi accompagna non decide ma sta, sta come un angelo che vola silente e più che sussurrare al cuore non può fare.
Accompagna una madre, accompagna un padre, accompagna un fratello o un amico … chi cade non è l’accompagnatore che nel momento del bisogno ha il duro compito di sostenere; chi sceglie non è l’accompagnatore che ha il difficile ruolo di seguire; chi fa bene o sbaglia non è l’accompagnatore che pure è costretto a soffrire quando non può che constatare una scelta sbagliata.
L’accompagnatore, chiunque esso sia, non può e non deve giudicare.

Il consiglio è cosa ben diversa dal giudizio, il consiglio è un’interpretazione della vita che nessuno può imporre ad un altro.
Ci sono momenti nella vita di un sentimento a due in cui l’accompagnatore è costretto al silenzio ma sempre, se prova affetto ed ama, deve rendere all’altro la forza del proprio cuore come appoggio e supporto.

A te che mi hai giudicato, ferito, lasciato mentre andavo per la mia strada …
Oggi ti chiedo di guardare al mio cammino non per giudicare il mio operato ma per sentire la forza che il mio cuore lascia pulsare in ogni passo.
Una buona mamma, un buon papà, un buon fratello, un buon amico non si giudicano reciprocamente ma si amano semplicemente e l’amore non dipende dalle scelte o dagli atteggiamenti dipende dal cuore.
Nella storia personale chi ama col cuore non può giudicare gli altri ma solo sopportarli sinceramente.

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Una bambina di 8 anni si reca da sola in farmacia. Ciò che chiede, fa scoppiare in lacrime il farmacista...


Questa è la storia vera di una bambina di otto anni che sapeva che l’amore può fare meraviglie. Il suo fratellino era destinato a morire per un tumore al cervello. I suoi genitori erano poveri, ma avevano fatto di tutto per salvarlo, spendendo tutti i loro risparmi.
Una sera, il papà disse alla mamma in lacrime: “Non ce la facciamo più, cara. Credo sia finita. Solo un miracolo potrebbe salvarlo”.

La piccola, con il fiato sospeso, in un angolo della stanza aveva sentito.
Corse nella sua stanza, ruppe il salvadanaio e, senza far rumore, si diresse alla farmacia più vicina. Attese pazientemente il suo turno. Si avvicinò al bancone, si alzò sulla punta dei piedi e, davanti al farmacista meravigliato, posò sul banco tutte le monete.

“Per cos’è? Che cosa vuoi piccola?”.
“È per il mio fratellino, signor farmacista. È molto malato e io sono venuta a comprare un miracolo”.
“Che cosa dici?” borbottò il farmacista.
“Si chiama Andrea, e ha una cosa che gli cresce dentro la testa, e papà ha detto alla mamma che è finita, non c’è più niente da fare e che ci vorrebbe un miracolo per salvarlo. Vede, io voglio tanto bene al mio fratellino, per questo ho preso tutti i miei soldi e sono venuta a comperare un miracolo”.
Il farmacista accennò un sorriso triste.
“Piccola mia, noi qui non vendiamo miracoli”.
“Ma se non bastano questi soldi posso darmi da fare per trovarne ancora. Quanto costa un miracolo?”.
C’era nella farmacia un uomo alto ed elegante, dall’aria molto seria, che sembrava interessato alla strana conversazione.
Il farmacista allargò le braccia mortificato. La bambina, con le lacrime agli occhi, cominciò a recuperare le sue monetine. L’uomo si avvicinò a lei.
“Perché piangi, piccola? Che cosa ti succede?”.
“Il signor farmacista non vuole vendermi un miracolo e neanche dirmi quanto costa…. È per il mio fratellino Andrea che è molto malato. Mamma dice che ci vorrebbe un’operazione, ma papà dice che costa troppo e non possiamo pagare e che ci vorrebbe un miracolo per salvarlo. Per questo ho portato tutto quello che ho”.
“Quanto hai?”.
“Un dollaro e undici centesimi…. Ma, sapete….” Aggiunse con un filo di voce, “posso trovare ancora qualcosa….”.
L’uomo sorrise “Guarda, non credo sia necessario. Un dollaro e undici centesimi è esattamente il prezzo di un miracolo per il tuo fratellino!”. Con una mano raccolse la piccola somma e con l’altra prese dolcemente la manina della bambina.
“Portami a casa tua, piccola. Voglio vedere il tuo fratellino e anche il tuo papà e la tua mamma e vedere con loro se possiamo trovare il piccolo miracolo di cui avete bisogno”.
Il signore alto ed elegante e la bambina uscirono tenendosi per mano.
Quell’uomo era il professor Carlton Armstrong, uno dei più grandi neurochirurghi del mondo. Operò il piccolo Andrea, che poté tornare a casa qualche settimana dopo completamente guarito.
“Questa operazione” mormorò la mamma “è un vero miracolo. Mi chiedo quanto sia costata…”.
La sorellina sorrise senza dire niente. Lei sapeva quanto era costato il miracolo: un dollaro e undici centesimi…. più, naturalmente l’amore e la fede di una bambina.

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